La fabbrica dell’astensione

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27 Novembre 2014

Fuori dagli schemi preconfezionati che immergono l’analisi postelettorale in un dibattito noioso e pesante, con tanti diagrammi e confronti improbabili resta solo l’amarezza di un paese che vede prosciugare l’idea stessa di democrazia, dove ognuno conta, con diritti e doveri, e la partecipazione è una cosa seria che va costruita ogni giorno.

La settimana-tipo si svolge tra talk show dove diversi personaggi urlanti discutono di questioni spesso ininfluenti, marcando la distanza tra la realtà quotidiana e il dibattito politico che è rivolto altrove.

Nel frattempo succedono cose che rischiano di diventare normali ma che, in un paese normale, progredito e tra i fondatori delle democrazie occidentali, normali non sono: frane, alluvioni; scuole che stentano a funzionare con insegnanti precari, senza obiettivi e motivazione; periferie degradate dove l’abbandono è stratificato, come le ere geologiche; musei e teatri che si spengono perché c’è chi ha detto che “con la cultura non si mangia”; parchi e aree naturali che subiscono tagli e lottizzazioni; trasporto pubblico neanche a parlarne perché significherebbe parlare d’altro.

Nel fine settimana c’è un’accelerazione del lavoro della Fabbrica: si intensificano le uscite a effetto: il blitz nei dintorni del campo rom; la polemica sulla manifestazione sindacale che non avrebbe dovuto esserci; il retroscena sulle mazzette di quello o di quell’altro, con alchimie variabili che prevedono la ramificazione internazionale tra paesi off shore che fanno più intrigante la vicenda.

Per concludere un bell’affondo di Report e Presa Diretta che ti raccontano di come l’Italia viva come in un reality show, con l’emergenza criminalità e ambientale dentro casa, al Nord come al Sud: ma questo è un effetto che colpisce in pochi perché il lunedì mattina ricomincia il solito tran tran.

Vietato stupirsi se, dopo 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino qui, in Italia si continui a discutere sempre del nulla, senza la capacità di costruire, investendo, sul futuro di un paese che è fatto, non solo di infrastrutture materiali, ma, soprattutto di capitale sociale.

È triste vedere che è ancora il padrone del bunga bunga a giocare con il destino di una nazione, accompagnato da coloro che 25 anni fa stavano lì, quando il Muro era ancora in piedi. Muro ideale che consente che il tema innovazione e ricambio generazionale sia solo un argomento buono per dibattiti e presentazioni di libri (che nessuno leggerà).

L’astensione è l’unico prodotto made in Italy che non conosce crisi: la Fabbrica lavora a ciclo continuo, costruendo sempre nuove versioni della voglia di dire “non con il mio voto”.

 

 

TAG: astensionismo, capitale sociale, emilia romagna, Muro di Berlino, politica
CAT: Partiti e politici

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