Ufficialmente la linea fino a ieri era netta:“sostenere Virginia”. Nella realtà, il rischio, dopo soli sei mesi di governo, è già quello di trovarsi di fronte ad un bivio, da cui sarà complicato uscire fuori per Virginia Raggi. Un epilogo in parte annunciato, partito con le dimissioni dell’assessora all’ambiente Paola Muraro e proseguito oggi con l’arresto Raffaele Marra. Perché se un magistrato, come accadde a settembre all’ex capo gabinetto Carla Romana Raineri, sbatte la porta con certe motivazioni, “ero convinta di garantire la legalità”, il futuro, poi, non lascia sperare in nulla di buono.
Considerato un fedelissimo della sindaca Virginia Raggi, tanto da essere definito il “sindaco ombra”, Raffaele Marra è accusato di corruzione, in quanto avrebbe intascato una tangente dal costruttore Sergio Scarpellini, che gli avrebbe messo a disposizione parte del denaro per comprare una casa dell’ente Enasarco. E anche se i fatti risalgono a diversi anni fa, quando Marra era a capo dell’ufficio delle Politiche abitative e del Patrimonio del comune di Roma, durante la giunta di Gianni Alemanno, le conseguenze di questo arresto non potranno che abbattersi con forza anche sulla consiliatura a 5 Stelle.
Perché Marra non è semplicemente “uno dei 23mila dipendenti”, come ha provato a definirlo la sindaca Raggi nella conferenza stampa di oggi, ma uno dei principali protagonisti in negativo delle “memorie” raccolte dall’ex capogabinetto Carla Romana Raineri, che hanno allertato nelle scorse settimane la procura che proprio ieri aveva disposto l’acquisizione di numerosi fascicoli in Campidoglio. Atti e determine che in molti casi portano la sua firma. Ex vicecapogabinetto e attuale responsabile del personale, Marra è stato infatti capace in pochi mesi di ritagliarsi un’influenza enorme a fianco della sindaca Raggi, secondo la Raineri, tanto da far sollevare e prendere il posto della direttrice al personale Laura Benente, che gli rifiutò un master a Bruxelles.
Nel tentativo di allontanarlo dalle sfere decisionali del Campidoglio, la deputata Roberta Lombardi arrivò a definirlo “il virus che ha infettato il Movimento”. Ma Virginia Raggi ha continuato a difenderlo, con forza, potendo contare sul sostegno incondizionato di Luigi di Maio e di Rocco Casalino, sempre più influente nelle scelte che contano all’interno del Movimento 5 Stelle. Ancora pochi giorni fa, nella nota di replica all’autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, la Raggi si era assunta completamente la responsabilità anche della delibera con cui suo fratello Renato Marra veniva collocato a capo della direzione turismo. Secondo la sindaca, Raffaele non avrebbe partecipato “alle fasi istruttorie e di valutazione decisionali”, ma avrebbe solamente messo la sua firma sugli atti della “macrostruttura” amministrativa con cui veniva ridisegnato l’assetto del Campidoglio. Il dettaglio non è ininfluente, perché secondo il sindacato dei dirigenti che ha presentato l’esposto all’Anac, Marra non poteva firmare la delibera di promozione del fratello ma si sarebbe dovuto astenere, come prescrive la legge.
Non serviva un grosso intuito investigativo per capire che tanto la denuncia della Raineri, quanto l’inchiesta dell’Espresso, che aveva già rivelato la vicenda della compravendita, non sarebbero cadute nel vuoto. Eppure, come per il caso Muraro, in questi mesi a nulla sono valse le richieste di chiarimento provenienti dal Movimento 5 Stelle, anche da Beppe Grillo, sulla figura di Raffaele Marra, ritenuto “imbarazzante” per via del suo passato a fianco di Gianni Alemanno, con cui aveva iniziato a lavorare ai tempi del Ministero delle Politiche Agricole, su segnalazione del vescovo Giovanni D’Ercole. “Quando arrivò da noi – raccontò Claudio Milardi, storico collaboratore dell’ex sindaco, nell’udienza del processo Mafia Capitale lo scorso 29 settembre – si presentò con una barzelletta. Quella del finanziere che risponde a un bando per salire di grado”. Un giovane ambizioso che di fronte al commissario d’esame che lo interroga, “quanto fa 100 diviso due?”, così risponde: “Comanda’, come sempre: 70 a te e 30 a me. Ecco, lui si presentò così”.
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