A distanza di una settimana dalle amministrative che, come preannunciato più volte, hanno ribadito la significativa supremazia del centro-sinistra nelle grandi città (ma molto meno in quelle medio-piccole), si torna a ragionare sugli orientamenti di voto a livello nazionale. In attesa delle prossime elezioni politiche, che si terranno al massimo entro un anno e mezzo, tornano a far discutere i risultati dei sondaggi, dopo il prolungato digiuno dovuto al blackout pre-elettorale. Gli ultimi sondaggi pubblicati datano infatti 17 settembre. Come sono cambiati dunque da allora le scelte partitiche degli italiani? Si è registrato il consueto “effetto bandwagon” in favore del Pd, il partito da molti dichiarato vincente in quest’ultima tornata elettorale?
Contrariamente al solito, in questa occasione lo shift in favore dei presunti vincitori non si è verificato, se non in misura non particolarmente significativa. Secondo i principali istituti di ricerca, il partito di Letta ha sì avuto un leggero incremento, ma limitato a circa un punto percentuale, mentre i partiti del centro-destra non hanno di fatto sofferto se non in minima parte un arretramento nelle dichiarazioni di voto a loro favore. E la stessa cosa è accaduta per il Movimento 5 stelle, anch’esso in lievissima discesa. È come se la scarsa partecipazione al voto comunale fosse effettivamente legata alla scarsa rilevanza attribuita dai cittadini a questa consultazione e, di riflesso, gli stessi risultati della corsa dei sindaci non abbiano comportato alcun importante legame con i rapporti di forza attualmente esistenti nella politica nazionale.
Tutto fermo, dunque, o quasi. L’area di centro-destra (con i suoi 3 partiti maggiori) permane in larga maggioranza quella più gettonata dagli italiani, con un risultato complessivo che resta vicino al 50% dei consensi. Competere ad armi pari con questa coalizione resta piuttosto difficile per il Partito Democratico, che sarà costretto a scegliere quale potrebbe essere la via migliore per non dichiararsi sconfitto in partenza. L’ipotesi di un’alleanza tattica o strategica con il M5s è per molti aspetti imprescindibile, ma anche in questo modo la forza oppositiva si troverebbe comunque molto distanziata dai suoi rivali, di almeno 10 punti se non di più. Occorre dunque inventarsi qualcos’altro, ad esempio l’idea di formare, come già fece Prodi nel lontano 2006, una Unione con tutti (ma proprio tutti) i restanti partiti o movimento politici. E cioè: Italia Viva, Azione di Calenda, i verdi, + Europa, Mdp, Sinistra Italiana e tutti i restanti rivoli alla sua sinistra.
Una situazione estremamente incerta, che renderebbe di fatto molto fragile una coalizione con così tante facce, e così diverse l’una dall’altra, capaci forse di presentarsi unite al momento del voto, ma che andrebbero quasi sicuramente per la loro strada immediatamente dopo, come si ricorderà successe proprio con l’ultimo governo Prodi, che durò soltanto un paio d’anni e con risultati non certo esaltanti.
Resta dunque indubbio che il centro-destra rimane la formazione sicuramente favorita nelle prossime competizioni nazionali, salvo significativi accadimenti nei prossimi mesi. Ciononostante, è proprio all’interno di questa coalizione che si verificano in questi giorni i più sensibili malesseri, una litigiosità un poco esagerata e priva di una concreta visione sul futuro dei partiti che la compongono. Anziché organizzare una tabella di marcia condivisa, indipendentemente da chi alla fine sarà la formazione al comando, ci si scontra su questioni di pura “politics” o di rimostranze sulle scelte dei candidati delle ultime comunali.
Insomma, nonostante il centro-destra resti maggioritario nel paese, i leader di questa coalizione non pare se ne rendano pienamente conto, dando un’immagine di sé che potrebbe alla lunga screditarli proprio agli occhi del loro elettorato, dando l’impressione di non meritare forse tutta quella fiducia che la maggior parte degli italiani gli sta regalando.
Università degli Studi di Milano
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speriamo bene che si screditino, poiché i conservatori, soprattutto di basso livello come i nostri, allontanano il paese dall’Europa e fanno leggi in nome della superstizione cattolica, cioè omofobe, maschiliste e razziste… senza parlare dei condoni fiscali, edilizi e la geniale flat tax, che aumenta il divario sociale e procura meno entrate allo stato. BLEAH