Se da noi si votasse domani, avremmo un Parlamento ancor più frammentato
Facciamo un gioco, un tipico gioco estivo. Cosa succederebbe se, per scelta o per forza, nel prossimo autunno ci fossero davvero elezioni politiche in Italia, dopo quelle appena annunciate da Tsipras per la povera Grecia? Allo stato dei fatti, si andrebbe a votare con due leggi molto differenti: la prima (per la Camera) sarebbe l’Italicum, senza alcuna modifica da quello uscito dal parlamento; la seconda (per il Senato) sarebbe il cosiddetto Consultellum, vale a dire il vecchio Porcellum depurato da un elemento essenziale, cioè il premio di maggioranza a livello regionale. Ogni partito che passa uno dei possibili sbarramenti, su cui non mi dilungo qui, riceverebbe un numero di seggi proporzionale alla sua forza, in ciascuna delle regioni.
Il risultato alla Camera, in questa simulazione basata sui più recenti sondaggi, è determinato dalla scelta degli elettori al secondo turno: al ballottaggio vanno Pd e Movimento 5 stelle, ed il vincitore in questo ramo del parlamento, con il relativo premio di maggioranza, sarà una di queste due forze politiche. Attualmente, se si deve dar retta ai principali sondaggisti, la situazione resta in bilico, con un lieve vantaggio del Pd, ma con buone probabilità anche per il movimento di Grillo di aggiudicarsi la tenzone.
Il risultato al Senato, calcolato come si è detto regione per regione, è invece assolutamente chiaro: nessuno riesce non dico ad avere, ma nemmeno ad avvicinare la maggioranza assoluta dei seggi disponibili. Il Pd arriva a 100, il M5s intorno agli 85, la probabile coalizione di centro-destra vede Forza Italia a 40-45, la Lega a 35-40 e i Fratelli d’Italia a 15. Infine la sinistra (supponiamo unita in un’unica lista) si prende una ventina di seggi ed il centro unito 10-15. Una situazione assolutamente ingestibile, molto simile – se non peggiore – a quella attuale, dove i tre principali attori politici (Pd, M5s e centro-destra) si trovano ad avere un numero di seggi pressoché simile, e addirittura inferiore ad un terzo dei seggi complessivi di questo secondo ramo del parlamento.
Una maggioranza di governo sarebbe cosa ardua, lontana perfino dalla “strana” coalizione attuale, che pur trova difficoltà a legiferare. Alcune altre simulazioni che sono circolate in questi giorni davano qualche chance ad una vittoria al Senato del Pd, ma queste erano basate sugli ultimi risultati delle europee, ben lontane dai rapporti di forza attuali e sulle possibili scelte degli elettori. Ebbene, se anche Renzi, come Tsipras, si vedesse costretto (o volesse correre il rischio) di una chiamata alle urne autunnale, andremmo incontro ad un Parlamento ancor più frammentato, senza alcuna possibile maggioranza se non quella di una grande coalizione. Solo un gioco estivo…
Un commento
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Il giochino estivo ci dice però due cose: che chiudere la riforma costituzionale del Senato a questo punto è ineludibile, la seconda che non riuscire a chiuderla (perché Renzi va sotto) farebbe del premier una delle personalità politiche più irresponsabili della nostra storia repubblicana perchè ci manderebbe a votare con due sistemi diversi. Evviva i giochi, prof.