Figaro? Un Don Giovanni. Intervista a Pier Luigi Pizzi

29 Novembre 2020

In questi mesi di streaming matto e disperatissimo, la retorica su quanto ci manchi la performance dal vivo ha raggiunto vertici impensabili. E non a torto, tenuto conto del tasso di esasperazione e malinconia di chi a teatro era abituato ad andarci tutte le sere. Ma a dirla tutta, qualche piccolo vantaggio forse lo streaming ce l’ha. Prendiamo il Barbiere di Siviglia che il Rossini Opera Festival ha messo in scena e trasmesso online nei giorni scorsi (oggi alle 17 l’ultima replica): 190 mila “visualizzazioni uniche” la sera della prima. 190 mila. Su per giù duecento serate da tutto esaurito alla Scala. Poi magari non tutti avranno visto l’opera per intero, dall’attacco della sinfonia al finaletto gioioso del second’atto, ma resta comunque un numero impressionante.

Ma c’è dell’altro. A volte vedendo un’opera su YouTube si notano dettagli che in sala, in pieno sovvertimento delle emozioni, possono sfuggire. Ad esempio, in questa vivacissima edizione firmata da Pier Luigi Pizzi, grande successo del Rof 2018, Figaro, l’ottimo baritono ucraino Iurii Samoilov, mostra una vitalità, una gioia di vivere e anche una sfacciataggine mai viste prima. Addirittura nel bel mezzo delle sue macchinazioni, il factotum sembra flirtare con chiunque gli capiti davanti: Rosina (Aya Wakizono) e, perché no, anche Almaviva (Juan Francisco Gatell).

Entrambi i duetti sembrano trasformati, nella lettura di Pizzi, in vere e proprie scene di seduzione, in cui l’intraprendenza del barbiere più famoso di sempre si spinge oltre i confini tradizionalmente stabiliti. Come lui stesso lascia trapelare: “colla donnetta”, “col cavaliere”. Serve forse a sottolineare il carattere intrigante di Figaro? “Non direi intrigante – spiega Pizzi –, sarebbe una qualifica negativa. Al contrario Figaro è un personaggio totalmente positivo: è leale, generoso, tutto quello che fa è fatto a fin di bene, soprattutto è dalla parte dei giovani, del Conte e di Rosina, e partecipa con esuberanza al loro entusiasmo”.

Insomma, il dongiovannismo di Figaro.

“Non a caso nell’ultimo Don Giovanni che ho messo in scena, Don Giovanni e Leporello finivano col dormire insieme. Solo che Don Giovanni, al contrario di Figaro, è un personaggio interamente costruito sull’ambiguità e l’ambivalenza. Ad esempio, il suo rapporto con Leporello è senz’altro fraterno, al limite dell’incesto, eppure non manca di ribadirgli continuamente la sua superiorità sociale; a volte si dimostra generoso col servo, altre volte lo maltratta e lo sbeffeggia pubblicamente. Credo sia un esempio perfetto di dinamica sadomasochista”.

Restando su possibili analogie tra Don Giovanni e Figaro, entrambi tendono all’autometamorfosi, il primo per i continui travestimenti, il secondo per tutti i mestieri che fa: barbiere, farmacista, sensale.

“E botanico, tant’è che lo faccio entrare in scena con una piantina di limoni tra le braccia. C’è senza dubbio una poliedricità che li accomuna, ma i motori che li muovono sono differenti. Restando su Mozart, mi viene in mente che anche nelle Nozze di Figaro le differenze sociali pesano molto di più che nel Barbiere, dove al contrario Figaro si pone subito alla pari con Almaviva, senza alcun complesso. Invece il Figaro di Mozart sviluppa un antagonismo col Conte che lo porta a disprezzarlo, perché è un rivoluzionario, un progressista. Il Figaro di Rossini si limita a fare il barbiere e a combinare matrimoni, ed è molto più simpatico”.

Quindi non sembrano esserci parentele tra i due Figaro, quello di Mozart e quello di Rossini?

“Entrambe le opere vengono da Beaumarchais, ma nel caso del Barbiere l’interpretazione è all’italiana, direi forse un po’ più provinciale: perché il Figaro di Rossini è legato al suo piccolo mondo, a un clima in cui non c’è nessuna rivoluzione alle porte. Difficilmente lo troveremo sulle barricate, più facile che lo si trovi nel letto di qualcuno, chiunque esso sia”.

Pier Luigi Pizzi durante le prove al Teatro Rossini di Pesaro

Uno dei momenti dell’opera in cui Figaro rivela al massimo la sua personalità è forse il concertato di stupore, nel finale del primo atto, in cui è l’unico a non ripetere la stessa frase.

“Perché lui può ridere della società che osserva, dal momento che se ne è tirato fuori. Figaro è un uomo libero, anche se non ha la statura rivoluzionaria del Figaro di Mozart, il quale infatti diventa insolente e persino antipatico. Nel Barbiere, Figaro non ha alcuna intenzione di competere con nessuno”.

Perché si tira fuori dai giochi?

“Perché è lui che li fa, i giochi”.

Quindi se volessimo associarlo a un personaggio delle Nozze, sarebbe più Cherubino che Figaro?

“Senza dubbio: il Figaro di Mozart non è un donnaiolo, pensa solo alla sua Susanna. Il nostro invece può andare a letto con chiunque. Non è un caso che quando nel 2018 è nato questo spettacolo, che è stato il mio primo Barbiere da regista, ho chiesto di avere un Figaro giovane e bello. Di solito i Figaro tradizionali sono signori che tendono al maturo, anche perché le difficoltà della parte richiedono un belcantista di esperienza. Eppure secondo me il personaggio meritava un altro trattamento: volevo che portasse in scena l’idea della giovinezza, e Davide Luciano risultò perfetto”.

Che differenza c’è tra la comicità di Mozart e quella di Rossini?

“In Rossini c’è sempre il filtro dell’ironia: niente è da prendere sul serio. Tutto è gioco”.

“Tutto nel mondo è burla”?

“Solo che quella è la frase di un vecchio che ripensa alla sua vita. Invece il nostro Figaro è un giovane uomo che aspira al successo, con delle idee e, magari, anche un fisico che lo aiuta a mettersi in gioco, al punto che non ha alcun problema a lavarsi nella fontana in piazza davanti a tutti”.

Come si vede in questa versione di “Largo al factotum”.

“Un altro momento fondamentale è “Zitti, zitti”, nel secondo atto, con Rosina, il Conte e Figaro tutti e tre insieme: si sente uno spirito che li unisce, e quello spirito è la giovinezza. Se ci fosse un Tito Gobbi con loro sarebbe meraviglioso dal punto di vista vocale, ma si perderebbe il senso di complicità”.

Insomma nessuno scontro di classe, semmai uno scontro generazionale.

“Che è un tema molto più attuale. Del resto Rossini arriva dopo la rivoluzione, e per di più affronta un soggetto che era già stato utilizzato da altri compositori, come Paisiello. Io nel Barbiere non ho trovato nessuna implicazione politica o sociale: è un’opera gioiosa e leggera, che parla della smania di un gruppo di giovani per realizzare i loro sogni”.

 

Foto di Studio Amati Bacciardi

 

 

 

 

 

 

TAG: Aya Wakizono, Davide Luciano, Il Barbiere di Siviglia, Iurii Samoilov, Juan Francisco Gatell, Pier Luigi Pizzi, Rossini Opera Festival
CAT: Musica, Teatro

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