Cari politici, vi spiego il mio no

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13 Dicembre 2016

Visto che dalle parti del (l’ex) governo le analisi del voto referendario scarseggiano e visto che è quasi Natale, voglio regalarne una ai dirigenti del Pd and company che ci hanno martellato per mesi con il bastaunsì (e ora sembrano essersi dimenticati che esistiamo):

Carissimi,

sono una dei diciannove milioni di italiani che hanno bocciato la vostra riforma costituzionale.

Sono una tipica rappresentante dei “ceti medi impoveriti”: ho un tenore di vita decisamente inferiore a quello che fu dei miei genitori, scelgo accuratamente gli esami medici che posso permettermi, sono preoccupata per il futuro dei miei figli; ma non è stata la rabbia a guidare la mia matita sulla scheda del referendum.

Non ho votato no per mandare a casa il governo; ma non è bastato, per farmi cambiare idea, il rischio che il governo cadesse (con le connesse conseguenze catastrofiche che mi avete via via prospettato: “torneranno D’Alema e De Mita“, “anzi, arriverà il Trump italiano“, “anzi no, ci sarà il governo tecnico e noi non potremo scongiurarlo“, “le banche salteranno“, “gli spread cresceranno e guai a chi ha un mutuo“, ecc.) – forse perché sapevo che, in caso di vittoria del no, il Parlamento sarebbe rimasto lo stesso, la maggioranza tal quale e il peggio che potevo aspettarmi era un sereno, democristianissimo rimpasto (e infatti).

Men che meno ho scelto il no perché “odio Renzi“, come il Nostro ha egocentricamente pensato. Non che lo abbia in grande stima, ma insomma: il mio voto non è stato certo un fatto personale tra lui e me (ragion per cui il suo momentaneo “passo indietro” non mi importa affatto, né nel bene, né nel male).

Ho votato no perché mi avete detto che bastava un per avere ciò che proprio non volevo.

Mi avete ripetuto (fino alla nausea) che bastava un sì per avere governi più stabili. Ma ciò che voglio io è un governo che ascolti i cittadini – e la stabilità artificiosa del , regalata da un premio di maggioranza spropositato, avrebbe solo reso i prossimi esecutivi ancor più sordi e autoreferenziali. Negli ultimi cinque anni, pur essendo passati tre governi e mezzo, la linea politica che era scritta nell’ “agenda Monti” non è mai stata messa in discussione, sebbene fosse stata bocciata da noi elettori nel voto del 2013: davvero credevate che il mio problema fossero le facce diverse che la stavano realizzando?

Mi avete martellato con gli slogan sul ping pong parlamentare e sulla lentezza legislativa da eliminare; ma da cinque anni in qua ho visto tutti i governi procedere rapidissimi per approvare le “riforme” più dolorose – sulle pensioni, sul lavoro, sulla scuola.  Allora, perché mai avrei dovuto apprezzare la velocità?

Oggi del mio voto già non vi importa più nulla; siete troppo concentrati sul nuovo governo e sulle leggi elettorali da riscrivere. Vi prego, non costringetemi a gridare ancora più forte…

 

 

 

 

 

TAG: governo, referendum, Riforma costituzionale
CAT: Partiti e politici

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