La strategia della bianca e il romanzo dei numeri

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26 Gennaio 2022

Il primo segnale da leggere sono quelle schede bianche che da lunedì parlano di un quadro in continua mutazione. Perché la strategia della bianca serviva a misurare quanto fosse nutrito il fronte di coloro che sarebbero stati disposti ad eleggere il prossimo inquilino del Quirinale a larga maggioranza. E le schede sarebbero rimaste bianche fino a quando all’interno di quel fronte non si fosse individuato un nome su cui convergere. Il problema è che questo fronte si sta progressivamente riducendo di votazione in votazione. Se lunedì le bianche sono state 672, ieri sono scese a 527, e con un quorum fissato per i primi tre scrutini a 673 voti questo dato significa che la possibilità di una convergenza, e quindi un fronte elettorale ampio, sta progressivamente logorandosi.

Ieri Salvini ha annunciato la terna che aveva promesso, facendo i nomi di Nordio, Moratti e Pera. La vera carta da giocare per il centro-destra è però quello dell’attuale Presidente del Senato, rispetto a cui Salvini stesso stamani ha detto che in quanto seconda carica dello Stato non ha bisogno di essere candidata. E salgono i timori che da domani, quando il quorum scenderà a 505 voti, Salvini voglia tentare il blitz sulla Casellati, andando a raccogliere consensi anche nei 5S, almeno in quella parte dei 5S che fanno riferimento a Conte, perché la parte fedele a Di Maio è impraticabile in questo senso. E per misurarsi sulla Casellati il centro-destra potrebbe mandare avanti alla quarta votazione Nordio, verificando prima su di lui cosa può uscire dal segreto dell’urna.

Di fronte al pericolo di un blitz leghista Letta invita Salvini e Conte a chiudersi in una stanza in conclave per cercare un nome condiviso, con questa proposta respinge al mittente la terna Nordio-Moratti-Pera e avverte Conte che se i 5S voteranno la Casellati viene già tutto il castello dell’alleanza con i dem e nello stesso tempo mette in guardia Salvini dalla mima innestata nell’attuale maggioranza. Il premier Draghi per ora sta fermo, il quadro si muove troppo velocemente, e probabilmente si è reso conto che il suo attivismo di lunedì non deve essere stato gradito ai vertici politici. Nel frattempo però continua a tentare di cucire anche lui una maggioranza che da domani dovrebbe essere più facile trovare, ma al quarto o al quinto scrutinio massimo. La domanda che resta nella testa però è perché tutti questi protagonisti non si siano mossi prima, con qualche giorno di anticipo, per avere già un Presidente oggi ed evitarci questo lungo romanzo anche domani.

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CAT: Parlamento, Quirinale

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