La musica bisestile. Giorno 142. Smashing Pumpkins

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14 Novembre 2018

La società americana è al disfacimento, persino il punk, oramai, è divenuto lezioso consumismo, ed allora c’è bisogno di una nuova band con una disperazione senza pathos, senza rabbia, senza futuro. Che crea un vero capolavoro

 

MELLON COLLIE AND THE INFINITE SADNESS

 

Jonathan Melvoin era stato chiamato apposta per registrare questo disco. Da tempo era al limite, la maggior parte delle sue giornate le passava in stato quasi catatonico. Era così strafatto che, all’inizio del tour, morì in un albergo, tra un concerto e l’altro. Billy Corgan, James Iha e Darcy Wretzky continuarono da soli, sostituendo sia le tastiere di Jonathan, sia la batteria, con dei sequenzer, e provando fino a svenire, ore ed ore per essere perfetti. Perché quella che era iniziata come una hardrock band di provincia, dopo qualche anno era diventata l’organo di una voglia nuova, di qualcosa che certamente non era grunge, che certamente ammiccava a REM ed a Radiohead, ma allo stesso tempo abbracciava gli archi della musica classica ed il postpunk di band come i Melvins.

“Mellon Collie and the infinite sadness”, 1998

Era la vera America, in quel momento. Corgan aveva scritto il disco da solo, raccontando la storia di una giornata di un ragazzo americano degli anni 90, senza illusioni, senza speranze, senza veri punti di riferimento, nemmeno più arrabbiato, e ne era uscito un disco triplo maestoso, unico, irripetibile, che a mio avviso svuotò Corgan per anni, perché oramai aveva detto ciò che aveva da dire, e dopo, per anni, si è solo ripetuto. Corgan stesso dissse che la bellezza ed il limite di quel capolavoro era nella sua immediatezza, nella capacità di creare immagini calzanti senza nessuna intermediazione, nessuna rielaborazione, solo una musica sognante e dei testi folli e disperati sulla società americana di oggi.

In questo disco trovate di tutto, ed il pezzo più significativo, “1979”, che è forse quello più famoso della band, è basato su una melodia del basso di Darcy, un modo di costruire i brani che, negli anni successivi, ha profondamente cambiato la musica indie. Non troverete leziosaggine, da nessuna parte, e nemmeno vittimismo. Solo un pragmatismo triste e contenuto, mai veramente iroso, mai veramente sentimentale. Anche per questo motivo, la critica musicale lo considera uno dei dischi più importanti degli ultimi venti anni. Si discute tanto dei cosiddetti Millennials, ma i ragazzi nati alla fine degli anni 70 hanno dovuto fronteggiare la fine del benessere generalizzato e l’inizio di un periodo, che dura tutt’oggi, in cui la borghesia americana viene disgregata, la sua cultura tramutata in violenza, i suoi sogni in alcool  solitudine.

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CAT: Musica

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