Dirigenti ADE Illegittimi secondo la Consulta. Quale sorte per gli atti emessi?

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22 Marzo 2015

Come ormai noto, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 37/2015, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 8 comma 24 del DL 16/2012 con il quale si prevedeva che:

“fermi i limiti assunzionali a legislazione vigente, in relazione all’esigenza urgente e inderogabile di assicurare la funzionalità operativa delle proprie strutture, volta a garantire una efficace attuazione delle misure di contrasto all’evasione di cui alle disposizioni del presente articolo, l’Agenzia delle dogane, l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia del territorio sono autorizzate ad espletare procedure concorsuali da completare entro il 31 dicembre 2013 [termine prorogato sino al 31 dicembre 2015, ndr] per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, secondo le modalità di cui all’articolo 1, comma 530, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all’articolo 2, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Nelle more dell’espletamento di dette procedure l’Agenzia delle dogane, l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia del territorio, salvi gli incarichi già affidati, potranno attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso”.

In pratica, secondo la Corte Costituzionale, quei dirigenti dell’Agenzia delle Entrate che non sono stati nominati a seguito di concorso pubblico rivestono illegittimamente tale carica.

Di qui è necessario comprendere (o meglio cercare di comprendere) la sorte degli avvisi di accertamento sottoscritti dagli stessi.

Il tema è molto complesso ma occorre partire dal riferimento normativo e, in particolare, dall’art. 42 del Dpr 600/1973 che detta alcune importanti regole in materia di sottoscrizione degli avvisi di accertamento.

L’art. 42 del Dpr 600/1973 prevede al comma 1 che “Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. Il comma 3 di tale disposizione prevede che l’avviso sottoscritto in violazione di quanto previsto al primo comma sia sanzionato con la nullità dell’avviso di accertamento stesso.

Per quanto riguarda il soggetto a cui è delegabile la sottoscrizione degli avvisi di accertamento, il riferimento normativo (“altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”) riguarda, a dire il vero, posizioni oggi non più sussistenti e comunque non consente di avere un’indicazione precisa.

Per determinare, quindi, a quali soggetti sia delegabile la sottoscrizione degli avvisi di accertamento, occorre prendere di riferimento il CCNL delle Agenzie fiscali, che prevede un sistema di classificazione del personale articolato in tre aree: la prima, la seconda e la terza.

I funzionari appartenenti alla terza e più elevata area professionale “svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività rilevanti”. Si può desumere che il riferimento di cui all’art. 42 del D.P.R. n. 600/1973 agli “impiegati della carriera direttiva” riguardi proprio questi ultimi soggetti.

In sintesi, la sottoscrizione degli avvisi di accertamento può essere effettuata:

– dal Direttore provinciale (DP);

– su delega del DP, dal Direttore dell’Ufficio preposto all’accertamento;

– su delega del DP, da altri dirigenti;

– su delega del DP, da funzionari appartenenti alla terza area professionale.

Nonostante c’è chi sostiene che la delega di cui all’art. 42 Dpr 600/1973 consista semplicemente in un’autorizzazione a sottoscrivere avente carattere meramente organizzativo e interno (il delegato assumerebbe così la funzione di un semplice coadiutore, che svolgerebbe un’attività che il delegante è impossibilitato a compiere per varie ragioni), l’opinione prevalente è quella che la stessa, almeno per quanto riguarda gli avvisi di accertamento emessi ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IVA, debba essere considerata una vera e propria delegazione di attribuzioni, e precisamente l’attribuzione a deliberare un provvedimento, o un atto, per quanto lo stesso rimanga formalmente addebitato al soggetto delegante.

Recentemente, la Commissione Tributaria Provinciale di Benevento (n. 231/07/14 depositata lo scorso luglio) ha affermato che la “delega non può essere considerata alla stregua di un atto interno privo di rilevanza esterna, in quanto si inserisce in un procedimento amministrativo, attribuendo al funzionario delegato la funzione di poter emettere “… un atto decisorio (provvedimento) con rilevanza esterna (avviso di accertamento) …”.

In questo senso del resto depone anche la gravità della conseguenza prevista espressamente dal legislatore in caso di violazione delle regole in tema di sottoscrizione e di delega (nullità dell’atto).

Solo in diversi contesti fiscali (quali ad esempio la cartella esattoriale, il diniego di condono, l’avviso di mora), la delega alla sottoscrizione può essere invece considerata una mera ipotesi di collaborazione nello svolgimento di una mansione materiale, tanto è vero che in tali casi non è prevista la specifica sanzione di nullità in caso di difetto di sottoscrizione.

Diversamente da quanto rappresentato in questi giorni dai vertici dell’Agenzia delle Entrate e come precisato dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass. 14942/13 e ancora più recentemente Cass. 18758/2014 ), è solo in questi diversi contesti fiscali (ove non è prevista una specifica ed espressa sanzione di nullità in mancanza di sottoscrizione dell’atto da parte del soggetto legittimato) che può quindi operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato (Cass. 11458/12, in tema diniego di condono; Cass. 4283/10, in tema di avviso di mora; 8248/06, in tema di attribuzione di rendita; Cass. 13461/12, in tema di cartella di pagamento, ,Cass. 13375/09 in materia di lavoro e previdenza, ordinanza ingiunzione e Cass. 4310/01, in tema di atto amministrativo).

Su questo specifico aspetto sembrano pertanto discutibili i richiami giurisprudenziali effettuati in questi giorni dalla Direzione Contenzioso dell’Agenzia delle Entrate a sostegno della validità degli atti emessi (è stata infatti richiamata la sentenza della Corte di Cassazione n. 220/2014 che, seppure citata dalla Consulta, non aveva ad oggetto un avviso di accertamento regolato dall’art. 42 Dpr 600/1973 ma un diniego di definizione di lite pendente ex art. 39, comma 12, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98).

In caso di avvisi di accertamento emessi ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IVA, pare quindi che detta presunzione non possa operare, a fronte del chiaro dettato normativo.

Naturalmente, occorre sempre esaminare caso per caso o meglio atto per atto.

Se l’avviso di accertamento fosse stato sottoscritto direttamente dal dirigente decaduto (per ipotesi, un direttore provinciale), l’atto sarebbe illegittimo (e non vedo molte possibilità di difesa per l’Amministrazione Finanziaria)*; se invece l’atto di accertamento fosse  stato sottoscritto dal dirigente decaduto ma su delega di un “valido” Direttore Provinciale, l’Agenzia delle Entrate potrebbe sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento atteso che comunque il dirigente, seppur decaduto, rivestiva, al momento di emissione dell’atto, pur sempre la qualifica di “funzionario della terza area” e quindi soggetto a cui è delegabile in teoria la sottoscrizione dell’avviso di accertamento (naturalmente l’avviso sarebbe comunque illeggittimo qualora la delega, pur esistente, provenga invece da un direttore provinciale decaduto).

Sul punto vale comunque la pena ricordare che è comunque sempre onere dell’Amministrazione Finanziaria dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio.

E’ bene chiarire infine che la questione va in ogni caso valutata alla luce delle preclusioni processuali tributarie.

L’eventuale nullità dell’avviso di accertamento infatti non opera automaticamente ma deve essere fatta valere mediante specifica eccezione sollevata con il ricorso introduttivo di primo grado, con la conseguenza che ove non proposta nei suddetti termini, è preclusa al contribuente la possibilità di farla valere successivamente.

Conseguentemente, l’eventuale contenzioso  che si instaurerà sul punto riguarderà con tutta probabilità solo gli avvisi di accertamento per i quali non sia ancora spirato il termine di impugnazione.

 Aggiornamento dell’1 aprile 2015.

*Il Direttore Contenzioso dell’Agenzia delle Entrate in un intervento pubblicato su eutekne dello scorso 27 marzo, sostiene che anche in questo caso (avviso sottoscritto direttamente da Direttore Provinciale la cui nomina è interessata dalla provincia della Consulta) l’avviso sarebbe valido atteso che non sarebbe necessaria la qualifica dirigenziale per sottoscrivere l’atto direttamente o per delegare la sottoscrizione.

In particolare, dice che “gli artt. 5, comma 6 del regolamento di amministrazione dell’agenzia delle entrate e 42 del DPR 600/1973, nel disciplinare la sottoscrizione degli avvisi di accertamento, si limitano a prevedere che tali atti siano sottoscritti dai direttori provinciali o da impiegati dagli stessi delegati, senza richiedere la qualifica dirigenziale né del delegante, né del delegato“.

Ora, guardando il Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate,  l’art. 5 comma 6 mi dice che: “Gli avvisi di accertamento sono emessi dalla direzione provinciale e sono sottoscritti dal rispettivo direttore o, su delega di questi, dal direttore dell’ufficio preposto all’attività accertatrice ovvero da altri dirigenti o funzionari, a seconda della rilevanza e complessità degli attima il precedente comma 5 (non citato) afferma che: “le direzioni provinciali sono uffici di livello dirigenziale“.

Quindi il Direttore Provinciale (sottoscrittore dell’avviso o delegante la sottoscrizione), ai sensi dello stesso Regolamento di Amministrazione della stessa Agenzia delle Entrate (approvato con delibera del Comitato direttivo n. 4 del 30 novembre 2000 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 36 del 13 febbraio 2001), è ufficio di “livello dirigenziale“.

Anche il richiamo giurisprudenziale ivi operato (Cass. 18515 del 2010) non mi pare in termini perché il contenzioso riguardava un avviso di accertamento emesso prima della nuova organizzazione degli uffici dell’Agenzia, quando ancora il regolamento in discorso non era stato emanato.

Naturalmente, anche l’art. 42 del Dpr 600/1973 che parla di sottoscrizione del “capo ufficio” deve essere attualizzato rispetto alla nuova organizzazione degli Uffici esistente dagli anni 2000 in avanti (come sembra del resto aver implicitamente fatto la stessa Agenzia delle Entrate con l’emanazione del regolamento che infatti parla di sottoscrizione del direttore provinciale).

 

 

 

 

 

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CAT: P.A.

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