Durante la prima fase della pandemia, in aprile-maggio, il governo e il suo leader Giuseppe Conte godevano come sappiamo di ottima salute, al contrario ahimè di molti cittadini. Da un gradimento medio, se non mediocre, dei primi mesi dell’esecutivo giallo-rosso, si passò in breve tempo a indici di fiducia superlativi, prossimi al 65-70% di chi esprimeva un giudizio su di loro. La presenza rassicurante di un Presidente del Consiglio che pareva avere sotto controllo le principali decisioni da prendere, anche quelle più impopolari, portarono molti italiani a fidarsi di un’azione di governo che sarebbe riuscita di lì a poco a fermare l’infezione galoppante nel nostro paese, al contrario di quanto stava accadendo nei paesi limitrofi.
L’eccellente livello di gradimento è rimasto pressoché immutato per i mesi successivi, che hanno visto l’esecutivo positivamente impegnato a richiedere all’Europa i necessari fondi monetari per l’emergenza sanitaria, al di là della noiosa, per certi versi insensata, contesa sul Mes. Il contagio sembrava sotto controllo, le infezioni, nonostante qualche focolaio e qualche personaggio eccellente colpito, si mantenevano entro numerosità accattabili e non particolarmente allarmanti.
Poi, quasi all’improvviso, sebbene se ne parlasse da settimane, è accaduto ciò che molti si aspettavano, o temevano: la curva dei contagiati si è innalzata, i deceduti si sono moltiplicati, giorno dopo giorno, i ricoveri in terapia intensiva sono tornati ad essere molto simili a quanto accadeva nella primavera precedente. A scuole e uffici riaperti, con il trasporto pubblico spesso impossibilitato a far mantenere distanze di sicurezza, e con una comprensibile riduzione dell’attenzione da parte dei cittadini, le cose sono iniziate di nuovo a precipitare.
E, altrettanto improvvisamente, ci si è resi conto del sostanziale immobilismo del governo negli ultimi mesi: anziché predisporre per tempo tutte le misure necessarie, sanitarie e logistiche, per fronteggiare il probabile ritorno di fiamma della pandemia, che quasi tutti avevano preconizzato, si è quasi adagiato sui successi precedenti, incrementando oltretutto la conflittualità interna, tra il Pd e il M5s, tra Renzi e il Pd, tra il M5s e Renzi. Dopo lo scampato pericolo, nessuno ha badato in modo costante e soddisfacente al nuovo imminente pericolo.
E anche gli italiani, anche l’opinione pubblica, anche gli elettori se ne sono accorti, della sostanziale impreparazione ad affrontare in maniera decisa la ripresa pandemica. Così l’umore nei confronti di Conte e del suo esecutivo sta cominciando a mutare. Il trend di fiducia verso di loro ha iniziato a scemare in maniera significativa, tornando sotto il 60% di valutazioni positive e, mi immagino, ancor peggio andrà nelle prossime settimane.
A meno di una (forse improbabile) azione forte e incisiva per combattere la ripresa dell’incubo pandemico, il governo rischia ora l’impopolarità.
Università degli Studi di Milano
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lei è un disonesto intellettuale: sa benissimo (e se non lo sa è grave, cambi mestiere) che la quasi totalità delle sue accuse contro il Governo centrale sono in realtà da attribuirsi a quello locale: se la prenda coi governatori delle regioni, che hanno ricevuto fondi e attrezzature ma non hanno fatto il loro dovere, o che hanno permesso che gli italioti si ammassassero sulle spiagge come in passato o nelle discoteche: nessuno ha vigilato e fatto rispettare le regole essenziali che non sono mai state abrogate! Ma pur di dare addosso a Conte che è un galantuomo, non ruba e (soprattutto) non lascia rubare o almeno ci prova, siete in troppi disposti a vendere la madre a un nano