Virginia Raggi vince il primo braccio di ferro: la Lombardi lascia il direttorio
Sul suo profilo Facebook parla di “polemiche che interessano solo ai giornalisti”. Eppure lo strappo c’è stato, al di là delle dichiarazioni di facciata di […]
Si sta discutendo molto sul rapporto tra il referendum istituzionale previsto per ottobre e le elezioni amministrative, moltissime delle quali sono chiamate ai ballottaggi in calendario per domenica prossima. Occorre distinguere tra le numerose elezioni amministrative per cosi dire minori e i ballottaggi chiamati a decidere l’elezione a sindaco in alcune grandi città.
Nelle prime appare di tutta evidenza il rilievo preminente per i risultati conseguiti dai singoli partiti laddove questi si siano presentati con i propri simboli e non – come appare significativamente – con le più variegate cosiddette liste civiche: nella fase socio-politica che stiamo vivendo, infatti, i partiti si nascondono spesso dietro lista civiche quasi che la moda politica del momento esprima una valutazione politica negativa per identità partitica in quanto tale rendendo la lista civica quasi di per sé preferibile. Stiamo infatti attraversando una fase politico-socio-istituzionale che per un verso appare segnata da una sorta di stagione che si potrebbe dire sturziana, che privilegia in sede amministrativa locale la dimensione civica e non partitica della vita comunitaria locale – quasi a significare che la politica è per sua natura nazionale come sembra voler dire lo stesso articolo 49 della costituzione che parla dei partiti forse soltanto in riferimento alla politica nazionale – ed una stagione di progressivo giudizio negativo dei partiti politici in un contesto di contrapposizione quasi ideologica tra il bene ed il male, il primo rappesentato appunto dalla società civile e il secondo proprio dai partiti politici.
Questa contrapposizione tra la sociatà civile da un lato e i partiti politici dall’altro appare pertanto caratterizzare la parte prevalente delle elezioni amministrative per così dire minori ponendole in una sorta di cono d’ombra che le sottrae alla vista oggi degli analisti nazionali e domani alla valutazione complessiva dei risultati politici per così dire nazionali. Da questo punto di vista, pertanto, sembra non esservi alcun rapporto immediato tra le elezioni amministrative locali e il referendum istituzionale di ottobre. Questo, infatti, assume per sua natura una valore prevalentemente politico nazionale sì che il rapporto tra partiti e società civile andrà valutato alla luce della complessiva capacità dei partiti di farsi capaci di cogliere le pulsioni generali provenienti proprio dalla società in chiave politica generale e non più locale.
Diverso – profondamente diverso – è il ragionamento da farsi in riferimento alle elezioni amministrative delle grandi città. In queste infatti i partiti si presentano ovunque con i propri simboli e danno vita ad un contesto politico nazionale destinato ad avere conseguenze significative per ciascun partito anche in vista dl referendum istituzionale di ottobre. Siamo in tal caso di un vero e proprio intreccio politico-istituzionale.
Se da un lato non può porsi alcun rapporto diretto tra risultato delle elezioni amministrative nelle diverse città e governo in carica ( sì che ben può il governo restare in carica perché n on è in gioco il rapporto di fiducia tra governo e parlamento ) non vi è del pari dubbio che si è una connessione profonda tra la polarità politica che emergerà dai ballottaggi ed il referendum istituzionale di ottobre. Occorre peraltro distinguere tra le prospettive referendarie di quanti – come è nel caso del PD -tendono ad un mondo politico post-fererendario anche formalmente bipolare e quanti al contrario cercano proprio nelle elezioni amministrative una evoluzione quanto meno tripolare delle vita politica nazionale seppur con un tripolarismo non coincidente con i ballottaggio in lacendario per la prossima domenica.
Occorre infatti aver presente che l’effetto politico tripolare è complessivo ma non si sostanzia in ballottaggi omogenei in tutte le maggiori città: se infatti a Torino e a Roma il Movimento 5 Stelle è direttamente impegnato, a Milano, a Napoli e a Bologna esso è assente nei ballottaggi. In queste città, infatti, sono presenti ballottaggi del tutto diversi con una sorta di centro-destra vecchio stile a Milano e vecchio-nuovissimo a Napoli, laddove soltanto a Bologna è in gioco la Lega in una ipotesi che può evolvere nel senso di un ipotetico centro-destra senza la componente di centro che si richiama ad area popolare o persino della frantumazione dell’ala di destra dall’ala di centro.
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