Albinen ha detto “si”, 60.000 euro a famiglia per vivere in montagna

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5 Dicembre 2017

Articolo di Emanuele Confortin, tratto da Alpnismi

Alla fine è confermato. Il popolo di Albinen ha detto “si”, votando a favore del nuovo regolamento introdotto per ripopolare il paesello alpino. Il fulcro della manovra volta a ripopolare l’abitato, sono gli incentivi ai nuovi residenti. Dopo circa un’ora di confronto, la mozione è stata approvata dall’assemblea con 71 voti a favore e 29 contrari. Per la precisione, i contributi introdotti sono di 21.250 euro ad adulto, purché abbia età inferiore ai 45 anni, oppure 42.500 euro a coppia più 8.530 euro per ogni figlio. I conti sono presto fatti, per una famiglia media composta da genitori e due bambini, l’incentivo previsto sarebbe di 60mila euro (59.560 per l’esattezza) destinati alla ristrutturazione o all’edificazione di una prima casa (luogo di prima residenza) e spalmati sull’arco di 10 anni. Attenzione però, nel caso in cui i nuovi inquilini decidano di gettare la spugna, abbandonando i lidi di Albinen prima del termine, il gruzzolo va restituito.

Apprendiamo la notizia dell’approvazione da Tv Svizzera che nei giorni scorsi è stata sul posto per “guardare dentro” al bucolico centro abitato del Canton Vallese. Poche decine di case in tutto, poste a 1.300 metri di quota in posizione panoramica. Attorno prati verdi, cime e tutti quegli elementi che hanno creato il mito del paradiso svizzero. Mito messo in discussione dalla diaspora degli abitanti originari, molti dei quali hanno progressivamente scelto di lasciare l’idillio montano in favore di una più comoda ed efficace residenza a valle.

Questione di necessità, soprattutto per le famiglie giovani, quelle con figli da spedire all’asilo o a scuola, poi il posto di lavoro da raggiungere (magari proprio a valle) e una logistica che alla lunga sfibra, così come la fruizione dei servizi base, in buona parte lontani. Ecco che dopo la partenza delle ultime famiglie assieme a otto bambini totali, la scuola di Albinen è stata chiusa, rendendo evidente il destino dell’abitato, rimasto poco più di una perla in cui trascorrere le vacanze, o dove possedere una seconda casa.

Ne avevamo parlato in un altro pezzo, pochi giorni fa, toccando un tema affrontato dai media di tutto il mondo, dall’Europa alla Cina, agli Stati Uniti, che non ha mancato di suscitare l’interesse dei lettori. Alla fine l’approvazione è giunta. Heidi, Nebbia e il Vecchio dell’Alpe non saranno più soli, almeno in teoria. Siamo sicuri che il gioco valga la candela? È innegabile che al giorno d’oggi 60mila euro siano una cifra cospicua, ma va l’elargizione va commisurata alla necessità di investire almeno 171mila euro nella nuova abitazione, o nella ristrutturazione. Si tratterebbe circa di un 30% sul totale dell’investimento minimo richiesto. Un rapporto interessante, ma comunque irrealizzabile visti i prezzi reali degli immobili. Secondo Tv Svizzera infatti, il costo di un appartamento di piccole dimensioni si aggirerebbe sui 430mila euro, ridimensionando in modo radicale la strategia di ripristino demografico. Ultima ma non per importanza, gli aspiranti albinensi – tassativamente muniti di permesso di domicilio o cittadinanza ‘C’ – dovranno fornire prove tangibili sulla loro solvibilità, vale a dire una garanzia bancaria che attesti la disponibilità finanziaria a coprire l’intera operazione.

Il primo tassello a dimostrazione della fattibilità dell’iniziativa sarà il versamento annuo di 85mila euro circa in un fondo apposito. La domanda ora è se i 60mila euro approvati dalla rappresentanza di Albinen serviranno allo scopo? Al momento i domiciliati in paese sono 240, inclusi 7 bambini che ogni giorno si spostano in una cittadina vicina per andare a scuola. Il sindaco di Albinen intervistato da Tv Svizzera ha dichiarato che le previsioni sono di 5 famiglie con bambini, o nella più rosea delle ipotesi 10 famiglie. Che il target venga raggiunto o meno, senza dubbio la scelta del popolo di Albinen ha attirato l’attenzione su un problema reale, che è lo spopolamento della montagna, e da giorni in Svizzera il “modello” proposto dagli abitanti del Vallese viene considerato anche altrove, come possibile soluzione allo spopolamento della montagna Svizzera.

La riduzione del numero degli abitanti nelle città e nelle frazioni alpine è un fenomeno pluridecennale. Accade per lavoro, un tempo si emigrava in quanto all’attività agricola, nelle valli, si preferiva un posto in fabbrica, in pianura. La pianura appunto, più agevole alla logistica, densamente abitata quindi servita meglio – strade, sanità, scuole, shopping – elementi non centrali ma influenti nello sciogliere gli indugi di chi deve compiere un passo radicale.

Chi resiste e decide di restare, inevitabilmente invecchia. Alla fine le scuole sono poche, limitate all’obbligo. Ecco che i giovani si spostano per studio, poi partono inseguendo una carriera, alternative professionali alla roulette di alberghi e strutture ricettive, di impianti e attrazioni varie che rappresentano la nuova pelle dell’economia montana. La montagna non è solo “sport, food & fun”, ma è un luogo con una, mille storie diverse, economie fragili di cui poco si sa, e ancor meno di moda. Come accennavamo nei giorni scorsi, c’è il rischio di perde il contatto con la realtà, di farsi sfuggire i problemi reali del vivere in montagna, e con questi le progettualità necessarie a risolverli, indispensabili per rilanciare l’ambiente a partire dalle radici: gli abitanti originari e le economie locali.

Albinen è un esempio eloquente. Un paesello bucolico, interessato dal turismo stagionale ma troppo lontano, scomodo e difficile da conciliare con una quotidianità che pretende servizi immediati, annullamento della logistica e che in generale impone ritmi frenetici, inconciliabili con la quiete alpina e con un’esistenza alla Heidi.

TAG: Albinen contributi, Svizzera contributi, tv svizzera
CAT: Paesaggio

Un commento

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  1. sala-mandra 6 anni fa

    Non abito ad Albinen ma in un villaggio analogo a sud della Svizzera, zona di confine. Stesso problema, ci giriamo intorno da anni. Un villaggio bucolico che da una quindicina di anni ha chiuso la scuola e l’ufficio postale, fusionato con altri Comuni. Le generazioni anziane, un tempo pilastri, stanno scomparendo. Natalità bassa, autoctoni che vivono in villaggio tutto l’anno vengono soppiantati sempre più da abitanti occasionali. Questi tuttalpiù germanofoni tengono in piedi il nucleo storico ma rendono inaccessibili i prezzi degli edifici, scoraggiando l’insediamento dei pochi giovani interessati a mettere radici. Oltre a questo la penuria dei posti di lavoro, problema essenziale, stipendi che anche a causa della concorrenza del frontalierato tendono al ribasso, in uno stato in cui il costo della vita è altissimo e ti permette di risparmiare pochissimo (la Svizzera viene erroneamente definita ricca a causa dell’1% della popolazione milionaria, in realtà uno degli stati con le economie domestiche più indebitate a causa del costo elevato della vita). Ricapitolando: vivere in queste regioni, al di là della nazionalità, è un gesto coraggioso, quasi ideologico. Possiamo anche organizzare eventi culturali e ricreativi per il turista di passaggio, dare in pasto le nostre terre ai soliti idealisti incapaci, rimandare il vero problema in continuazione ma prima o poi tutti i nodi vengono al pettine. Solo poche anime sensibili e pionieristiche possono fare davvero la differenza, di fronte a una politica che se ne frega. Non servono laboratori per artisti o villaggi da cartolina con i gerani sui balconi, ciò che serve davvero è gente tenace che si tiri su le maniche per risolvere i veri problemi e una mentalità costruttiva condivisa da tutti.

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