Donne e Politica: sette domande ad Anna Ascani

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21 Febbraio 2019

Siamo abituati a pensare alla Politica come a qualcosa di riservato tendenzialmente agli uomini: non è un segreto per nessuno che i leader dei maggiori partiti italiani in termini di elettorato siano appannaggio di esponenti politici uomini. Eppure, ci sono tante donne che fanno Politica e la fanno bene e con passione.

Oggi intervistiamo Anna Ascani, parlamentare esponente del Partito Democratico e candidata in ticket con Roberto Giachetti (unica donna) alle Primarie del PD.

 

Perché fare Politica. Sei una delle più giovani parlamentari in Italia. Una nota rivista americana di economia e finanza ti ha nominato tra i 30 politici under 30 più influenti d’Europa. Quale credi sia la motivazione più importante per occuparsi di Politica in modo attivo? C’è un episodio significativo che ti piacerebbe raccontare? Cosa diresti a una giovane donna che ti chiedesse perché fare politica attiva oggi?

«La mia generazione si è affacciata all’età adulta, e quindi anche alla vita pubblica, “dopo”: dopo la crisi del 2008, dopo la caduta delle ideologie, dopo la fine dei grandi partiti di massa, dopo la rivoluzione digitale. Dopo, dopo, dopo. Ci hanno definito bamboccioni, choosy, annoiati, sfaticati, sdraiati. Poi sono state coniate definizioni meno offensive: la generazione Y, i Millennials. Nessuna di queste coglie un tratto distintivo: noi siamo nati in un tempo in cui si parla della decadenza del concetto stesso di potere, o perlomeno della sua efficacia nel cambiare veramente le cose.

Abitiamo naturalmente l’idea di fallibilità, di fragilità come tratto costitutivo dell’essere umano. Penso che sia nostro dovere portare questa dote nella vita pubblica. Uso spesso l’immagine di Sisifo, riletta da Albert Camus, per raccontare il tipo di umanesimo che mi piacerebbe la mia generazione sapesse portare in politica. Il Sisifo di Camus non è un titano: tutt’altro. È un uomo che potremmo persino definire “debole”, che è condannato al suo eterno fallimentare ribellarsi al destino. Eppure dobbiamo immaginare Sisifo felice, perché nel percorso di Sisifo, nella sua fragile consapevolezza sta la misura dell’uomo.

Nella politica, specialmente quella italiana, per tanti anni sono andati di moda i superuomini: quelli che si sono venduti come demiurghi infallibili, grazie a un marketing politico spregiudicato che ha separato i piani della realtà umana da quelli della politica e della parola pubblica. Penso che la mia generazione debba saper voltare pagina rispetto a demiurghi infallibili alla Berlusconi».

La Politica secondo Anna.  Le ultime elezioni hanno dato un segnale chiaro: la Politica è in crisi. I Partiti tradizionali hanno difficoltà o non riescono più a comunicare con l’elettorato. Cosa pensi sia necessario recuperare per riottenere la fiducia degli italiani?

«Credo che la nostra parte politica, il centrosinistra, sia particolarmente penalizzata da un brutto vento che tira in Italia e in Europa: un vento di destra nazionalista e di antipolitica. Però penso anche ci siano stati dei momenti anche recenti, tutt’altro che trascurabili, in cui siamo riusciti a connetterci con il sentimento popolare e a essere centrali nel dibattito pubblico.

Penso che i democratici non possano fare abiura della propria natura riformista per inseguire il vento del populismo e, anche per questo motivo, mi sono candidata alla guida del partito in ticket con Roberto Giachetti. Quindi credo che la possibile chiave di volta sia la radicalità del nostro riformismo: quando cadiamo vittime dell’etichetta che ci vuole come amministratori dell’esistente col pilota automatico, diventiamo marginali. D’altronde, un politico o un partito che non ha fame di incidere fortemente sulla realtà, modificandola, che funzione ha?»

 

Donne in Politica. Le donne in Politica sono ancora un numero esiguo rispetto ai colleghi uomini, ma soprattutto stentano ad affermarsi nei ruoli chiave. Perché a tuo avviso sono ancora poche le donne che fanno politica? Cosa pensi sia necessario fare perché aumentino non solo di numero ma ricoprano anche ruoli rilevanti, ad esempio in ministeri diversi da Scuola e Pari Opportunità?

«Penso che la situazione possa cambiare sensibilmente nel momento in cui si riescono a innescare dei feedback che si rinforzano tra loro: parità salariale, diritti delle donne sul lavoro, gestione della famiglia più paritaria, organizzazione della società (e quindi dei partiti) più paritaria. Al governo, nella scorsa legislatura, abbiamo preso alcuni provvedimenti legislativi importanti sul tema (come per esempio la legge contro le dimissioni in bianco). Certo, molta strada c’è ancora da fare su questo tema, rispetto al quale il PD sono certa non abdicherà mai».

Europa e UE. L’UE sta attraversando una fase complicata. Quest’anno ci saranno le elezioni europee che potrebbero portare a un cambiamento epocale, in una direzione o nell’altra negli equilibri tra le istituzioni UE. Quali pensi che sarebbero gli scenari possibili dopo le elezioni europee? Quali cambiamenti ritieni siano necessari per avere un’Unione Europea maggiormente incisiva in settori cruciali come immigrazione e sicurezza, politica estera e politiche economiche?

«Sono sinceramente preoccupata per il governo dell’Europa nei prossimi anni. È verosimile che le “forze di sistema” (socialisti, liberaldemocratici, popolari) mantengano una salda maggioranza nel Parlamento europeo, così arginando il vento di destra nazionalista e anti-europeista. Però, anche qui, le ambiguità non mancano: della famiglia dei popolari fa parte Orbàn, che io sinceramente fatico un bel po’ a distinguere dai nazionalisti che sono fuori dal Partito Popolare Europeo.

Quale autorevolezza e quale spinta riformista potrà avere una Commissione che dovesse nascere mettendo insieme forze politiche così distanti, alcune delle quali esplicitamente ammiccano all’onda sovranista? Temo che possa essere molto difficile, in questo contesto, avere la forza politica per le necessarie riforme, come una vera risposta comunitaria alla questione migratoria, politica estera e di difesa maggiormente integrate, politiche economiche più armoniche e orientate allo sviluppo. D’altronde, una mancanza di riforme forti e convincenti sarebbe ulteriore benzina sul fuoco degli antieuropeisti, che lucrano consenso solo nell’additare l’Europa come capro espiatorio: spero fortemente, quindi, che la politica europea sappia rialzare la testa».

Esperienza di Governo della scorsa legislatura. Quando il PD era al Governo quale ritieni sia stato il provvedimento più rilevante che avete approvato? Ce n’è uno in particolare che avresti voluto vedere approvato che non siete riusciti a realizzare? Perché il PD ha perso le elezioni secondo te?

«I provvedimenti di cui andare fieri sono tantissimi. Abbiamo riconsegnato un paese con più opportunità e più diritti, che il governo gialloverde si sta molto impegnando a far retrocedere da tutti i punti di vista. Penso alla legge sul “dopo di noi”, alla legge sul caporalato, alla legge sulle dimissioni in bianco. Penso alla riforma del sistema museale, alla legge sul cinema, ai tantissimi precari che abbiamo stabilizzato nel mondo della scuola.

Potrei fare tantissimi altri esempi, ma ne approfitto per raccontare un’esperienza personale. Nella scorsa legislatura ho molto lavorato al Piano Nazionale Scuola Digitale, che è diventato realtà dando primi frutti molto promettenti e che purtroppo è sotto l’occhio smantellatore del governo della restaurazione. Per la prima volta, grazie al nostro intervento legislativo, la frattura digitale tra la scuola e il mondo che sta fuori dai banchi si è cominciata a sanare: abbiamo previsto l’aggiornamento dei docenti, infrastrutture per tutte le scuole d’Italia. Finalmente si comincia a parlare seriamente, in questo paese, di contenuti e ambienti d’apprendimento interattivi. Il coding sta prendendo sempre più piede nelle nostre classi.

Un provvedimento che purtroppo sono riuscita a realizzare solo parzialmente, visto che siamo arrivati a destinazione a fine legislatura, riguarda il riconoscimento e il supporto alle imprese culturali e creative. Non tutti sanno che l’industria della creatività in senso stretto genera circa il 6% del PIL del nostro paese e, in senso più largo, arriva a lambire il 15% del PIL. Sono numeri impressionanti. Grazie a un mio emendamento, abbiamo compiuto dei primi passi riguardo al riconoscimento delle peculiarità delle imprese culturali e creative e al sostegno materiale a esse. L’ambizione era per un provvedimento più organico, però posso sinceramente dire che va bene anche così.

Riguardo all’ultima domanda da un milione di dollari, le spiegazioni che ognuno di noi si è dato sono molteplici. Approfitto per ricollegarmi a quanto dicevo prima: verso la fine della legislatura, probabilmente tarpati anche dalla sconfitta al referendum costituzionale, siamo stati un po’ arrendevoli rispetto al desiderio di cambiamento. Ci siamo presentati davanti agli italiani con tanti risultati importanti da rivendicare come buoni amministratori del paese, ma la fame di vittoria che ci aveva fatto raggiungere quegli obiettivi era un po’ sfumata. Aggiungo, poi, che non si può non dire che una delle opposizioni più arcigne e organizzate al Partito Democratico, durante gli anni del governo, era esattamente dentro al Partito Democratico. Come fai a convincere gli altri se ti mostri lacerato in due sull’opinione riguardante te stesso?»

Attività parlamentare. Abbiamo ascoltato il tuo intervento in aula in tema di cultura, scuola e ricerca nei confronti della manovra di bilancio: di quanto proposto dall’attuale Governo nei temi di tua competenza c’è qualcosa che si potrebbe salvare?  Il riferimento in particolare è alla riforma dei centri per l’impiego prevista all’interno della misura che prevede l’introduzione del reddito di cittadinanza.

«Per quel che riguarda i temi di cui mi occupo quotidianamente in Aula e nelle Commissioni (cultura e istruzione), il governo gialloverde segue la classica linea della peggiore destra: violentissimi tagli.

Hanno cercato di rigirare la frittata, dopo che sono stati beccati, ma è stata esattamente la maggioranza di governo a mettere nero su bianco tagli ferocissimi nei prossimi 3 anni: circa il 10% di quando lo Stato spende per l’istruzione verrà decurtato. In particolare, si taglierà sugli insegnanti di sostegno: il conto del libro dei sogni di Salvini e Di Maio, quindi, sarà pagato anche dai nostri ragazzi sui banchi di scuola, e in particolare dai ragazzi che hanno più difficoltà.

Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza e la riforma dei centri per l’impiego, temo purtroppo che si tratterà solo di fumo negli occhi per poter arrivare a erogare questo contributo economico in tempo per il voto delle Europee. L’Italia avrebbe bisogno di molto altro, ossia di sostegno a chi crea lavoro e di meccanismi adeguati per far incontrare l’offerta e la domanda di lavoro».

Congresso del PD. La tua discesa in campo con Roberto Giachetti per alcuni è stata una scelta inaspettata. Cosa vi ha spinto a candidarvi? Cosa differenzia il vostro progetto da quello degli altri candidati? Se fosse la vostra mozione a vincere quale direzione vorreste che prendesse il Partito Democratico?

«Roberto Giachetti e io abbiamo deciso di candidarci perché abbiamo riconosciuto nella comunità del PD tanto buon senso che giustamente si rifiutava di mimetizzarsi da senso comune. Mi spiego meglio: tra coloro che si sono candidati al congresso prima di Roberto e me, si possono trovare giudizi sull’operato dei governi del PD (e specialmente di quello Renzi) che vanno dall’abiura, alla necessità di chiedere scusa ai cittadini per come abbiamo governato, al tatticismo del “sì abbiamo governato bene, però abbiamo anche tanto sbagliato”. Similmente, riguardo a un altro tema cruciale, gli altri candidati al congresso hanno prodotto dichiarazioni e mezze dichiarazioni le cui sfumature vanno dall’idea che il PD e il Movimento 5 Stelle debbano naturalmente allearsi all’idea che perlomeno debbano sedersi al tavolo per ragion di Stato un po’ pelosa. Tanti iscritti ed elettori del PD semplicemente rifiutano questo profluvio di senso comune e rivendicano un po’ di buon senso: il buon senso di voler portare in eredità al futuro il riformismo della passata stagione di governo, il buon senso di considerarsi altra cosa rispetto ai populisti che stanno sfasciando il paese. Io e Roberto ci siamo messi a disposizione per rappresentare queste idee, che avevano tutto il diritto e, mi permetto di dire, pure un po’ di dovere di presentarsi al congresso in maniera chiara».

 

Ringraziando Anna per la sua disponibilità, ci chiediamo quali prospettive potrà portare il Congresso del PD e come i risultati influenzeranno la scena politica, in riferimento anche alla proposta di listone unitario “anti-sovranista” repubblicano di Carlo Calenda.

La situazione dell’Italia è sempre più complessa e il clima irrespirabile di campagna elettorale permanente in vista delle elezioni europee non è certo l’ideale per lavorare con serenità a un progetto di medio lungo termine per lo sviluppo del nostro Paese.

Augurando ad Anna un in bocca al lupo per il Congresso, speriamo che la sua conclusione possa portare un po’ di chiarezza in quello che è ancora il maggior partito di opposizione nel Paese.

 

TAG: anna ascani, partito democratico, politica, Primarie del Pd, roberto giachetti
CAT: Parlamento

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