La scomoda verità sui “vitalizi d’oro”. Se a subire l’ingiustizia è il politico

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15 Dicembre 2016

In un paese dove si possono incontrare sedicenti gruppi di “forconi” a simulare arresti di piazza e dove ogni politico raffigura “il male assoluto” agli occhi di una fetta consistente dell’opinione pubblica, parlare di un’ingiustizia che molti parlamentari eletti alla prima legislatura rischiano di subire è sicuramente cosa assai impopolare. Tuttavia, il mestiere di chi informa – malgrado il proliferare di molti “cattivi maestri” – non dovrebbe essere quello di sollazzare le viscere di una plebe ignorante e rabbiosa, ma semplicemente quello di raccontare la verità.

Parliamo quindi dei cosiddetti “vitalizi d’oro”, quelli che secondo molti potrebbero spingere i 596 onorevoli di primo mandato a prolungare la vita della legislatura in corso fino alla fatidica data del 16 settembre del 2017, per raggiungere così il traguardo dei quattro anni e sei mesi, utile per accedere all’ignobile privilegio riservato alla Kasta (!!11!!11!!).

In realtà, dal 30 gennaio del 2012, i vitalizi sono stati aboliti e sostituiti da un sistema previdenziale determinato con il sistema contributivo, calcolato moltiplicando il montante individuale dei contributi maturati dal singolo deputato per il coefficiente di trasformazione relativo all’età del deputato al momento del conseguimento del diritto alla pensione. In parole povere, gli odiati parlamentari si pagano i contributi come ogni lavoratore, ma con una sostanziale differenza: se interrompono l’attività prima dei cinque anni (che diventano quattro anni e sei mesi secondo il calcolo pensionistico), perdono i contributi versati fino a quel momento e non possono integrare il periodo mancante versandosi i contributi volontari.

Anche sulle cifre degli assegni che gli eletti percepirebbero solo al raggiungimento dei 65 anni di età, siamo ben lontani dai numeri di un tempo: si va infatti dai 900 ai 1.500 euro mensili. Una buona pensione (rapportata anche al periodo necessario per maturarla) ma non certo un vergognoso privilegio. Ultimo appunto: i parlamentari che prima di essere eletti svolgevano altri lavori, nella maggior parte dei casi continuano a pagare i contributi alla loro cassa pensionistica di riferimento per evitare un “buco” nei versamenti, questo perché i 918 euro e 28 centesimi che ogni mese gli vengono trattenuti non competono a nessun istituto previdenziale. E se andiamo a vedere dove finiscono questi contributi (ad oggi parliamo di circa 50mila euro, secondo i calcoli), scopriamo che oltre il danno c’è la beffa. I soldi che i nostri “odiati politici” potrebbero non vedere mai, sono infatti gestiti dalla cassa della Camera dei Deputati, quella che paga i “vitalizi d’oro” (quelli veri) dei politici delle legislature precedenti a quella che era in carica nel 2012.

Un esempio surreale di questa stortura, riguarda proprio l’ignobile assalto dei “forconi” al povero ex deputato Osvaldo Napoli. Come ha fatto notare la deputata dem Giuditta Pini con un post sul suo profilo Facebook, l’uomo che nel video che vi mostriamo difende le ragioni di quella ciurma di esaltati è Antonio Pappalardo, ex Generale dei Carabinieri nonché ex sottosegretario di Stato. Un signore che per delirare in pubblica piazza percepisce un vitalizio di 3.108 euro al mese, maturato dopo appena una legislatura alla Camera dei Deputati. È proprio il caso di dirlo: non ci sono più i vitalizi di una volta…

 

 

TAG: Antonio Pappalardo, forconi, Osvaldo Napoli, pensioni, pensioni dei parlamentari, vitalizi, vitalizi d'oro
CAT: Partiti e politici

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