Salvini, un gallo ‘ncoppa a monnezza

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25 Novembre 2014

Ma quanto è distante Matteo Salvini dal clichè del leghista d’antan! Quello dei Bossi e dei Maroni e dei tanti più o meno noti colonelli padani di quella infinita, e noiosa, trafila di provinciali che non hanno mai sfondato nelle grandi città come Milano e tanto meno a livello nazionale. Rappresenta un mix caratteriale tipicamente meneghino, dalla dialettica scarna ed efficace, pragmatico e flessibile. Ricordo la campagna delle amministrative per il comune di Milano nel 2011. Giancarlo Giorgetti mi spinse ad appoggiarlo e ad organizzare alcuni incontri mirati presso la comunità finanziaria di Milano. Ero scettico e perplesso, lo conoscevo poco e di solito non mi attivo per persone che non frequento da tempo, in più non rappresentava per me, sul piano ideale e culturale, il tipo di leader o di candidato a cui dare appoggio così diretto e pubblico. Dopo un veloce scambio di opinioni in via Bellerio, in cui notai molta concretezza e organizzazione, gli preparai alcuni meeting. Con qualche dubbio o addirittura patema, se la caverà? Come li gestirà? Ammetto, ammisi, di essere rimasto sorpreso positivamente soprattutto per le ottime doti di comunicatore. Oggi Salvini ha definitivamente riposizionato il Carroccio, con coraggio oserei dire. D’accordo, il movimento un anno fa di questi tempi era sul binario morto e con il senno del poi, tutti riconoscono che l’operazione di trasformazione andava fatta, ma farla è stato sicuramente coraggioso. Ora del vecchio partito è rimasto solo il nome e, forse, il grosso della vecchia militanza che nelle nuove battaglie trova linfa per rinverdire impegni politici appassiti. Ma il resto è tutta una operazione di innovazione politica, forse senza precedenti, ad esclusione del primo Berlusconi. Dal punto di vista topografico, nella geografia politica/partitica italiana, la nuova Lega si spinge a destra, abbraccia il verbo lepenista, anche se declinato in salsa italiana, apre a nuove alleanza da Fratelli d’Italia a Casa Pound e qualunque ricettacolo della destra torna utile alla bisogna, senza tanti scrupoli ideali. Con che contenuti? Da buon comunicatore, poche idee, chiare e precise, pensieri concisi e senza fronzoli, tutto in forma di slogan perché meglio si addice alla strategia elettorale: tassa flat al 15/20%, stop alla legge Fornero, fermare l’immigrazione selvaggia e poi sicurezza da garantire, no euro, no Europa matrigna e via discorrendo. Il tutto declinato nel malessere sociale ed economico che imperversa da nord a sud Italia. Per vincere le elezioni in prospettiva, ma prima per condurre in porto l’Opa sul centrodestra intero. Gli avversari interni nella Lega non esistono più: Maroni si barcamena senza brillare in Lombardia, Giorgetti è sparito, Zaia confinato in Veneto a difendere la Serenissima, Tosi, se non si sbriga a mettersi d’accordo con Salvini, finirà nel cimitero degli elefanti politici. Gli avversari esterni sono spariti. La destra è ormai fagocitata dalla Lega, l’area moderata si è disgregata definitivamente. Ma andiamo oltre, per fare le Opa di solito ci vogliono i capitali e la Lega senza un quattrino (almeno così pare ufficialmente) cosa farà? Alcune fonti giornalistiche mormorano malignamente da tempo che la folgorazione putiniana della Lega salviniana non sia casuale e sia nata proprio dalla Le Pen, sicuramente finanziata dal leader russo. Sulla Lega però restano solo le battute e le insinuazioni dei maligni anche se è curiosa la coincidenza temporale con il recente fiorire di centri culturali e convegni filorussi in ambito leghista. Altri malignano ancora di più, tirando fuori il patto del nazareno. Berlusconi, intento a salvare le sue aziende e a venire fuori dalle vicende giudiziarie, ha sicuramente fatto un patto con Renzi che va ben oltre riforme e leggi elettorali. Il nuovo referente politico di Berlusconi non è Forza Italia o Salvini, ma Renzi. Berlusconi alla fine appoggerà Salvini perché è il migliore avversario possibile per Renzi. Immaginate un centrosinistra allargato al centro che si scontra con un centro destra con poco o niente di centro e tanto di destra estrema. Vittoria sicura per Renzi. E qui si gioca il futuro di Salvini, su questi due aspetti: da una parte la questione economica, ossia chi finanzia la campagna elettorale milionaria per diventare leader del centrodestra e poi per partecipare degnamente alle elezioni contro la corazzata ben foraggiata di Renzi. Il secondo punto riguarda il centro che deve essere conquistato con una proposta politica seria, trasparente e condivisa, oppure per il centro le opzioni sono, o votare sinistra o astenersi. Già il risultato elettorale in Emilia parla chiaro, percentuali alte della Lega, circa il 20%, ma meno voti rispetto al 2010 e in quel 20% di voto moderato non c’è nulla. Se vuole vincere, Salvini deve portare la gente alle urne, gli astenuti insomma, che sono in gran parte moderati. Facile puntare sul malessere sociale, fare il gallo ‘ncoppa a monnezza, difficile trasformare slogan e proclami in azione politica concreta e programmi fattibili, con alleanze che vadano al di là degli steccati ideologici della destra. Per non parlare del corollario che riguarda la qualità del personale politico, un problema che affligge la Lega da tempo. E Salvini sembra in alto mare. Se la futura classe dirigente è simile al candidato presidente emiliano, c’è poco da essere ottimisti, un personaggio mediocre che verrà ricordato solo per il codino tamarro. Ma ci sarà tempo per parlarne. La partita è appena cominciata.

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TAG: centrodestra, claudio bollentini, la bissa de l'insubria, lega nord, matteo salvini
CAT: Partiti e politici

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