La musica bisestile. Giorno 209. Arlo Guthrie

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18 Dicembre 2018

Schiacciato dalla fama del padre Woody, Arlo Guthrie ga scritto bellissime canzoni ed ha costruito un film che vale un’intera generazione, ma è rimasto amareggiato perché non si è mai accorto di essere uscito dall’ombra paterna

ALICE’S RESTAURANT

 

Se c’è un film che riassume tutta la malinconia e la delusione per il sogno del 68, questo è “Alice’s Restaurant”. Tratto da una canzone/racconto di Arlo Guthrie, il figlio del famoso hobo Woody Guthrie, racconta dell’estate in cui Arlo, che cerca di diventare un hobo come suo padre (che sta morendo), rischia di finire in Vietnam, e per un po’ va a vivere in una comune hippie, guidata da Alice, una hippie di almeno una decina di anni più grande di Arlo, insieme al marito, Ray, che recita il ruolo di una sorta di guru paternale, e che invece è semplicemente un ubriacone maschilista.

“Alice’s Restaurant”, 1967

La Comune ha sede in una chiesa sconsacrata, e Alice, per mantenere una schiera di hippie e nullafacenti vari, apre un ristorante, che ha anche la funzione di rendere più simpatici gli hippie agli abitanti del paesino in cui si sviluppa la Comune. In quell’estate Arlo si innamora (ricambiato) di una bellissima indiana, mentre Alice intreccia una relazione con uno dei ragazzi, ex tossicodipendente, fragile e confuso. Quando il marito di Alice lo scopre, l’intera Comune implode. Viene organizzata un’ultima festa, ma la tristezza che la avvolge è sconvolgente. Alla fine della festa il giovane tossico muore. Al suo funerale cade la neve, ed i ragazzi cantano la struggente “Song for aging children” (Canzone per i ragazzi che invecchiano) di Joni Mitchell.

Tutti se ne vanno, ed Alice rimane sola, col suo marito piccolo borghese e chauvinista, e nell’ultima scena guarda Arlo che parte con la sua ragazza, e lei resta lì, con il vestito da sposa, emblema della solitudine folle e incurabile di tutti i ragazzi di quella generazione che si risvegliarono improvvisamente dal sogno dell’amore libero, dell’estate infinita, della vita fuori dagli schemi delle generazioni precedenti, della pace universale, contrapposta agli incubi della Corea e del Vietnam. Del resto, lo stesso Arlo Guthrie, con il passare degli anni, è diventato un attivista repubblicano, ed è diventato esattamente l’opposto di ciò che voleva essere da ragazzo – un vecchio pieno di risentimento, che vive come una sorta di cowboy ed adora fucili e macchine esagerate, ed odia giovani e stranieri. Ma a me non importa nulla di tutto questo.

Final scene of the movie

Mi importa delle bellissime canzoni che lui scrisse quando ancora cercava di essere pari a suo padre ed era uno scanzonato pennellone bighellone che campava suonando in baretti del Mid-West e facendo autostop. “Alice’s Restaurant” è una canzone che racconta questa storia, ma originariamente era il jingle che Arlo scrisse per fare pubblicità al ristorante nelle reti radiofoniche della zona, e le altre canzoni sono quelle che aveva scritto andando in giro per l’America con la chitarra in spalla. Grazie al film divenne ricco e famoso e venne invitato a suonare al grande concerto di Woodstock. Quello, che era il punto massimo della sua carriera, divenne l’inizio della fine. Non gli venne mai più in mente una canzone che valesse “Coming into Los Angeles” o “City of New Orleans”, due inni della generazione hippie.

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CAT: Musica

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