L’Italietta di Berlusconi e il ritorno dell’ombra dei fallimenti

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15 Gennaio 2022

“Dice mio padre. Siamo in cucina, stiamo cenando… Abbandono il cucchiaio nella zuppa e lo fisso”

Silvio Berlusconi al Quirinale, alla presidenza di un paese che negli anni 80 trova in lui un leader capace di risollevare l’umore di un popolo che usciva distrutto dallo scandalo mani pulite. Un paese scoraggiato, la cui immagine era stata lesa, ferita da anni in cui i partiti politici si erano macchiati di reati quali appropriazione indebita, concussione, falso in bilancio. Un paese dal volto sfregiato che aveva perso qualsiasi fiducia e fede politica, che spera nell’arrivo dell’uomo nuovo, quello che può ridisegnare il destino di un paese. L’imprenditore che grazie alla sua tenacia, forza di volontà, credo nelle proprie capacità, aveva incarnato l’ideale dell’uomo che si era fatto da solo; l’America sbarca in Italia. Il sogno italiano è da costruire insieme ad un leader capace di traghettarla ovunque oltre confine, stabilendo amicizie con i capi del mondo che diventano suoi alleati e amici, a cui non risparmia di fare regali.

Il Berlusconismo è un’era. Un’era in cui le donne contano poco, o meglio, contano se si rendono servizievoli. Sia che allietano le sue feste private, venendo profumatamente pagate, sia che si affacciano alla vita politica. È il caso di Nicole Minetti, eletta consigliere regionale in Lombardia nel 2010, in virtù della sua candidatura nel listino del Presidente Roberto Formigoni.

Pare che la sua candidatura in questo listino sia stata voluta a ogni costo dall’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che l’aveva conosciuta presso gli stand di Pubitalia, dove Minetti lavorava come hostess. Le strade di Minetti e Berlusconi si incrociano di nuovo in occasione dell’aggressione subita dal presidente del Consiglio in Piazza Duomo: durante il ricovero di Berlusconi a seguito delle lesioni subite, Minetti lavorava come igienista dentale al San Raffaele di Milano dove egli fu curato. È tornata poi a far parlare di sé nel 2010 in occasione del coinvolgimento nel cosiddetto caso Ruby, il caso della diciassettenne marocchina finita in questura per un sospetto di furto e poi, nel giro di poche ore, rimessa in libertà grazie a una telefonata di Silvio Berlusconi in persona.

Il cavaliere del lavoro, così come Gianni Brera lo aveva soprannominato, è un finto progressista, è un uomo secondo cui i soldi possono comprare tutto, persino la dignità delle donne.

Negli anni 80, si afferma il principio del politicamente corretto, essere progressisti comincia a significare, per molti, erigersi a legislatori del linguaggio. Si diffonde un impeto nominalistico che si premura di stabilire come dobbiamo chiamare le cose e le persone, disprezzando il linguaggio e la sensibilità della gente comune.

 

TAG: berlusconi, politica
CAT: Partiti e politici

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