Elly Schlein può essere la risposta alla crisi del PD?

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24 Febbraio 2023
  1. La sfiducia nella politica

Le elezioni regionali hanno lasciato ampia testimonianza della sfiducia dei cittadini per l’attuale offerta politica. Il tasso di partecipazione di appena il 40% è un dato drammatico. Malgrado chi si ostini a dire che l’Italia si vada trasformando in una democrazia matura, la scarsa partecipazione rappresenta l’assoluta incapacità della classe politica di dare risposte ai cittadini. Anche l’infinita crisi del Partito Democratico è specchio del mancato coinvolgimento dei i propri elettori. L’elezione a segretario di Elly Schlein potrebbe rappresentare una possibilità di uscire da questo circolo di sfiducia.

Il principale partito di opposizione ha infatti incarnato l’idea che i risultati elettorali valgono fino a un certo punto. Secondo la narrazione del PD, il contesto internazionale limita le scelte politiche e la mediazione parlamentare forma il governo. Questi due assunti sono tanto legittimi e corretti da aver accompagnato l’intera vita repubblicana del paese.

Il PD sembra però vivere esclusivamente in funzione delle limitazioni della nostra democrazia. I partiti di massa della prima repubblica avevano l’obiettivo di alzare l’asticella del possibile, di far sognare un avvenire più roseo ai propri ceti di riferimento. Al contrario, l’unico partito degno di questo nome sembra impegnato ad abbassare questa asticella, avendo come unico fine quello di riportare gli italiani alla concretezza rispetto alle parole dei populisti.

 

2. Come fare opposizione?

Ovviamente, i populisti hanno tante colpe. Ma il PD non può pensare di fare opposizione affermando di essere l’unico adulto in un parlamento di bambini. Un PD che rilascia patenti su come si esercita la democrazia ha il solo effetto di suscitare antipatia negli elettori. Il principale partito di opposizione deve imparare ad associare il buon governo alla comprensione dell’elettorato e al superamento dei limiti della nostra democrazia.

Ad esempio, per quanto rimanga assolutamente necessario sostenere l’Ucraina, sarebbe possibile avere un ruolo autonomo rispetto agli Stati Uniti? L’Italia ha molto da perdere nel contrasto alla Russia, da cui ci lega una cooperazione che parte dagli anni ’60. Forse sarebbe possibile utilizzare questa vecchia cooperazione per assumere un ruolo di mediazione, anziché limitarci a fornire armi all’aggredito.

 

3. Il dibattito

In questo contesto, ho apprezzato il dibattito tra i due sfidanti alla segreteria del PD. Per una volta, si sfidano due idee di partito diverse ed entrambe con possibilità di risultare vincenti alle primarie di domenica 26 febbraio. Stefano Bonaccini si presenta come il saputello che senza fare movimenti del corpo prova a infondere sicurezza nell’elettorato. Chiaramente il Presidente dell’Emilia-Romagna è un buon amministratore, ma la sua carriera può trasformarsi in un limite.

Stefano Bonaccini incarna la storia degli ultimi anni, di un buon governo fine a se stesso, che si auto celebra nelle sue stanze mentre fuori il paese crolla. Sebbene sia consapevole della necessità di invertire la rotta su alcune tematiche, rischia di continuare con le medesime politiche del passato. Non aiuta il fatto che la mozione Bonaccini abbia imbarcato tutta Base Riformista, la corrente che guarda più a Italia Viva che al PD.

Elly Schlein sembra invece parlare un linguaggio diverso. Sembra aver compreso la difficoltà di tanti giovani che, al contrario di lei, si sono ritrovati nella giungla di una vita frenetica. Una vita fatta di contratti a termine, condizioni di lavoro massacranti, basso reddito, poche certezze e molti insulti, tutto questo mentre una bomba ecologica è pronta a scoppiare. Per questo, grazie alle assunzioni incentivate dal buon governo giallo-rosso, io e tanti miei coetanei scegliamo di lavorare nel pubblico impiego.

 

4. Affrontare i temi

Elly Schlein ha il grande merito di affrontare la questione. Ovviamente, la comprensione dei problemi non è garanzia di successo. Il PD dovrà fare un lavoro mastodontico solo per proporre delle leggi contro il precariato, mentre la loro approvazione è poco più che un miraggio. A livello culturale questo paese sembra infatti rimasto ai tempi della gavetta e del farsi da sé.

I compagni di viaggio della candidata sono poi i grandi teorici del “Vorrei ma non posso”. Pierluigi Bersani, Andrea Orlano, Nicola Zingaretti e compagnia hanno spesso predicato bene, ma hanno sempre mostrato esitazioni nei momenti cruciali, come se non avessero mai avuto il coraggio di portare a termine quanto discusso nelle conferenze programmatiche. Ogni volta si sono scusati di non poter fare, ogni volta sono stati pronti a mostrare le proprie debolezze.

Se fosse eletta Elly Schlein, il PD correrebbe il rischio di trovarsi nella medesima frustrazione. Ma con Bonaccini, questa frustrazione sarà sicura. Allora tanto vale provare a esprimere un voto per avere un segretario del PD che parla incessantemente di precariato, ecologia, diritti civili e migranti. Magari non riuscirà a concretizzare le sue proposte, ma potrebbe essere davvero l’occasione buona per piantare il seme di una nuova cultura della sinistra italiana, che sappia mettersi alle spalle l’esperienza fallimentare degli ultimi trent’anni.

Per questo domenica 26 febbraio andrò a votare Elly Schlein in modo da ristabilire le parole d’ordine della sinistra, che può fare il suo lavoro solo se darà voce alle classi svantaggiate. E dimostrare come l’attuale governo si presenti come espressioni del popolo ma poi faccia solo gli interessi dei suoi potenti amici.

 

Foto da Facebook

TAG: Elly Schlein, Pd, Primarie del Pd, stefano bonaccini
CAT: Parlamento, Partiti e politici

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