L’Italia di oggi, un Paese senza guida certa

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16 Aprile 2020

Osservando quanto accade senza lasciarsi trascinare da simpatie o antipatie, appare evidente la grande confusione e contraddittorietà delle risposte date o, piuttosto, non date alla contingente emergenza sanitaria imposta dalla pandemia, da chi ha la responsabilità di guidare il Paese in questo grave momento.

La pessima riforma del titolo V della Costituzione, che ebbe in D’Alema il suo patrocinatore, promossa per rispondere all’emergenza secessionista avanzata dalla Lega Nord, ha portato alla creazione di una pluralità centri di potere che, di fatto, impediscono una risposta unitaria e coerente anche su quei comparti fondamentali della vita del Paese che, razionalmente, non dovrebbero essere territorialmente differenziati.

E’ inconcepibile, in una Paese che non è uno stato federale, che ogni presidente della regione – non governatore come una superficiale informazione continua a ribadire –  si faccia il suo decreto utilizzandolo, magari, come strumento di sfida come sta accadendo in Veneto e in Liguria in merito alla cosiddetta fase 2, cioè la riapertura delle varie attività diffuse sui territori regionali.

Proprio la tutela della salute, che come previsto all’art. 32, è diritto fondamentale, non può subire differenziazioni da una regione ad un’altra.

A meno di accertate e documentate differenze contingenti, la risposta deve essere la stessa in Lombardia come in Sicilia.

D’altra parte, l’attuale caos è accentuato anche dalla mancanza di autorevolezza e di direzione unitaria del governo centrale.

L’attuale premier, Giuseppe Conte, che si presenta bene e seduce tanti – soprattutto donne – non sta dimostrando di essere all’altezza della situazione, le sue decisioni sono palesemente, e si potrebbe aggiungere con molta spregiudicatezza, dettate dalla tentazione di cattura del consenso magari per perorare una sua futura destinazione al Colle.

Lo dimostra il tentennamento opportunistico nel giudizio sulle conclusioni dell’Eurogruppo, un tentennamento che nasce dalla precisa scelta del premier Conte di non volersi inimicare nessuno che conti sul suo futuro destino politico.

Lo dimostra ancora, l’atteggiamento assunto nei confronti del Mes (Meccanismo europeo di stabilità), proposto in forma light – cioè senza le condizioni capestro che normalmente conseguono nei confronti dei fruitori – che ha invece trovato il consenso dello stesso Romano Prodi, di Mario Monti e di tanti altri e sul quale c’è la negativa dei 5Stelle, della Lega e di fratelli d’Italia, un no che in realtà, nel caso di questi partiti nasconde la pervicace volontà di mettere in difficoltà il rapporto fra il nostro Paese e l’Unione Europea.

In questa situazione convulsa e caotica appare, inoltre, ridicola la pletora di esperti spalmati in commissioni varie, centinaia di sapienti – molti dei quali con pedigree politicamente ben marcato – la cui nomina, in altri tempi, avrebbe suscitato l’indignazione popolare, a cui viene affidato il compito di indicare il percorso del dopo emergenza pandemia ma che finisce per dare una ulteriore brutta immagine di un Paese in mano di nessuno e del tutto in balia degli eventi.

 

 

TAG: Giuseppe Conte, massimo d'alema, MES, Unione europea
CAT: Partiti e politici

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