5 MOTIVI PER VOTARE TRUMP

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7 Novembre 2016

…Ci sei cascata vero?

Credevi di aver trovato davvero qualcuno pronto ad ammettere di votare per Trump.

No, io non voto per Trump e non solo perché se ci provassi sarei bandito a vita dagli Stati Uniti, stante le severissime leggi in materia. Anche se avessi la cittadinanza, io uno con in testa i capelli di Trump non lo voterei mai (per non parlare di uno con in testa le idee di Donald Trump).

Ma avendo passato buona parte degli ultimi 4 anni a New York posso provare a immaginare perché, alle ore 9:01 PM di venerdì 3 novembre Atlantic Standard Time, la vittoria di Trump non pare più la follia di un ubriaco detta prima di vomitare davanti a un bar di Park Slope, ma un incubo così reale da aver causato, a Manhattan, il nuovo record nella vendite di benzodiazepine (notizia reale).

La lezione di Beppe Grillo dovrebbe aver insegnato che non e’ mai saggio confondere i candidati con gli elettori. Se e’ lecito attaccare i primi con ogni mezzo, prendersela con i secondi e trattarli come esseri antropologicamente inferiori finisce sempre per avere effetti contrari e da una palla di neve si finisce per avere a che fare con una valanga che travolge tutto.

E Beppe Grillo o Donald Trump o Nigel Farage sono un po’ la stessa cosa. Avete presente quando, a biliardo, non si bene che fare e allora si spara la palla bianca nel mucchio con forza, un po’ per vedere cosa succede e un po’ per scaricare la frustrazione? Ecco, sebbene tra uno e l’altro ci siano differenze, il votare per uno di questi soggetti parte dalla stessa motivazione: una bella legnata, e poi via a godersi lo spettacolo davanti alla TV gridando insulti contro

“quelli la!”

Del resto il finale di Fight Club ha il suo fascino, il mondo che cade a pezzi davanti ai nostri occhi e’ uno spettacolo a cui tutti vorremmo segretamente assistere: il problema pero’ sarebbe cosa fare il giorno dopo.

Conviene allora capire da dove venga questo malessere di fondo, tale per cui l’America – dopo essersi specchiata per secoli nel sistema apparentemente perfetto della propria democrazia, cercando pure di esportarla con la forza – si trova oggi a fare i conti con la concreta possibilità di affidare i codici per le testate atomiche a un tizio cui io non affiderei nemmeno la camera che affitto su Airb&b. E conviene capirlo perché anche se Trump non vincerà quel malessere non potra’ far altro che crescere per poi dare origine, in futuro, a chissà quale terrificante Golem.

1) La societa’ Americana cade a pezzi.

Lo squilibrio economico/sociale che c’e’ in America e’ difficilmente comprensibile a un europeo.

Un paio di anni fa io e il mio coinquilino eravamo tutti e due senza assistenza sanitaria. Una notte lui torna a casa dopo il consueto raid domenicale nei bar della zona sanguinando come un cinghiale, sostenendo di essere “caduto sul ghiaccio”.

Non ho mai creduto alla sua storia (ne’ ci ha creduto Autumn – il nostro cane – che abbaiava come un pazzo rendendosi perfettamente conto della situazione) ma gli ho creduto quando ripeteva di NON chiamare un’ambulanza perché con quella ferita avrebbero dovuto sicuramente ricucirlo, e il conto dell’ospedale sarebbe stato così salato – nell’ordine delle quattro cifre di parcella – che non se lo sarebbe potuto permettere .

Cosi’ abbiamo chiamato un tassista messicano amico (abusivo) che ci ha guidato fino a Brooklyn Chinatown, un posto dove cose come il tifo o la pellagra vanno ancora di gran moda, dove ci siamo messi a fare una lunga fila da un dottore privato che riceveva in uno stanzino che, dopo due ore di attesa e previa somministrazione di farmaci antidolorifici cinesi, gli ha prestato rudimentali cure.

Questo per dire che in America la sanità e’ una vera cartina di tornasole, il tema che piu’ di ogni altro mostra come la società sia tranciata in due da una linea netta, che separa spietatamente i ricchi dai poveri. E il problema e’ che nelle fila dei secondi sono finiti interi settori di popolazione – come il mio coinquilino – che prima del 2008 avrebbero sicuramente chiamato un’ambulanza invece di rivolgersi alla “medicina orientale”.

Un conto e’ la Manhattan dei turisti, il Sacro Triangolo Burino Apple Store-AberCrombie-Tiffany o i quartieri snob di Brooklyn con gli orti sui tetti coltivati con amore dai giovani hipsters cui i genitori pagano l’affitto.  Un conto e’ l’America che vive negli Stati del Sud o nelle periferie delle grandi città del Mid-West. Interi quartieri di Detroit sembrano città’ uscite dal videogioco Fall Out; Chicago sembra Grand Theft Auto, un posto dove dall’inizio del 2016 ci sono state (dice il Chicago Tribune) 3,210 vittime da colpi di arma da fuoco.

A cio’ si uniscono le tensioni razziali, con gli ispanici accusati di portar via il lavoro agli altri in una lotta dove in palio c’e’ un lavoro al fast-food,  e una polizia fuori controllo, così sfacciatamente razzista e omicida che l’ennesima morte di un afro-americano senza colpe e’ ormai rumore di sottofondo relegato alle cronache locali.

In questo contesto, dove la disillusione e’ ketchup spruzzato sulla disperazione, la candidata democratica che si propone come “ultimo baluardo prima dell’Armageddon” e che dovrebbe fare gli interessi delle classi meno abbienti, si e’ scoperto essere ospite regolare dei convegni Goldman Sachs dove, in cambio di qualche centinaia di migliaia di dollari, dice cose tipo “tranquilli, io sono lontanissima dalla classe media“.

Cosi’ la gente si butta su Trump non perché crede sul serio che sia in grado di cambiare le cose, ma solo perché, se si deve affondare, che almeno si affondi tutti insieme.

2) Del politicamente corretto non se ne puo’ piu’.

Un esempio per tutti.

Avete presente Smell like teen spirit capolavoro di Kurt Cobain e dei Nirvana, manifesto generazionale per tutti quelli cresciuti negli anni ’90?

E il ritornello, quando dice “a mulatto”?

Ecco, in molti locali di Brooklyn, quando suonano questa canzone e si arriva a quel punto, l’audio viene tolto, come si trattasse di un’espressione blasfema. Perche’? Perche’ i sacerdoti del politicamente corretto hanno deciso da qualche anno che “mulatto” e’ una parola razzista (la dizione accettata e’ biracial, letteralmente “birazziale”, che per me suona molto piu’ razzista che mulatto)

In questo clima, per tutta la campagna elettorale non abbiamo ascoltato una sola critica rivolta ai contenuti di Trump – in larga parte ciarpame retorico della peggior specie.

Ad esempio: la sua promessa di “cacciare tutti gli immigrati clandestini nei primi 100 giorni” e’ semplicemente irrealizzabile. Per essere espulso, secondo la Costituzione Americana un clandestino deve prima ricevere un deportation order, al termine di un processo. Peccato che le Corti di Giustizia a cio’ preposte in tutti gli Stati dell’Unione siano ingolfate almeno per i prossimi 3 anni (eh si: non solo in Italia si ha a che fare con le lentezze della Giustizia). Di fatto, anche iniziando una caccia senza quartiere all’Immigrato non ci sarebbero poi dei Tribunali dove giudicarli e quindi i clandestini finirebbero o per gravare sul sistema carcerario gia’ al collasso (basta vedere il nuovo documentario di Netflix The 13th) o per essere rilasciati in attesa di processo, rendendo vani tutti gli sforzi per acchiapparli. Del resto, e’ proprio questa una delle ragioni per la grande sanatoria promossa dall’Amministrazione Obama durante il suo secondo mandato.

Ma di questo, e delle altre confuse, pasticciate “proposte” avanzate da Trump negli ultimi 12 mesi i media hanno parlato pochissimo. Al contrario si sono intestarditi in una gara a chi scovava il fuori-onda più imbarazzante, la gaffe più oltraggiosa, l’espressione più colorita nei riguardi di donne, messicani, giornalisti, avversari senza essere sfiorati dal dubbio che in questo modo non facevano altro che il suo gioco. All’elettorato di Trump, a quelli pronti alla Roulette Russa piuttosto che continuare con le ansie di una vita sul filo del rosso in banca, del politicamente corretto importa meno di zero. Anzi, lo vede come inseparabile compagno dell’establishment, ideologia di sistema che ha in Michelle e Barack Obama i suoi massimi sacerdoti.

Il politically correct americano – come si vede nell’esempio dell’audio di Smell Like Teen Spirit – ha oltrepassato da tempo le soglie del parossismo e molta gente non vedeva l’ora di trovare qualcuno che si ribellasse. Trump ha raccolto questo sentimento pre-esistente, capitalizzandolo a suo vantaggio.

3) Non una donna: la moglie di. 

Corollario alla campagna sul politicamente corretto, ecco i quotidiani appelli alla woman good for a man’s job – la donna capace di fare il lavoro di un uomo, un’idea che ha attecchito soprattutto tra le carampane di casa nostra, in estasi all’idea di una donna seduta sulla poltrona piu’ importante del mondo.

Peccato che in America il tema ha attecchito gran poco tra le donne stesse: lo si e’ visto alle elezioni primarie – quando una larga percentuale ad Hillary ha preferito lo scorbutico Bernie Sanders – e lo si vede nel sondaggio del Los Angeles Time dell’altro ieri, secondo cui il 75 % degli americani non considera il gender del candidato un criterio in grado di orientare il voto.

Il problema vero e’ che – con quel cognome – Hillary era tra le persone meno indicate per ergersi a paladina mondiale del genere femminile.

Paola Jones e’ una signora dell’Arkansas di 50 anni, che di mestiere fa la mantenuta. Non dal marito, ma dagli 850,000 dollari che Bill Clinton le ha versato qualche anno fa come patteggiamento per salvarsi da un processo in cui era da lei accusato di molestie sessuali.

E non si tratta di un caso isolato. Altre donne, nell’ordine di diverse decine, hanno mosso al’ex inquilino della Casa Bianca la medesima accusa. Per non parlare di quelle che, a distanza di anni, riferiscono di essere state minacciate e costrette a tacere: i loro racconti sono da brivido, roba che ricorda House of Cards e il modo non certo convenzionale con cui negli Stati Uniti il Potere gestisce la delicata materia degli scandali sessuali.

La verita’ e’ sotto gli occhi di tutti, confermata da numerose Corti di Giustizia: dopo aver evitato l’impeachement per un pelo, Bill Clinton e’ rimasto coinvolto in decine di violenze sessuali a danno di donne. Hillary ne e’ sempre stata consapevole – adesso come allora – ma non ha mai mosso un dito in difesa delle vittime, delle donne costrette a subire gli abusi del marito.

Ognuno puo’ giudicare questo fatto come crede. Certo e’ che presentare Hillary come campionessa dell’intero genere femminile e’ finito col diventare un clamoroso autogol, un modo per dare a Trump una scappatoia dialettica costante del tipo

“hai detto che vuoi stringere le donne per la pussy!”

“quelle erano solo parole, tu hai continuato a usare il nome, i soldi e il potere di tuo marito anche quando e’ stato accusato di violenza sessuale! E tu saresti dalla parte delle donne?”.

Forse, prima di condividere meme e toccanti frasi storiche, le carampane di casa nostra dovrebbero pensarci due volte.

4) Il Partito Democratico ha truccato le elezioni primarie.

Vi ricordate lo scandalo per i cinesi in via Paolo Sarpi a votare Sala alle primarie milanesi? O le polemiche per le Primarie PD di Genova?

I soliti italiani si diceva, roba che accade solo da noi. E invece no.

Perche’ la Primarie Democratiche Americane sono state tra le elezioni piu’ sporche e corrotte di tutta la storia Occidentale.

Le email diffuse da Wikileaks – guarda caso accusato dalla Clinton e dall’establishment di essere manovrato da Putin – hanno rivelato un sistema di corruzione talmente sistematico che, fosse accaduto da noi – noi italiani sempre pronti a far le vittime e a bestemmiare il Cielo urlando “solo da noi accadono certe cose!” – la gente sarebbe scesa in strada coi bastoni.

Si va dalle domande dei dibattiti concordate direttamente con lo staff di Hillary in modo da danneggiare lo sfidante Sanders il piu’ possibile, ai pulman messi a disposizione dal Partito (che dovrebbe essere super-partes) per andare a prendere persone indigenti, dar loro un pasto gratis in cambio di un voto per Hillary,  ai memo con cui grigi burocrati democratici come Andrew Wright o Luis Miranda si scambiavano idee e consigli su come meglio favorire la Clinton rispetto al socialista Sanders.

D’accordo, dal punto di vista della Legge e’ roba priva di profilo penale (seppur per un soffio). Ma da un punto di vista politico e’ una congiura organizzata per impedire al primo leader politico socialista americano di correre per la Casa Bianca. Prova ne sia che una delle massime organizzatrici delle Primarie e’ stata costretta a dimettersi per le polemiche che sono seguite per poi trovare lavoro presso…lo staff di Hillary Clinton.

Ma siccome in politica tutto ha un prezzo, ecco che, pur avendo ottenuto il risultato sperato nel breve periodo, il Partito Democratico  ha innescato una serie di conseguenza esplosive perche’:

  • Gli elettori di Sanders – popolare tra la gente come e oltre Obama nel 2008 – hanno giurato vendetta, e piuttosto che votare Hillary hanno scelto l’indipendente Johnson o l’astensione.
  • Trump si e’ trovato nelle mani un formidabile argomento di polemica, che ha usato per tutta la campagna facendo riferimento continuo a Sanders e al modo in cui e’ stato derubato, corteggiandone gli elettori (che lo hanno respinto, essendo Sanders e Trump cose completamente diverse).
  • Ha trovato chiara conferma la posizione di chi accusa il Partito Democratico di essersi completamente svenduto al potere finanziario, distanziandosi irrimediabilmente dalla classe media. Sanders sarebbe stato uno shock – ma avrebbe consentito di recuperare credibilita’. Cosi’ i Democratici hanno fatto una scelta suicida i cui effetti, se non quest’anno, si vedranno sicuramente tra 4 anni. Parafrasando Churchill, avrebbero potuto scegliere tra il disonore o Bernie Sanders: hanno scelto il disonore, e ora rischiano qualcuno di molto ma molto peggio di Sanders.

5) La politica estera fallimentare.

La retorica pro-Hillary vuole la signora Clinton essere, prima di tutto, competent (competente): nessuno, si dice, ne capisce di politica estera quanto lei, grazie a decenni di impegno e all’esperienza come Segretario di Stato durante il primo mandato di Obama.

Ora, pero’, pensa alla Libia post Gheddafi. Pensa all’Isis, alle migliaia di persone nelle mani dei signori della guerra, ai migranti che ogni giorno rischiano e trovano la morte cercando di fuggire. Pensa alla Clinton che sulla CBS, in un video cult reperibile su Youtube,  ride di gusto della morte di Gheddafi.

Si dira’ che si tratta di un’uscita infelice. Ma come si sa, in politica la forma e’ sostanza: e l’arroganza, la leggerezza, il menefreghismo che traspare da una simile performance sembrano confermare – in soli 10 secondi – tutti i peggiori stereotipi sugli yankee imperialisti e conquistatori, che impongono la loro volontà al resto del mondo senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze.

Un video emblematico, che rispecchia la deludente politica Americana verso il Medio-Oriente degli ultimi anni, con il supporto “al buio” alle Primavere Arabe senza che ci fosse nemmeno una mezza idea per il dopo, il sostegno ai ribelli siriani salvo scoprire poi che non tutti i ribelli erano esattamente dei Santi, l’impreparazione davanti alla comparsa dell’ISIS e l’ambigua strategia tenuta in seguito, un patto con l’Iran senza tenere in minima considerazione Israele.

E in cima a tutto cio’, ecco lo scandalo delle email riguardanti la Libia e l’uccisione dell’ambasciatore Christopher Stevens, un mistero su cui nessuno, finora, ha voluto far luce. Gia’, perché in nome della Realpolitik si e’ fatto finta di niente davanti al fatto che Hillary sulla questione abbia bellamente mentito, e nemmeno una sola volta. E le nuove email trovate nel computer del compagno sporcaccione della sua più stretta collaboratrice gettano ombre sinistre, molto sinistre sul futuro.

Anche per questo, per una posizione mai chiarita fino in fondo, Hillary non era il cavallo ideale su cui puntare ad occhi chiusi. Eppure, a colpi di finanziamenti e agganci con i lobbysti migliori di Washington, la direzione del partito Democratico non ha avuto dubbi. E ora e’ costretta a fare i conti con le conseguenze, sotto forma di un’improbabile acconciatura color carota che nel momento in cui concludo questo articolo e’ data alla pari nella maggior parte degli stati-chiave.

Insomma: come detto, nessuno – secondo me – crede davvero che Trump possa migliorare le condizioni di vita dell’Americano-medio.

Molti, piuttosto, sono stanchi di passare la vita sul cornicione con l’abisso a pochi centimetri, e preda di un cinismo della rovina come quello dei giocatori d’azzardo preferiscono puntare tutto sul doppio zero, col rischio e anzi la speranza di rovinarsi per sempre, a patto che tutti gli altri – a cominciare da

“quelli la!” 

condividano la stessa sorte.

I Democratici Americani avevano la possibilita’, tramite Bernie Sanders, di provare a scrivere la Storia, e realizzare tutto quello che Obama sarebbe dovuto essere e non e’ stato. Forse neppure la sua ricetta avrebbe funzionato, purtroppo non lo sapremo mai perché a Sanders e’ stato impedito di partecipare. Così ora ci ritroviamo con la concreta possibilità che un tizio che solo due anni fa veniva accolto su un ring della WWE – la federazione di wrestling più famosa nel mondo – per partecipare ad un incontro di wrestling venga ora accolto con tutti gli onori nella stanza ovale della Casa Bianca.

A prescindere dal risultato, dunque, il voto di martedì non sara’ un punto d’arrivo ma una tappa intermedia: da una parte un establishment in ginocchio davanti ai banchieri di Wall Street, rappresentato da una leader impresentabile; dall’altro, dopo la Brexit, i Pirati, i Grillini e Movimenti vari ed eventuali, un personaggio che normalmente sarebbe un barzelletta e che invece, dato il contesto, viene preso sul serio. Insomma, l’Umanita’ e’ pronta per un decisivo aumento di capitale nella start-up su cui da qualche tempo sta investendo tutto cio’ che le rimane: quella che ha come oggetto sociale il suicidio di se stessa.

 

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CAT: Partiti e politici

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