Comunali, disfatta del M5S. Pesano i flop di Virginia Raggi e Chiara Appendino
Chi semina vento raccoglie tempesta. Il Movimento 5 Stelle ottiene un risultato disastroso alle elezioni amministrative, restando fuori dai ballottaggi in tutte grandi città dove si è votato. Un risultato al di sotto di ogni previsione che vede il partito della Casaleggio Associati staccato di molti punti non solo dal centrosinistra a guida Pd, ma anche da un centrodestra in forte ripresa. I candidati grillini sono fuori dai giochi a Palermo, dove il sempreverde Leoluca Orlando vince al primo turno, a Genova, dove malgrado i proclami trionfali di Grillo al ballottaggio andranno Marco Bucci (centrodestra) e Giovanni Crivello (centrosinistra), a Parma, dove il fuoriuscito Federico Pizzarotti al secondo turno potrebbe regalare un gran dispiacere al suo ex partito, ma dovrà vedersela con Paolo Scarpa (centrosinistra) e a Verona, dove Federico Sboarina (centrodestra) andrà al ballottaggio con Patrizia Bisinella (Fare + civiche). Anche a L’Aquila la musica non cambia, con Americo Di Benedetto (centrosinistra) e Pieluigi Biondi (centrodestra) che si contenderanno la poltrona di sindaco. In molte altre città, i candidati grillini non arrivano a doppia cifra.
È evidente che su questo voto hanno pesato come macigni le disastrose esperienze delle amministrazioni targate M5S. Nei pochi comuni amministrati, il partito animato dal comicoleader genovese ha dato prova di non essere in grado di gestire neanche l’ordinario, in parte per l’inesperienza del personale politico messo in campo, in parte per la fumosità dei programmi elettorali, libri dei sogni forse efficaci per ottenere consensi, ma totalmente irrealizzabili alla prova dei fatti. E se a questo aggiungiamo il discreto numero di guai giudiziari che coinvolgono esponenti del Movimento (tantissimi se messi in relazione al numero complessivo di eletti), ecco che emergono tutti i limiti di una forza politica basata sulle esibizioni di alcuni figuranti utili a portare click sui siti di una società privata, ma totalmente inabili a gestire alcunché.
Ovviamente, le maggiori indiziate del crollo di consensi del Movimento 5 Stelle (che si registra da nord a sud del paese) sono il sindaco di Torino, Chiara Appendino e soprattutto quello di Roma, Virginia Raggi. La prima, ancora nell’occhio del ciclone per i fatti di Piazza San Carlo, ha da poco “licenziato” l’assessore all’Ambiente e Rifiuti, Stefania Giannuzzi e ceduto molte delle deleghe che teneva per sé. L’intento appare chiaro: da un lato trovare un capro espiatorio per i 1.527 feriti della finale di Champions, dall’altro sfuggire alle critiche di chi – dentro e fuori il M5S – la accusava di voler accentrare tutto. Quanto alla Capitale, il disastro messo in atto dell’ex praticante dello Studio Legale Sammarco somiglia sempre più a un film catastrofico hollywoodiano: dall’infinita telenovela delle nomine di una giunta che non sembra trovar pace, all’inchiesta giudiziaria che coinvolge la stessa Raggi, dalle montagne di spazzatura ormai ben visibili in tutta la città, alla paralisi del trasporto pubblico, dalle invasioni di ratti e gabbiani (che stanno combattendo una guerra senza esclusione di colpi per la conquista del territorio), alle sortite dei cinghiali, soprattutto nella periferia nord. La Capitale è una città in decomposizione, la sua crisi è ormai visibile a tutti e non stupisce che, secondo un recente sondaggio, se si votasse oggi Virginia Raggi non arriverebbe neanche al ballottaggio, perdendo gran parte dei consensi conquistati appena un anno fa.
Come va sempre ricordato in questi casi, è sbagliato proiettare il risultato di un voto amministrativo sul consenso delle forze politiche su scala nazionale. I profili dei candidati e le preferenze che questi riescono ad attrarre su di loro possono pesare molto più dei partiti che li sostengono. È però un fatto che in città dove il M5S era quotato, come nella Genova di Beppe Grillo e a Palermo, il partito della Casaleggio Associati si ferma ben sotto il 20%. Così come è un fatto la rinascita del centrodestra, che forte della trazione leghista recupera consensi un po’ ovunque. L’impressione è che una parte dell’elettorato berlusconiano sia tornato all’ovile dopo aver sperimentato l’evanescenza grillina, confluendo nella Lega di Matteo Salvini. Volendo quindi individuare una chiave di lettura, il nuovo scenario che si apre in queste ore è un ritorno delle coalizioni tradizionali e un arretramento del partito dell’uomo qualunque, affondato non dalle altrui virtù, ma dalle proprie miserie…
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