Di Maio non crede in nulla ma non vuole scendere da cavallo

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21 Giugno 2022

Marco Travaglio nel suo editoriale di lunedì 20 giugno apparso su “Il Fatto Quotidiano“ ricorda le intempestive, incoerenti e contraddittorie dichiarazioni di Luigi Di Maio sulla Nato; commenta desolato: “Senza parole. Le ha consumate tutte, lui”.

Ezio Mauro, editorialista autorevole de “La Repubblica”, asserisce che Di Maio ha indossato “paramenti istituzionali” e si sta assistendo ad un suo percorso inverso: ha posato il gilet giallo, le forbici gigantesche che sceneggiavano in piazza il taglio dei parlamentari, i proclami sull’abolizione della povertà, per diventare dalla Farnesina il più fedele interprete della linea europea e atlantica che fa parte delle scelte naturali del governo Draghi (La Repubblica 20 giugno).

Forse non è chiaro che l’attuale ministro degli Esteri non crede in nulla: il suo vero ed unico obiettivo è quello di garantirsi una cadrega per le prossime elezioni. La polemica sulle armi o meno per l’Ucraina è pretestuosa, per renderlo ancora visibile, ma non sa neppure quello che dice, succhia la ruota degli altri ed appare atlantista,ma senza darne alcun significato politico. Nella vita non sa fare altro che aspirare al e mantenere il potere (bravissimo) spregiudicatamente, anche se questo lo porta inevitabilmente a dire e fare tutto ed il contrario di tutto, seguendo,a seconda del momento, o il vento demagogico o quello istituzionale.

Giravolte ineludibili e necessarie per sopravvivere.
Te lo ritrovi prima forcaiolo e poi garantista, rivoluzionario per il cambiamento radicale e successivamente custode sacerdotale degli apparati di potere.
Doroteo di razza pura!
Se ci fate caso nei suoi ruoli istituzionali non si ricorda nulla di quello che abbia fatto o detto: prima si trincerava dietro Conte, ora è l’ombra di Draghi.
Ma cosa dice, fa? Un ministro degli Esteri incolore, evanescente, evaporato nella sua quintessenza.
Perché cosa farà nella vita, dopo lo scioglimento delle Camere? Questo è il suo drammatico problema: nulla, perché non ha mestiere, titolo, lavoro.
Ed allora deve brigare, ordire trame, intessere relazioni, affaccendarsi per sperare in qualche candidatura.
Tutto qui: non ha pensiero, è vuoto, occupa una posizione ma solo per mostrarsi, esserci, dire : “c’ero pure io”.
Sta tremando all’idea di non avere-in un movimento che sta perdendo in caduta verticale tutti i consensi elettorali-un ruolo.
Con la paura di ritrovarsi isolato ed incandidabile o addirittura espulso.
Tragica fine.
Ma lui era il prodotto migliore di Facebook, dei social, il politico delle migliaia e migliaia di visualizzazioni, dei post pieni di demagogia e di livore.
Ecco il risultato: alla prova del lavoro, del costruire il nulla.

E briga solo per la gestione del potere: non vuole scendere da cavallo.

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CAT: Parlamento, Partiti e politici

Un commento

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  1. evoque 2 anni fa

    Premetto che non mi rassegnerò mai nel vedere Di Maio ministro degli esteri, Fico presidente della Camera, Taverna parlamentare, per tacere del resto: chi si ricorda la Castelli che di fronte alle argomentazioni di Padoan non seppe dire altro che “questo lo dice lei…”?. Questa premessa per dire che il M5s è il nulla, non solo di Maio e di questo dobbiamo ringraziare il duo Grillo – Travaglio, che adesso prende le distanze da di Maio. E perché le prende?
    Semplice, perché il povero Travaglio – vedovo inconsolabile del Conte premier – non accetta che qualcuno vada contro il suo “amore”. Travaglio non vorrà farci credere che i Cinquestelle si sono rivelati per quel che sono – inconsistenti – solo adesso? Il M5s fu dovuto a uno dei tanti, troppi, momenti di pazzia di un popolo, infantile, irresponsabile, che ha sempre bisogno di qualcuno che pensi per lui, che lo esoneri dal fare e dall’impegnarsi (il reddito di cittadinanza, pur con degli aspetti indubbiamente positivi, era stato pensato con questo scopo: deresponsabilizzare le persone dall’impegno di trovarsi un lavoro, di darsi da fare; ovviamente la vulgata Cinquestelle faceva credere, dai balconi, di avere sconfitto la povertà, e lì c’erano ancora di Maio e il suo degno compare Di Battista, un altro miracolato nullafacente, tirato fuori dal cilindro di Gianroberto Casaleggio. Comunque, anche gli altri partiti populisti che abbiamo in Italia – QUATTRO: Lega, FI, FdI, M5s , un unicum – non è che siano migliori, la differenza e che gli altri, a differenza del M5s hanno un capo riconosciuto e tutti si adeguano, volenti o nolenti, forse con l’eccezione dell’ex capitano del Papeete, che ne ha sbagliate troppe e che quindi credo che tra un po’ verrà messo in discussione.

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