La Muraro imbarazza Virginia Raggi. E i reduci di Tronca prendono il potere

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7 Agosto 2016

Era partita con un blitz nella sede di Ama. Si ritroverà mercoledì prossimo nell’aula Giulio Cesare a doversi difendere dal suo passato di consulente nella stessa azienda, finita per caso al telefono con il ras di Mafia Capitale Salvatore Buzzi. E’ bastato poco all’assessora all’ambiente Paola Muraro, praticamente un solo mese, per finire sulla graticola. Avrebbe dovuto risolvere il problema dei rifiuti romani in pochi giorni, per il momento è solo riuscita a oscurarlo, trasformandosi in un caso mediatico che ha messo non poco in imbarazzo i vertici del Movimento, pronti a difenderla almeno in pubblico, ma già al lavoro per una eventuale sostituzione.

A Paola Muraro non è bastato essere presentata da Virginia Raggi come come una che “sa dove mettere le mani”. Anzi, a distanza di un mese dal suo insediamento, rischia di essere allontanata proprio per lo stesso motivo. Perché troppo poco distante al sistema di potere che avrebbe dovuto combattere e con cui, al contrario, ha collaborato per oltre 10 anni, ottenendo consulenze ben retribuite. Non un cittadino al servizio della città, come Raggi aveva salutato la squadra dei suoi assessori, ma un super tecnico che ha provato a fare il cittadino, con esiti non sempre fortunati, o addirittura nefasti, come nell’assemblea pubblica del 26 luglio a Colle del Sole, di cui non esistono video ufficiali nei canali 5 Stelle, dove per convincere i cittadini di Rocca Cencia, contrari all’ennesima riqualificazione dell’impianto Ama da lei prospettata, si è servita di una metafora che non tutti i presenti hanno apprezzato. “Se ci si è riusciti al nord…la gente del nord è come voi”.

Ma se da una parte anche l’apertura dell’assessora al tritovagliatore del re della “monnezza” Manlio Cerroni, che si trova sempre nell’area di Rocca Cencia, poteva essere giustificata da cause di forza maggiore (ripulire Roma nell’immediatezza), dall’altra le telefonate con Salvatore Buzzi, ritenute ininfluenti nell’ambito del processo Mafia Capitale, rappresentano un imprevisto che nessuno all’interno del Movimento avrebbe mai immaginato di mettere in conto.

Paola Muraro non sarebbe la prima ad essere entrata in contatto con Buzzi in maniera involontaria e senza fini criminali. Basti pensare al ministro Giulio Poletti e alla sua cena con Alemanno, Panzironi e Luciano Casamonica, agli sms affettuosi al “grande capo” da parte della deputata Pd Micaela Campana, a Gianni Letta che si prodigò affinché Buzzi fosse ricevuto dall’ex prefetto Giuseppe Pecoraro, o allo stesso Matteo Renzi, che dopo aver ospitato Buzzi nella ormai celebre cena di finanziamento del novembre 2014, si preoccupò, dopo gli arresti,  di far chiamare dal partito i suoi compagni di tavola rimasti in libertà affinché mantenessero il riserbo assoluto sulla serata. “Ma noi non siamo il Pd”, spiegano da dentro il Movimento, “non dovrebbe nemmeno esistere la possibilità di collegare il nostro nome a certa gente”. Senza contare che, quello della procura, che ha di fatto ripescato le conversazioni fra l’assessora e il ras delle coop, “è un segnale che non può essere ignorato”, anche se la Muraro, va specificato, non risulta essere indagata.

Di sicuro, indipendentemente dalla sorte di Paola Muraro, che rischia di uscire di scena senza aver fatto nulla, la sua parabola sancisce la fine del mini direttorio romano, che, dopo l’abbandono della deputata Roberta Lombardi (e i conseguenti autoesili del consigliere regionale Gianluca Perilli e dell’eurodeputato Fabio Massimo Castaldo), si è ridotto alla sola Paola Taverna e al suo compagno Stefano Vignaroli, principale artefice della nomina dell’ex consulente Ama, con la quale aveva partecipato all’incontro corsaro del 30 giugno insieme a un rappresentante del consorzio Colari di Manlio Cerroni.

Virginia Raggi e Marcello Minenna

Al contrario, chi invece in poco tempo è riuscito a consolidare la sua presenza è l’assessore al bilancio Marcello Minenna. L’ex  dirigente Consob, che detiene la delega alle società partecipate, pur non condividendo nulla del management uscente da Ama, nei giorni scorsi si è tenuto volutamente alla larga dall’operazione della sindaca Raggi e dalla Muraro sull’ex a.d. Daniele Fortini, per poi far pesare la sua autonomia in fase di nomina del nuovo amministratore della municipalizzata ai rifiuti. Anche se non può essere certo definito un suo uomo di fiducia, le origini milanesi del nuovo amministratore unico di Ama, il commercialista Alessandro Solidoro – che fu peraltro un consulente della Procura meneghina nelle inchieste sulla scalata ad Antonveneta – non lasciano spazio all’immaginazione. Di sicuro, non risponde alle caratteristiche individuate da Virginia Raggi, che avrebbe voluto qualcuno proveniente dall’interno della municipalizzata.

La nomina di Solidoro non è il primo strappo compiuto dal super assessore al bilancio. Minenna, infatti, dopo aver ottenuto che la scelta del capo gabinetto ricadesse su Carla Romana Raineri, proveniente dalla segreteria dell’ex commissario Francesco Paolo Tronca, con cui lo stesso Minenna aveva collaborato, avrebbe posto alla sindaca Raggi precise condizioni per poter svolgere il suo lavoro. Più collaboratori di qualità a disposizione e, soprattutto, meglio pagati (anche perché, si vocifera, alcuni di loro saranno pescati dalla Consob). Quasi un affronto per la sindaca che, a causa dei veti incrociati all’interno del Movimento, è stata invece costretta a rinunciare al suo “fedele” Daniele Frongia, che avrebbe voluto capogabinetto, affiancandogli Raffaele Marra, il dirigente comunale considerato vicino all’ex sindaco Gianni Alemanno e per questo indigesto a una buona parte del Movimento.

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CAT: Partiti e politici, Roma

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