Un romantico a Milano: ho perso le elezioni ma ho ancora voglia di stupirmi
Io ho perso le elezioni. Non ho proprio nulla da festeggiare, perché ho perso le elezioni. Solo che non le ho perse il 19 giugno. […]
Finalmente i flussi elettorali, quelli veri, basati non su sondaggi ma dall’analisi di tutti i voti reali, a partire dalle oltre 1200 sezioni elettorali di Milano. Si chiama “modello di Goodman”, ed è un modello statistico che permette di avere le stime più probabili del comportamento degli elettori in due consultazioni. E non sto a dirvi di più, talmente è complicato.
Alcuni, come D’Alimonte e De Sio l’hanno già utilizzato, ma per confrontare tra loro le comunali del 2011 con quelle del 2016. Paragone che a me pare molto difficoltoso, perché da 5 anni fa ci sono state di mezzo troppe elezioni e quindi molti possibili cambiamenti nelle scelte individuali, oltre al fatto che allora i 5 stelle praticamente non esistevano. Ho preso invece in considerazione le politiche del 2013, come base di confronto, invece che le Europee, più vicine ma anche molto diverse e un effetto Renzi troppo distorsivo. Cosa emerge dunque dall’analisi?
Prima di tutto guardiamo alle astensioni. Come accade sempre più spesso, si è mobilitato anche in questa occasione soprattutto l’elettorato che aveva un candidato in grado di vincere: quindi la quota di partecipazione è stata molto elevata in particolare per il Pd (90%), per la Lega (83%) e per Forza Italia (80%). Hanno invece disertato circa la metà dei 5 stelle e degli ex-montiani. Un discorso a parte riguarda i due raggruppamenti di sinistra: conosciamo bene le forti critiche su Sala provenienti dall’area di Sel, Rifondazione e Sinistra Italiana, dubbi che hanno portato gli elettori vicini a quell’area a comportamenti abbastanza diversificati.Molti si sono astenuti, mentre chi è andato a votare si è diviso in parte quasi simile sui tre candidati dei partiti che nel 2011 sosteneva Pisapia.
Una forte fedeltà di fondo è arrivata dall’elettorato dei tre partiti meno astensionisti: Pd, Forza Italia e Lega registrano tassi di fedeltà molto simili nei confronti del proprio candidato, tra il 70 e l’80. Non così accade per i 5 stelle: già decurtato dalla scarsa partecipazione, Corrado ha vissuto un livello di appoggio dal suo popolo molto limitato. Meno del 30% lo ha votato, mentre una quota quasi simile ha optato per Parisi, soprattutto, e per Sala.
Certamente un comportamento assai strano, quello tenuto da chi nel 2013 e nel 2014 aveva comunque scelto il movimento fondato da Grillo. Dei 130mila milanesi delle politiche ne sono rimasti poco più di un quarto, 35mila circa. Le ragioni potrebbero essere molte: forse un candidato non ben giudicato, dopo il difficile percorso che ha portato alla scelta di Corrado; forse la percezione di non poter entrare realmente nella competizione per la vittoria; forse ancora un ridimensionamento della carica critica dei milanesi nei confronti di chi ha governato la città. Certo è che, in un momento di forte crescita anche in altre importanti città, Torino e soprattutto Roma, i 5 stelle a Milano sono sì aumentati rispetto al 2011, ma manifestano una forte involuzione nei più recenti consensi.
Un ultimo dato è ancora interessante. Dal 2011 ad oggi le due aree politiche maggiori (destra e sinistra, diciamo così) registrano a Milano una costante contrazione di elettori: erano 600mila nel 2011, ora sono ridotti a 450mila, passando dai quasi 500mila delle politiche. All’interno di questo trend negativo, chi ne soffre di più è la destra, che presenta un distacco dalla sinistra progressivamente maggiore. Dal quasi pareggio di 5 anni fa (-3mila), oggi l’elettorato di destra è distaccato di oltre 30mila voti. Come dire: i milanesi si identificano sempre meno con le due maggiori aree politiche (in favore spesso dell’astensionismo, a volte di altre formazioni) ma chi abbandona la propria parte politica maggiormente è quello vicino al centro-destra. E la sinistra ne beneficia.
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Dati molto interessanti. Io farei un confronto anche con le regionali del 2013 perché in quell’occasione gli elettori del Movimento 5 stelle e di Scelta Civica di Monti non premiarono i rispettivi candidati locali. Su Milano città questo assetto portò al prevalere di Umberto Ambrosoli, benché alla fine uscì sconfitto a livello regionale.