La musica bisestile. Giorno 139. Paul Williams

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13 Novembre 2018

Un musical grandguignolesco di Brian de Palma condito dalle splendide canzoni di uno degli autori più bravi e prolifici del pop americano degli anni 60 e 70

 

PHANTOM OF THE PARADISE

 

Brian De Palma aveva scritto una sceneggiatura horror pescando a piene mani dal “Ritratto di Dorian Gray”, dal “Faust” e dal “Fantasma dell’Opera”: Winslow (William Finley), compositore sconosciuto, bravissimo ed appassionato, cerca un contratto presso Swan (Paul Williams), che ha fatto un patto col Diavolo per restare eternamente giovane e cerca canzoni per il suo nuovo locale, il Paradise. William è il più bravo, e si innamora di colei che Swan sceglie come cantante e ballerina, Phoenix (Jessica Harper). Ma il cattivo Swan chiude la faccia di Winslow in una macchina, lo rende un mostro, e lo convince a mettersi una maschera di ferro e scrivere le canzoni, chiuso in una torre.

“Phantom of the Paradise”, 1974

Winslow resiste fin quando Swan si porta Phoenix a letto. Allora impazzisce, distrugge il Paradise in un olocausto granguignolesco, ed alla fine muore insieme a Swan. Il film diventa un capolavoro a causa delle canzoni – in realtà scritte da Paul Williams, che è uno degli autori più prolifici e di successo della scena newyorkese degli anni 60, 70 ed 80, ed è ancora oggi una star conosciuta ed amata in tutti gli Stati Uniti. Una canzone in particolare, “Old souls”, è una ballata straziante e dolcissima, che racconta del legame eterno ed indistruttibile tra due anime, che sopravvive alla maledizione di non potersi più essere vicini fisicamente.

Jessica Harper canta “Old souls”

Di questa canzone conoscevo il testo a memoria prima di averla mai ascoltata. Il film non l’avevo visto. Ma lei invece sì, ed idealizzava tutto ciò che era collegato a questo amore impossibile. Ero ingenuo ed imbranato, insicuro ed egoista, e non capii nulla. Non capii che lei aveva un bisogno immenso di protezione e sicurezza, e da me ricevette pressione ed impazienza. Ma quella canzone ci aveva incatenato a qualcosa che sentivamo col cuore, invece di capire con il cervello. Infatti, da quel turbine di passione, scaturì una storia d’amore impossibile che ci ha segnati entrambi per tutta la vita, rimanendo impossibile anche quando eravamo oramai grandi (si fà per dire) e liberi da condizionamenti.

Ma oramai eravamo talmente cambiati… le Vecchie Anime si erano riconosciute, ma non c’era posto nella vita di tutti i giorni. Sicché questa ferita è rimasta, credo per entrambi, una stigmata segreta, con cui conviviamo, perché non si può fare altrimenti. A meno di non rimettere questo disco sul piatto, e scoprire che, nei sogni, siamo ancora quelli di allora, ed oramai non cambierà più. Ne parlo stanotte, lei ed io sappiamo perché, e va bene così. Non tutte le ferite fanno male. A volte, invece, ci fortificano e ci danno la misura di chi siamo. La vita è meravigliosa, comunque.

 

 

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CAT: Musica

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