Il “caso Morisi” non è una vicenda personale, è un enorme fatto politico
La droga, gli extracomunitari, gli omosessuali, la prostituzione. Come ha fatto notare Massimo Mantellini, nel “caso Morisi” troviamo quasi tutti i temi più cari alla Lega, quelli che negli ultimi anni sono stati utilizzati in modo scientifico da quella macchina della propaganda denominata “La Bestia” che l’ex guru della comunicazione di Matteo Salvini ha creato e quotidianamente alimentato.
Per questo ridurre l’accaduto a una vicenda personale, alle “debolezze” di un uomo finite in pasto all’opinione pubblica per quello che Matteo Salvini ha avuto il coraggio di definire il “guardonismo imbarazzante” di certa stampa, è offendere l’intelligenza di tutti noi. «Io non faccio battaglia politica sbirciando e spiando dal buco della serratura di notte», ha detto lo stesso leader che per un sentito dire andò a citofonare a casa di un presunto spacciatore con telecamere al seguito. No, il “caso Morisi” non è affatto una vicenda personale, non è un gossip morboso, è un enorme fatto politico. Nessuno oggi avrebbe un giudizio così severo su Luca Morisi se lo stesso non avesse inquinato l’opinione pubblica e dato fiato alla parte peggiore dell’Italia, a chi esulta sui social quando un migrante annega in mare, a chi considera gli omosessuali dei malati da discriminare.
Il filosofo che fino a ieri manipolava i bassi istinti dei fan più sfegatati del “capitano” non è uno qualsiasi, è stato per anni la mente di un’operazione pianificata per abbrutire una parte della popolazione, fomentandola contro dei nemici ben precisi: dei nemici facili, dei nemici deboli che non potevano difendersi. Nemici utilizzati per dare ai penultimi degli ultimi da bullizzare, per distogliere l’attenzione sui problemi reali del Paese, quelli che il politico sponsorizzato dalla macchina della propaganda social non era e non è in grado di risolvere per manifesta incapacità. E indagare su ciò che è accaduto in quella cascina a Belfiore non è vendetta, è rendere giustizia: una giustizia morale a tutte le vittime di quella comunicazione violenta e carica d’odio che tante persone ha ferito. Saranno poi i tribunali ad accertare eventuali responsabilità penali, ma questa è una parte della vicenda quasi marginale, quasi irrilevante.
Matteo Salvini si chiede chi restituirà la dignità a Luca Morisi, ma prima di pensare alla dignità di Luca Morisi, il suo ex datore di lavoro dovrebbe preoccuparsi della dignità di tutte le persone che Morisi ha messo alla gogna utilizzando il suo bel faccione: dalle ventenni esposte alle pulsioni animali di potenziali delinquenti, ai migranti utilizzati quotidianamente per fomentare odio razziale. Da Sergio Echamanov, 21 anni, dileggiato davanti a milioni di persone perché durante un discorso in piazza incespicava, a Stefano Cucchi, definito un drogato per difendere le ragioni dei suoi assassini in divisa.
Matteo Salvini, prima di pensare alla dignità di Luca Morisi, si preoccupi della dignità delle persone contro cui il suo ex capo della comunicazione ha veicolato la violenza della parte peggiore del nostro popolo, di quel popolino che ha quotidianamente nutrito di rabbia, di rancore, di ignoranza. Matteo Salvini, prima di pensare alla dignità di Luca Morisi, si preoccupi del male che Luca Morisi ha fatto all’Italia, su suo preciso mandato.
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