Renziane, attente all’effetto casting o finirete come la Polverini

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20 Novembre 2014
Le recenti e meno recenti dichiarazioni delle dirigenti renziane del Pd , da ultimo quelle di Alessandra Moretti, offrono uno spaccato della nuova classe politica che sta emergendo. Alcune caratteristiche vengono subito all’occhio: trattasi di personaggi di bella presenza, alcune giovani altre si considerano tali ma già marciano verso la quarantina inoltrata, solo alcune sono renziane della prima ora, le altre lo sono diventate dopo aver condotto, guidate da altri leader, dure battaglie contro l’affermazione di Renzi, nessuna primeggia nel proprio campo, spesso nessuna ha un campo. Di più: per nessuna si può indicare una vero settore di specializzazione successivo, tutte però sono particolarmente veloci nel candidarsi o nel farsi candidare ad elezioni che si succedono anno dopo anno. È  un ritratto severo, ma fondato sui fatti.
Spesso queste dirigenti, e il loro dante causa, tendono a rappresentare questa nuova realtà come una vera rivoluzione femminile. In verità è vero che con Renzi il numero di donne  portate in prima scena appare superiore rispetto rispetto ad altre gestioni, sia di sinistra sia di destra, è vero che alcune di queste giovani donne vantano anche la caratteristica del bell’aspetto rispetto a un tempo in cui, per dirla con la frase insolente di Berlusconi alla cara Rosi Bindi, emergevano leader donne  “più intelligenti che belle”. Bisogna però sottoporre a critica alcuni luoghi comuni correnti sia quelli a favore delle donne emergenti  sia quelli a loro sfavore.
Non è vero che solo le “nuove ragazze” siano state selezionate dall’alto. Anche quelle che le hanno precedute sono state cooptate. È ben vero però che le prime  spesso avevano fatto, come si dice, la gavetta, mentre oggi non si usa farla né chiederla. Non è vero che il criterio della bellezza sia stata una caratteristica della selezione renziana. Nel Pci c’erano al vertice molte belle donne, la Jotti lo era. Nel Psi, e direi soprattutto con Craxi, abbiamo avuto belle signore in posizione apicale, un nome fra tutte, Margherita Boniver. Queste osservazioni per sgombrare il campo da sciocchezze e stare invece al punto.
Il punto è che secondo Renzi  e le sue collaboratrici saremmo di fronte, oltre che a una rivoluzione generazionale, di cui mi sono occupato una settimana fa, anche di una rivoluzione di genere. Non è così e cercherò di indicare il fondamento di questa opinione, perché è una opinione, sapendo di muovermi su un terreno minato. Manca a questa rivoluzione il dato di fondo che è lo stesso che manca alla cosiddetta rivoluzione generazionale. Anche in questa situazione siamo di fronte ad operazioni dall’altro, fondate sulla fedeltà al capo,  prive di motivazioni di merito, ideologicamente raccontate. Se fossimo in una società tranquilla, il dato dell’accresciuto numero di giovani e di donne potrebbe esser vantato  come un successo indipendentemente dalla qualità dei promossi.
Siamo invece in una società in crisi profonda, in cui tutti gli ascensori sociali si sono bloccati e la selezione  della classe dirigente è sottoposta a un vaglio più critico. Per estemporaneo che possa sembrare l’esempio, tenete a mente come è stata trattata la senatrice Tavella del movimento grillino quando si è recata a fare scena nella borgata in rivolta a Roma contro gli immigrati. Nessuno le ha riconosciuto i gradi che il suo capo le ha generosamente regalato. Il popolo, si potrebbe dire “la gente”, sa tutto, vede tutto, giudica tutto senza paraocchi. È il bello di una società superinformata.
Renzi e le sue giovani e belle leader credono di poter fondare il successo del proprio gruppo sul dato ideologico, che dovrebbe valere erga omnes, dell’avanzamento di genere. Ma ho la certezza che questo auto rappresentazione non sia accettata sul campo. Credo che poche donne voterebbero Renzi per il numero e la qualità di donne che ha promosso. Voteranno lui, chiunque metta in lista o promuova. Questo per dire che Renzi appare prigioniero  di una valutazione già invecchiata della realtà, non accorgendosi che tutto attorno a lui sta cambiando velocemente e che nessuna autocelebrazione o autoreferenzialità sfugge al vaglio feroce dell’opinione pubblica.
Renzi probabilmente, malgrado i sondaggi meno favorevoli, ha ancora il vento in poppa, per ragioni che derivano dalla sua forza e dalla debolezza altrui. Ma non credo che le bandiere ideologiche della sua ascesa, più giovani più donne, siano prese sul serio. Torniamo quindi al quesito principale che riguarda il renzismo. Siamo indubbiamente di fronte a una macchina da guerra politica che sta macinando successi ma che non sta costruendo casematte, mancano idee profonde, strutture, personalità nuove. Tutto ciò che viene presentato come nuovo è vecchio e già visto in altre esperienze storiche e in altri paesi. Renzi dovrebbe riflettere più attentamente su come in poche settimane si stia scomponendo la società e si stia modificando lo spirito pubblico. Ha bisogno leader  sociali, maschi o femmine, belli o brutti, ma personalità forti e vere , non prodotti della tv. Qualcuno ricorda ancora la Polverini?

TAG: alessandra moretti, maria elena boschi, marianna madia, Matteo Renzi, partito democratico, Pd, renata polverini
CAT: Parlamento, Partiti e politici, Politica

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