La strada minore del PD

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27 Maggio 2020

Il Pd, castrato dei suoi attributi ideologici, ha trasformato una buona fetta della popolazione in un elettorato passivo e disincantato. Le correnti al suo interno sono spifferi di aria rarefatta e nauseabonda. Niente di fresco, di palpitante, men che meno di rigenerante. Aria umidiccia, irrespirabile, insalubre! Nella logica rancorosa dei dissidenti e nella presunzione di forza della maggioranza organizzata, il PD, nel corso della sua ennesima trasformazione, si è rinsecchito ancora, alleggerendosi di un gruppo di contrasto interno, che ha scelto la prospettiva di dar luogo a partitini della sinistra sopravanzata e démodé.

Cambia la società, mutano gli assetti politici, ma il PD resta lo stesso: una miscellanea eterogenea di ambizioni spropositate e proponimenti di potere del tutto sfasati e scombinati. Il partito della nazione, si diceva. Il partito dell’indolenza, direi. Il PD, anche in questo frangente, dove la fase più delicata del lockdown sembra essere passata, rimane uno schieramento intellettualmente lento, fiacco, pigro. Si avvia, dunque, senza un minimo sforzo di elaborazione culturale, a diventare una forza vagamente e genericamente progressista, lasciandosi definitivamente alle spalle i retaggi di un sapere eminentemente di sinistra. Il processo asettico e nevrastenico che porta dritto al passaggio successivo e provvisorio di una delle formazioni politiche più autolesioniste della storia politica europea, ancora una volta ci consegnerà, a breve, un PD intontito e frastornato alla ricerca perenne di un assetto che ne garantisca il ruolo parlamentare, non importa se fuori dalla storia e dalla realtà.

Il Pd, con il suo fracasso amplificato, distante da qualsiasi confronto programmatico e ideologico con i suoi elettori,  è riuscito nell’impresa di trasformare una moltitudine romantica, emotiva e fiduciosa nel riscatto dei valori universali della sinistra democratica, in un ammasso di disamorati della politica. Questo, è il suo imperdonabile delitto ideologico! Si aggiunga che all’interno della sua struttura partitica non vibrano laboratori politici per l’applicazione moderna e dinamica dei valori socialdemocratici, o studi di settore per ridurre la disoccupazione e incentivare l’economia, ma cricche separatiste e assetti organici in disputa tra di loro, il cui atteggiamento concitato e così poco riflessivo rimane un punto interrogativo inconcepibile, proprio perché relativo alla classe dirigente di un partito che, tendenzialmente, in passato, si predisponeva al dialogo meticoloso e alle proposte di contenuto.

Nei sofismi vacui costruiti a sostegno dell’evoluzione dell’organismo partitico, nel linguaggio patetico della demagogia speculativa e nei proclami astiosi degli scissionisti, il Pd viene concepito come un involucro di speranze deluse, privo di qualsiasi slancio che possa conferirgli un ruolo consistente per illuminare la ripresa di una nazione come la nostra.

L’imperativo categorico diventa, pertanto, l’impegno unilaterale di una politica di forma e sostanza che dia una ben ponderata e precisa identità a un partito perpetuamente in divenire, che ha tranciato in scioltezza ogni legame col passato più glorioso e significativo, tanto che una qualsiasi posizione morale di Berlinguer risulterebbe, oggi, essergli finanche estranea. Eviti, dunque, il Pd, di finire per assumere la forma dell’acqua, adagiandosi alle linee estetiche di qualsiasi contenitore che abbia un peso specifico.

Un PD privo di P (fosforo) e in versione di H2O (acqua) riempirebbe le otri di un apparato di comando, lasciando a secco la pianta dell’ideologia e della coerenza. Sarebbe auspicabile che all’interno del suo ambito decisionale si smettesse di cercare con ossessione un leader funzionale alle esigenze  dell’establishment, bandendo ogni strategia che possa portare a individuare un’anima e una mente in grado di rappresentare in maniera consona la base ipercritica, maturata a dismisura rispetto al suo apice, sprofondato, ormai, in una sorta di sonnambulismo intellettuale che ha dell’inaudito.

Infine, il Pd, un partito originariamente proiettato verso alte forme di progresso e di conoscenza, non può, oggi, fungere da deterrente alla possibilità di neutralizzare il populismo ancora insistente, percorrendo una strada che va in direzione opposta a quella della politica partecipativa, insita nella sua genesi.

TAG: Pd, politica italiana, populismo
CAT: Partiti e politici

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