La musica bisestile. Giorno 212. Paul McCartney & Wings
Uno solo tra i Beatles è riuscito ad avere una lunga carriera di successi, dopo il crack del quartetto di Liverpool, tanto che una volta, quando gli chiesero per l’ennesima volta di John Lennon, Paul rispose: “Perché non parliamo dei Wings? Esistono da più di 20 anni ed hanno venduto più del doppio dei dischi dei Beatles!”
BAND ON THE RUN
La carriera solista di Paul McCartney non esiste. Non esiste perché lui non l’ha voluta, ha sempre voluto essere parte di una band, è sempre stato orgoglioso di questo. Quando lo sfottevano perché si portava la moglie Linda in tour, che suonava (all’inizio) quattro accordi alle tastiere, lui rispondeva che non esiste una band in cui tutti sono Jimi Hendrix, ma funzione una band in cui tutti sono amici ed hanno piacere a passare i lunghissimi tempi morti insieme agli altri. E se lui, finché lei era viva, aveva piacere a passare il tempo con sua moglie, ed a Linda con lui, allora si può soltanto alzare il cappello e brindare alla loro fortuna.
E quando, all’ennesima premiazione, gli chiesero dei Beatles, lui rispose stizzito che avrebbe preferito rispondere sugli Wings, che è una band che è durata il doppio degli anni ed ha venduto almeno altrettanti dischi. Ma questo è ovvio, uno che ha suonato con i Beatles è marchiato a vita, nel bene e nel male, specie dal momento in cui tutti coloro con cui hai passato la tua gioventù ti muoiono intorno: prima Bruce, poi John, poi Linda, poi George Harrison. Va anche detto che la produzione di Paul, senza John, ha perso tantissimo smalto (come, del resto, la produzione di John senza Paul), e che alcune delle ballate con cui Paul McCartney & Wings hanno fatto i soldi (su tutte l’interminabile “Mull of Kintyre”) rischiavano l’incriminazione di fronte al Tribunale Internazionale dell’Aja per noia. Dopodiché Paul ha avuto un periodo fortunato, legato a tre album (“Tug of War”, “Pipes of peace” ed infine “Give my regards to Broadway Street”) costruiti con l’aiuto di Michael Jackson, ma soprattutto con la produzione di George Martin. Dopo tre dischi Paul cambiò idea ed i Wings sprofondarono nuovamente nella noia.
Il mio album prfereito, però, è “Band on the run”, perché ha ancora una radice di rock, seppure sbiadita, ed ha un brano, “Picasso’s last words”, che è fortemente legato ad un ricordo bellissimo ed indelebile. Io e lei che ci teniamo segretamente la mano, mentre Francesco Morabito suona e canta questa canzone, e nessuno si accorge di quel piccolo segreto, su cui oggi tutti rideremmo di tenerezza, e che allora sembrava una cosa enorme, proibita, escatologica. Finita l’estate finì tutto, e lei mi disse candidamente: “Non mi ricordo più perché tu mi piacessi tanto”. Io stizzito, le consigliai, la prossima volta, di prendere appunti, ma la verità è che io stesso avevo dimenticato perché lei potesse mai essere importante, ed ero sollevato che la cosa fosse finita così. Da allora attribuisco la magia, superstiziosamente, a quella malinconica canzone, il cui testo parla di cose di cui, a 15 anni, sarebbe meglio non ragionare mai, che più tardi se ne ha agio a sufficienza.
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