Altro che destra, a Torino i voti dei 5 stelle sono ex-Pd

15 Giugno 2016

Un piccolo (grande?) campanello d’allarme arriva, per il Pd, dai flussi elettorali torinesi. Già in passato si era registrato un significativo passaggio di elettori del maggiore partito di centro-sinistra in direzione del Movimento 5 stelle, in concomitanza con la leadership di Bersani, che veniva giudicato negativamente nella sua linea politica. Troppo vecchia, e troppo centrata sul consueto “teatrino” delle alleanze partitiche, secondo chi lasciava il Partito Democratico per approdare al movimento di Grillo.

Con l’avvento di Renzi, però, questa emorragia si era sostanzialmente arrestata: nei primi tempi della sua ascesa, il nuovo segretario del Pd era infatti riuscito a ben coniugare il bisogno di svecchiamento della politica, da una parte, con la solidità della tradizione, dall’altra. Non a caso i 5 stelle, nelle Europee del 2014, non riuscirono se non in parte a confermare il livello dei consensi dell’anno precedente. Avevo chiamato “renziani”, in un saggio del bel libro curato da Laudonio e Panarari (“Alfabeto Grillo”), quella parte di elettori M5s approdati al movimento perché delusi dal Pd di Bersani, ma poi tornati alla casa madre con la leadership del nuovo premier.

Per un po’ di tempo, il successivo ulteriore incremento dei pentastellati si era nutrito principalmente da fuoriusciti dal centro-destra, dimostratosi incapace di presentare un’alternativa credibile all’inevitabile tramonto politico di Berlusconi. In crisi e disunito, non pareva rappresentare più un avversario competitivo nei confronti del Pd. Da qui la scelta in favore del M5s, come sta accadendo anche in queste ore da parte di una parte significativa dell’elettorato di quell’area politica.

Ma a Torino è accaduto qualcosa di diverso. L’analisi dei flussi elettorali nel capoluogo piemontese, dalle ultime regionali (2014) ad oggi ci mostra un dato particolarmente interessante, e foriero di possibili sviluppi futuri. Quasi il 20% di chi nel 2014 aveva votato per Chiamparino, e per il Pd, al primo turno delle comunali ha scelto invece Chiara Appendino, tradendo di fatto il candidato uscente Piero Fassino. Una fuga molto significativa, che coinvolge soprattutto l’elettorato relativamente più giovane: tra i torinesi con meno di 45 anni, la competizione vede infatti primeggiare la candidata pentastellata, che non riesce peraltro ad intercettare quasi per nulla i consensi dei cittadini più anziani. Due Torino, quindi, si contrappongono in maniera netta: quella giovane, che sceglie il M5s, e quella anziana, che sceglie il Pd.

Oggi dunque la composizione dell’elettorato di Appendino è formata per oltre il 30% da elettori provenienti dal Pd e per il restante 70% da fedeli pentastellati, accanto a qualche modesto contributo proveniente dal centro-destra. Una storia che, fra breve, potrebbe riproporsi anche in altre situazioni locali o, addirittura, in un più ampio contesto nazionale? Avremo dunque fra non molto una contrapposizione tra il partito dei vecchi (il Pd), da una parte, contro il partito-movimento dei giovani (il M5s), dall’altra? Staremo a vedere. Non manca molto, probabilmente, ad una consultazione politica nazionale. Un anno al massimo.

TAG: Elezioni amminiatrative 2016
CAT: Partiti e politici

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