Marino resiste e Renzi si consola con il patto del biliardino

29 Luglio 2015

Non è ancora #firenzecapitale, come ha suggerito uno dei tanti utenti “periscope”  durante lo streaming della conferenza stampa dal Campidoglio,  ma poco ci manca. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, alla fine non ha ceduto, ma la sua nuova giunta parte grazie al beneplacito del premier, che a sua volta celebra vittoria per nascondere la sua debolezza.  Quel che è certo è che il nuovo esecutivo romano è figlio di una mediazione: quella fra il sindaco, non disposto a lasciare il Campidoglio, e il presidente del consiglio Matteo Renzi, che dopo aver provato a far dimettere il sindaco, con la speranza che fosse il  prefetto Gabrielli a gestire il periodo di commissariamento, per tentare di avere un peso nella politica cittadina ha puntato tutto sul senatore Marco Causi, lo storico assessore al bilancio della Roma veltroniana. Con buona pace della rottamazione, che a Roma passa soprattutto per l’usato sicuro e quel modello Roma, che fino a poche settimane fa sembrava un passato da dimenticare, soprattutto dopo la relazione dell’ex ministro Fabrizio Barca, mentre ora, attraverso uno dei suoi artefici, torna di straordinaria attualità.

Più dell’ex sottosegretario Marco Rossi Doria, un nome di garanzia che mette d’accordo tutti, è proprio lui, Causi, nominato vicesindaco e assessore al bilancio a far capire come il vento sia cambiato dalle parti del Campidoglio. “Nelle ore passate – ha spiegato Causi – una delle cose chieste al Governo è un tavolo interistituzionale per Roma Capitale e mi è appena arrivato un messaggio: il tavolo è convocato per martedì prossimo”. Il messaggio è chiaro. Il governo ora non sarà ostile con Roma, come aveva fatto capire lo stesso Renzi in mattinata con la lettera pubblicata, non a caso, sul Messaggero del costruttore Caltagirone, che sul finire di giugno, insieme al consorzio dei costruttori della Metro C, aveva disertato l’inaugurazione della seconda tratta, in polemica con il Campidoglio.

Il vento, insomma, è cambiato e il “patto del biliardino”, costruito dal presidente  e commissario romano del Pd Matteo Orfini, che faticosamente in questi mesi ha tentato di tenere in piedi il filo fra Campidoglio e Palazzo Chigi, è ormai diventato realtà.  Non è un caso, che al posto di Guido Improta, alla Mobilità sia stato messo il “turco” Stefano Esposito, fedele alleato di Orfini ad Ostia, dove il Partito Democratico si è ritrovato a fare i conti con l’arresto del presidente del Municipio Andrea Tassone, coinvolto nell’inchiesta Mafia Capitale. Secondo i colleghi di partito più maligni, il torinese Esposito, “il cui profilo istituzionale non è minimamente paragonabile a quello del suo predecessore”, rappresenta “il cavallo di Troia del renzismo nel comune di Roma”, anche in virtù delle sue battaglie pro Tav che lo hanno reso celebre in tutta Italia e inviso a una buona parte della sinistra. Il senatore già nelle prossime settimane dovrà affrontare la difficile situazione dell’Atac, la municipalizzata dei trasporti alle prese con lo spettro della privatizzazione, nonostante ancora oggi, Marino, abbia di nuovo ribadito di essere alla ricerca di semplici “partner industriali”.

Al turismo, settore che dovrebbe essere strategico nella città di Roma, è stata “promossa” un’altra “veltroniana”,  la consigliera Luigina di Liegro, esperta di sociale: le tematiche sociali, però, sono rimaste nelle mani di Francesca Danese, salda al suo posto così come Estella Marino, nonostante il verde e rifiuti siano tra gli ambiti più colpiti dalle inchieste della procura. Rimane al proprio posto anche il magistrato Alfonso Sabella, che diviene però assessore al personale; Giovanni Caudo, invece, conserva la delega all’urbanistica, Marta Leonori quella al commercio, mentre Giovanna Marinelli, oltre alla cultura, si occuperà anche dello sport, dal momento che Paolo Masini, assessore alle periferie e poi alla scuola, il più “romano” di tutta la giunta, è stato messo alla porta.

A conti fatti la vera vittoria politica di Renzi, è l’uscita di Sel dalla maggioranza, in coerenza con un disegno che il partito di Vendola vorrebbe perseguire a livello nazionale, che sposta verso destra l’asse della città, ridisegnando la giunta capitolina sulla falsariga di quella nazionale. Per capire quanto questo inciderà sull’azione dell’amministrazione basterà attendere le prossime settimane quando la giunta sarà chiamata a prendere decisioni sul trasporto pubblico, sui rifiuti e soprattutto sul Giubileo, la vera priorità dei prossimi mesi. Marino, che non potrà più contare sull’appoggio degli alleati di sinistra,  è sicuro di farcela e ha già scandito un cronoprogramma per i prossimi tre anni: “Adesso vogliamo obiettivi concreti con tempi certi e risultati visibili a partire da subito scegliendo aree strategiche: decoro, trasporti, pulizia, casa, rigenerazione urbana”. Molto dipenderà dal lavoro di  Causi, un tecnico, ma soprattutto un politico, che conosce a menadito la macchina amministrativa cittadina. Il neo assessore, difficilmente avrà modo di rispolverare subito la sua vecchia idea di holding pubblica delle partecipate, per abbattere i costi.  Di certo, però, ricorda chi ha lavorato con lui negli anni passati, “Causi è uno che sa dove trovare i soldi e spremerà fino all’ultimo le finanze cittadine per rendere disponibili le risorse necessarie”. Per molti non basterà, “il nuovo esecutivo avrà vita breve”. Ma a dirlo sono soprattutto le persone vicine agli “assi romani”. Quelli fatti fuori dai giochi.

 

 

TAG: Ignazio Marino, matteo orfini, Matteo Renzi
CAT: Partiti e politici, Roma

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