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Partiti e politici

Le distorsioni percettive sugli esiti del voto causate dai sondaggi

di Paolo Natale
30 Settembre 2022

Il Partito Democratico è cresciuto, sia pur di poco, rispetto alle precedenti politiche, ma pare abbia perso; Forza Italia si è quasi dimezzata ma sembra quasi abbia vinto, e lo stesso è accaduto per quanto riguarda il Movimento 5 stelle. E così via per molti degli altri partiti. Perché le percezioni dell’opinione pubblica sono così distorte? Per due ordini di motivi: il primo è legato alle aspettative dei commentatori e delle stesse forze politiche, il secondo, molto più rilevante, tra origine dalle stime ricavate dalle rilevazioni demoscopiche.
Il giudizio sulle performance dei partiti è profondamente correlato con ciò che sembra debba accadere sulla base della pubblicazione dei sondaggi nel periodo immediatamente antecedente il voto. Il caso più eclatante si è verificato nel lontano 2006. In quell’anno, quasi tutti i sondaggi effettuati nei mesi antecedenti le elezioni fornivano stime di voto in cui il distacco tra Prodi e Berlusconi veniva quantificato in quasi il 10%, per poi ridursi a 4-5% nell’ultimo periodo, quando infine il giorno del voto il vantaggio reale della coalizione di centro-sinistra si limitò a nemmeno un punto percentuale (+0.7%).
La scarsa desiderabilità sociale del voto in direzione di Berlusconi era stata registrata da quasi tutti gli istituti di ricerca, con il risultato che il reale responso delle urne (un sostanziale pareggio) si trasformò in una vera e propria sorpresa per quasi tutti. Il mondo dei sondaggi aveva in definitiva prodotto una situazione-mostro che si ritorceva negativamente su quello stesso mondo: la lettura del pareggio, nei risultati elettorali definitivi, venne a sua volta distorta dalle aspettative della vigilia generate dalle indagini demoscopiche. E la sconfitta di Berlusconi, che nel voto proporzionale aveva perso in cinque anni quasi il 10% dei consensi, venne registrata dunque dai media come una sua quasi vittoria.
Non molto dissimile è stata la situazione all’indomani del voto del 25 settembre: il Partito Democratico ha preso il 19% dei voti circa, qualcosa in più di quanto aveva ottenuto nel 2018, le precedenti politiche, ma in una situazione molto più difficoltosa (reduce da un lungo periodo di governo) e con due avversari di area simile piuttosto battaglieri, con alle spalle oltretutto una lunga militanza nello stesso Pd (Renzi segretario per 5 anni e Calenda eletto nelle sue fila alle europee, con un numero elevatissimo di preferenze).
Resistere a quel livello di consensi, con una coalizione relativamente debole, non era certo molto semplice, considerando l’appeal del duo Azione-ItaliaViva, capaci di “rubargli” significative fette di elettorato soprattutto nelle aree dove il Pd è ultimamente relativamente forte, vale a dire nelle grandi metropoli. Una situazione plasticamente simboleggiata da quanto accaduto nel Municipio 1 di Milano, roccaforte dem nelle ultime 3-4 elezioni (con oltre il 40% dei voti), dove il partito ha subito una sorta di tracollo, perdendo quasi la metà di quei voti, passati direttamente a Scalfarotto, un altro dei recenti fuoriusciti dal Pd. Giocare contro un nemico vicino di casa, da poco andatosene e capace di ottenere un 7-8% di consensi, ci porta a dire che il risultato ottenuto dal Partito Democratico non è poi così negativo. Ma le aspettative di una competizione serrata con Fratelli d’Italia per il primo posto, come evidenziavano gli ultimi sondaggi utili, hanno prodotto questa narrazione di cocente sconfitta.
Una situazione per certi versi uguale e contraria quella che riguarda ad esempio Forza Italia (per cui si ipotizzava una debacle che non è poi avvenuta), o ancora il Movimento 5 stelle che, pur perdendo quasi la metà dei suoi antichi elettori, è stato salutato come una sorta di vincente delle ultime elezioni. Per quale motivo? Semplicemente perché le stime dei mesi precedenti lo vedevano in costante declino e forse destinato a non riuscire a superare nemmeno la soglia del 10%, verso la definitiva scomparsa come importante forza politica. Così, la “rimonta” di Conte delle ultime settimane si è repentinamente trasformata in una sorta di vittoria. Potenza dei sondaggi, ai quali nessuno dice di credere, ma che poi si rivelano decisivi nella percezione dell’opinione pubblica all’indomani del voto!

Università degli studi di Milano

Conte movimento 5 stelle Pd sondaggi
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