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Partiti e politici

Più ricchi a sinistra, più poveri a destra

di Paolo Natale
11 Dicembre 2020

L’ho detto e scritto più volte. La tendenza è ormai nota da qualche anno in tutto il mondo occidentale: le aree di maggior benessere di ogni paese votano sempre più per i partiti progressisti. I consensi maggiori per la sinistra democratica in quasi tutte le elezioni o nelle quotidiane dichiarazioni di voto giungono infatti proprio dalle aree centrali e più benestanti, quelle che in un passato nemmeno tanto lontano (diciamo fino a trent’anni fa) erano più vicine alla destra conservatrice. Al contrario, sono le attuali periferie, tradizionale constituency della sinistra storica, quelle che sempre più appoggiano le forze politiche sovraniste, o populiste, o di centro-destra.
Molti comuni dell’hinterland milanese ad esempio, come Pero, Sesto San Giovanni o Corsico, dove il Pci arrivava a sfiorare la maggioranza assoluta negli anni Ottanta (intorno al 45% dei voti) ora hanno votato Pd soltanto per il 20-25% alle ultime politiche. E a Milano le cose si sono quasi capovolte, facendo diventare il capoluogo lombardo uno dei comuni più di sinistra in Italia.
Una inedita frattura socio-politica cui, insieme a diversi colleghi, stiamo cercando in questo periodo di dare un nome, una etichetta più adatta ai nostri tempi, da non confondere con quella di Rokkan (centro-periferia) che si riferiva storicamente ad un diverso aspetto. Alcune ipotesi di studio: Metropoli vs. Provincia, CityLife vs. CountySide, Benessere vs. Malessere. Quest’ultima è da tener presente, per ciò che dirò più avanti.
Ma prima di arrivarci, c’è un altro discorso da approfondire, quello legato alla cosiddetta “fallacia ecologica”. Cos’è, per chi non la sapesse? E’ sostanzialmente il possibile errore di attribuire dati di contesto aggregati in una certa area territoriale ai singoli individui che stanno in quell’area. A Milano, ad esempio, città benestante dove il voto a sinistra è elevato, non è detto che siano proprio i cittadini più benestanti a votare a sinistra. Per poterlo sapere, bisognerebbe effettuare un sondaggio presso un campione di individui. Ed è proprio questo che sta facendo l’Istituto Ipsos da qualche tempo, chiedendo cioè agli intervistati quale sia la loro personale percezione del proprio livello di benessere o di malessere.
Mettendo in relazione le risposte a questa domanda con le intenzioni di voto, o con il voto espresso alle ultime elezioni, si può comprendere agevolmente se la frattura di cui parlavo più sopra, quella appunto tra Benessere vs. Malessere, trovi corrispondenza nella realtà. E’ ovvio, l’auto-percezione a volte non è esattamente collegata con la realtà “reale”, ma mi pare sia in questo caso correttamente utilizzabile, perché il voto o la vicinanza ad un partito specifico è frutto anche delle percezioni di sé.
Bene, i risultati sono chiari e illuminanti: se in media il 38% degli italiani dichiara di essere “benestante”, di arrivare cioè a fine mese con una certa tranquillità, tra chi vota Pd questo dato aumenta fino a quasi il 55% (e ancora più alto, quasi il 70%, tra chi vota Sinistra radicale). Al contrario, a fronte di un quasi 30% che dichiara un evidente malessere economico (ha difficoltà ad arrivare a fine mese), per i votanti Pd questa condizione è presente soltanto nel 15% dei casi. Le situazioni si capovolgono per i partiti di centro-destra: benestanti molto meno numerosi e povertà più diffusa. E, suppongo, con la crisi economico-occupazionale che il Covid ha generato, queste affiliazioni politiche non potranno che aumentare in maniera significativa.

Università degli Studi di Milano

Pd
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