La pax tra Renzi e Bersani per scegliere il successore di Napolitano
«Matteo non può usare solo acceleratore e freno. Ha bisogno anche della frizione per mandare avanti la ditta». Qualche giorno fa, ancor prima del ko del governo in commissione Affari Costituzionali sul ddl di riforma del Senato, un parlamentare vicino all’ex segretario Pier Luigi Bersani sussurrava queste parole all’orecchio del cronista. «Pier Luigi – aggiungeva il peones della minoranza democrat – controlla pur sempre 101 parlamentari». Parole che in un certo senso prefiguravano lo scenario che si sarebbe consumato di lì a qualche giorno all’Assemblea nazionale del Pd, al Parco dei Principi della Capitale. Raccontano che nel backstage dell’albergo dei Parioli gli sherpa del premier-segretario avrebbero raggiunto un accordo di massima (si intende sul presidente della Repubblica) con Roberto Speranza e Dario Franceschini. Ecco perché non è peregrino affermare che la tregua tra renziani e bersaniani è ormai agli atti.
Del resto l’assenza dell’ex segretario, prima in commissione Affari Costituzionale (facendosi sostituire da un renziano), e dopo al parlamentino democrat “a causa di un mal di schiena”, certifica il via libera di Bersani&Co all’esecutivo e quindi al premier in carica. Una tregua da cui passerà l’elezione del successore di Giorgio Napolitano. Prodi? Fassino? Bassanini? Mattarella? Finocchiaro? Pinotti? Certamente, Matteo e Pier Luigi ne parleranno, e probabilmente – come riferiscono in Transatlantico – arriveranno a stilare una rosa di nome da cui partire. Prima, però, Pier Luigi dovrà guarire dal “mal di schiena”.
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