La musica bisestile. Giorno 121. The Family

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4 Novembre 2018

A volte succede di mancare il grande successo perché si arriva troppo presto, quando i tempi non sono maturi. Sicché questa band è rimasta per un decennio il segreto dei grandi musicisti che collaboravano con loro, e si sciolse subito prima che il loro mood divenisse moda…

 

MUSIC IN A DOLL’S HOUSE

 

Ci sono band, come i Family, che non hanno mai avuto un vero successo commerciale, ma che sono state fondamentali per l’evoluzione della musica, ed i cui musicisti sono rimasti, anche dopo lo scioglimento del gruppo, tra i più ricercati del mondo. In questo senso, proprio i Family sono un gruppo esemplare, una band inglese nata intorno a Roger Chapman e John Whitney nella seconda metà degli anni 60, e che debuttò con questo album, che è un capolavoro assoluto.

“Music in a doll’s house”, 1968

Se l’ascoltate con attenzione, ci trovate ciò che Peter Gabriel farà con i Genesis una decina di anni più tardi, ma ci trovate anche i Traffic, frammenti della PFM (Mauro Pagani adorava i family), gli Aphrodite’s Child di Vangelis Papathanassiou e Demis Roussos, ed infine i Blood Sweat & Tears del primo grande disco (Musica Bisestile # 38). Ci trovate gli insegnamenti della scuola psichedelica inglese, dai Caravan ai Gentle Giant, dai King Crimson ai Van der Graaf Generators. Ma tutto scritto e suonato cinque o dieci anni prima degli altri.

Il disco è prodotto da Dave Mason dei Traffic, e si sente. La casa discografica è la Reprise, e questo significa molto. Come sapete, il proprietario di quella etichetta era Frank Sinatra. Lui capitò ad un loro concertino a Londra e lì trovò fantastici, ed alla fine del set andò da John Whitney e gli disse che la band aveva bisogno di archi per emergere in tutta la sua bellezza e che la voce di Chappo (Roger Chapman) fosse travolgente ed ecclesiale, ed avesse bisogno di un produttore che avesse dimestichezza con le grandi orchestre del jazz. John disse: hai ragione, ma non abbiamo i soldi. E Sinatra: ce li metto io.

Frank Sinatra portò il primo nastro a Frank Zappa (che era venuto alla Reprise) e costui trovò i Family fenomenali. Ma erano troppo avanti. Posseggo tutti i loro album e li trovo tutti bellissimi, ho conosciuto personalmente Chappo (che vive in Germania) e che, ricordando quei tempi, mi ha detto: “La pressione era enorme, non eravamo nessuno, vendevamo pochissimo, eppure avevamo gente assurda in sala di incisione a darci consigli e dirci bravi. Steve Winwood, Eric Clapton, Paul Simon, Roger Waters… Il titolo dell’album ce lo diede John Lennon, perché avrebbe dovuto essere (secondo lui) il titolo del White Album, ma gli altri non avevano voluto, ma Lennon disse che solo il nostro album fosse migliore del loro. Invece di montarci la testa, ci siamo sentiti sempre più strozzati. Poi i dischi non vendevano, e noi eravamo a pezzi, siamo stati costretti a smettere”. Però i dischi sono rimasti, e non vanno dimenticati. A volte accade di arrivare troppo in anticipo, e morirne. Ma i singoli musicisti sono ancora qui: suonano in tutte le più grandi produzioni, dai musical di Broadway alle grandi colonne sonore, oppure registrano in studio per qualche falena, di modo da farle avere una stagione di successo.

 

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