Nel Pd romano la guerra fra le correnti non finisce mai

24 Febbraio 2016

Senza programmi visibili, senza confronti, e con il rischio del flop ai gazebo. Dovevano essere le primarie della partecipazione, dopo gli scandali di Mafia Capitale e lo sventato commissariamento per mafia del comune di Roma. Invece finiranno per essere ricordate come le primarie clandestine, dove la lotta delle correnti e i giochi di potere in vista dei collegi dell’Italicum, impedisce quel dibattito pubblico di cui  tutta Roma, non solo il popolo del centrosinistra, avrebbe bisogno.

In teoria sarebbero sei i candidati ufficiali: Chiara Ferraro, Gianfranco Mascia, Stefano Pedica, Roberto Giachetti, Roberto Morassut e Domenico Rossi. Nella realtà solo Morassut può sperare di intaccare la cavalcata di Giachetti, benedetto dal premier Matteo Renzi e candidato “suo malgrado”. Confronti pubblici? Per ora nessuno. “D’altronde – malignano dalle parti di Morassut –  Giachetti è una persona indipendente, ma a sostenerlo è un vero e proprio carrozzone che raccoglie di tutto. Come potrebbe fare un programma senza scontentare qualcuno?”.  E già ora, i mal di pancia sono tanti. Il comitato elettorale dell’ex radicale è saldamente nella mani di Luciano Nobili, uno dei fedelissimi di Francesco Rutelli, che seguì l’ex sindaco nell’Api per poi tornare all’ovile, con l’avvento di Matteo Renzi. Poi ci sono i popolari vicino a Franceschini, parte degli uomini di Zingaretti, i giovani turchi di Orfini, “che dovrebbe essere un commissario imparziale”, si lamentano in molti, e soprattutto la componente legata a Umberto Marroni, deputato e capogruppo di quel Pd cittadino negli anni di Alemanno, di cui, dopo l’inchiesta Mafia Capitale, all’interno del partito non sempre si discute in termini entusiastici. Anzi.

Solo pochi giorni fa Orfini, intervenendo in commissione antimafia, ha puntato il dito contro l’opposizione consociativa durante il governo del centrodestra. Allo stesso modo Giachetti, in uno dei suoi primi interventi pubblici, tuonò contro lo  “strisciante consociativismo” di quel periodo. Il copione ogni volta è lo stesso: Marroni replica duramente, “quella di Orfini è una ricostruzione totalmente falsa al limite della calunnia”, ma il sostegno a Giachetti rimane invariato, almeno per ora. In tutto questo, Morassut, che inizialmente, oltre al sostegno di Bettini e Veltroni, sperava di potere raccogliere intorno a se l’eredità del centrosinistra cittadino, ricomponendo la  frattura con Sel, sa di essere un outsider, ma non per questo si da per vinto. “Abbiamo deciso di costruire una campagna popolare, fra la gente”, raccontano dallo staff. E se dalle parti di Giachetti, come avevamo raccontato su Gli Stati Generali, si sono mossi in anticipo nel tentativo di aggiudicarsi le preferenze della comunità cinese, l’ex assessore all’urbanistica può vantare rapporti privilegiati con la comunità ebraica, ma soprattutto con il vicariato di Roma, fatale all’ex sindaco Marino.

La scelta dei candidati alla presidenza dei municipi è forse la rappresentazione migliore delle difficoltà interne al partito. “Tutto deve sembrare democratico e partecipato –  racconta una persona informata –  ma nessuno può permettersi sorprese nell’urna”. Per questo nei municipi c’è chi, come Marroni, denuncia “l’ingiustificata disparità di trattamento”. Nonostante la coalizione del 2013 non esista più, la maggior parte dei presidenti sarà riconfermata, solo per esigenze di correnti, e le primarie si riusciranno a fare solo in 3 dei 15 municipi. Nel II, dove correranno Francesca Del Bello e Andrea Alemanni, nel  VII, governato precedentemente da Sel, dove si affronteranno Massimiliano Massimiliani, Valeria Vitrotti e Guglielmo Calcerano e nel XIII Municipio, dove il tavolo politico del comitato delle primarie, questa mattina, ha accolto le candidature di Massimiliano Pasqualini, Danilo Amelina (ex coordinatore della lista civica Marino) e Emanuele De Ruvo. In VIII Municipio, anch’esso in mano a Sel, l’unico candidato sarà Enzo Foschi, ex consigliere regionale ed ex capo segreteria del sindaco Ignazio Marino.

Dove si rischia una piscosi collettiva è, ancora una volta, in  VI Municipio. Le uniche due candidature arrivate, infatti, sono state respinte. Una era quella di Loris Scipioni, nipote dell’attuale presidente Marco Scipioni (che ha preso le distanze), sfiduciato politicamente dal commissario Pd Matteo Orfini, diversi mesi fa, per presunte opacità amministrative. L’altra, invece, era quella di Marco Argenti, consigliere municipale in carica della lista civica Marino. Morassut, anche per uscire dal “pantano” delle preferenze, ha proposto la candidatura di Franco La Torre, figlio del parlamentare comunista Pio La Torre, vittima di mafia. Il suo nome andrebbe bene anche ad Orfini, ma l’ex consigliere comunale Dario Nanni, che conta sul sostegno degli uomini vicini a Giachetti, non sarebbe disposto a ritirare la sua candidatura, che arriverebbe a pochi mesi dalla sfiducia davanti al notaio di Ignazio Marino. Per questo il Pd è a un bivio: sostenere una personalità di alto profilo che dia un forte segnale antimafia, in un territorio di cui recentemente si è anche interessata anche la commissione parlamentare antimafia, o tenere a freno le correnti interne per non intaccare i delicati equilibri del Pd romano? La risposta parrebbe scontata, per questo tarda ad arrivare. In ogni caso lo scontro è assicurato.

TAG: franco la torre, mafia capitale, matteo orfini, Matteo Renzi, roberto giachetti, roberto morassut, Umberto Marroni
CAT: Partiti e politici, Roma

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