Dai comunisti agli ex Forza Italia: l’ammucchiata torinese per Fassino

12 Febbraio 2016

Gli endorsement politici, a volte, portano più guai che benefici, almeno a livello mediatico. Per maggiori informazioni, chiedere a Piero Fassino, sindaco uscente di Torino ricandidato alla guida della città, che qualche settimana fa ha dovuto fare i conti con una scomoda dichiarazione: “A Torino temo una vittoria del Movimento 5 Stelle. Sono perplesso sulla loro cultura amministrativa. Fassino invece è stato un bravo sindaco, lo voterò”. Parola di Enzo Ghigo.

Per dieci anni presidente della regione Piemonte, per due legislature senatore di Forza Italia prima e del Pdl poi, oggi Enzo Ghigo dichiara apertamente il suo appoggio a Fassino (“una valutazione fatta stando al di fuori dalla politica”). Fosse un caso isolato, il sindaco di Torino potrebbe archiviare la questione con un’alzata di spalle. Ma gli appoggi non richiesti da mondi così lontani da quello che Fassino ha frequentato per una vita si stanno moltiplicando. Da Michele Vietti (esponente storico dell’Udc di Casini, ex vicepresidente del Csm) fino a quello di Silvio Magliano, politico vicinissimo a Cl che sembra in procinto di fare il suo ingresso nei Moderati, lista del centrosinistra piemontese che è parte integrante della coalizione che appoggia Fassino.

Visto il clima che si respira a livello nazionale, questi strani movimenti in direzione Pd sono bastati per far parlare di Torino come del laboratorio della nuova politica italiana, quella che punta dritta dritta verso l’instaurazione del Partito della Nazione. La cui declinazione piemontese sarebbe il “Partito Unico della Mole” (copyright: il Giornale). L’idea che Torino possa essere la testa d’ariete per sovvertire a livello nazionale la classica dicotomia centrosinistra-centrodestra non è stata minimante apprezzata da Fassino, che, costretto sulla difensiva, non ha nascosto l’irritazione: “Non so cosa sia il Partito della Nazione, figura giornalistica che non vedo nella politica italiana. Se singoli esponenti del centrodestra ritengono di dover esprimere un apprezzamento per come ho governato la città, non posso che prenderne atto”.

A dare manforte al sindaco, ci sono anche le dichiarazioni del leader dei Moderati, Giacomo Portas: “Se qualcuno vuole fare il Partito della Nazione, lo faccia pure. Noi Moderati non ne faremo parte”. Chiusura tanto netta quanto curiosa, visto che arriva proprio da coloro i quali sono sospettati di essere i principali artefici della (presunta) operazione. E d’altra parte è difficile immaginare che gli apprezzamenti di Ghigo & co. siano così disinteressati, tanto più che non arrivano certo da ottuagenari ormai lontani dalla politica attiva.

Può essere che Ghigo e Vietti non puntino a essere titolari in campo, ma è difficile escludere che non stiano nemmeno ambendo a qualche ruolo in panchina (nel senso di meno visibile, non di poco importante), come in effetti ha avuto gioco facile a far notare il rivale a sinistra di Fassino, Giorgio Airaudo, ex sindacalista Fiom, deputato di Sel e candidato sindaco per Sinistra Italiana: “La panchina di Fassino si allunga di giorno in giorno, purtroppo sempre e solo a destra”.

E così, Fassino si trova nell’antipatica situazione di ricevere bordate tremende da sinistra e carezze da destra, mentre sempre a lui spetta l’ingrato compito di smentire sdegnosamente qualsiasi illazione sul Partito della Nazione e contemporaneamente lavorare a un allargamento della coalizione tale da ricordare l’Unione di Prodi, quella che andava da Rifondazione all’Udeur di Mastella. Perché magari in cantiere non c’è un Partito della Nazione, ma è difficile negare che quella che sta prendendo corpo sia la più classica ammucchiata politica. Che mette insieme tutto e il contrario di tutto.

Dai comunisti agli ex Forza Italia: l’ammucchiata torinese

“A Torino c’è una coalizione di centrosinistra fatta dal Pd, dai Moderati, dalla sinistra e dalla società civile”, ha detto Fassino cercando di rassicurare i suoi elettori, spaventati anche dalle indiscrezioni seguite all’incontro tra il sindaco e Renzi, avvenuto alla reggia di Venaria sul finire del 2015, durante il quale si pensa che sia stata messa a punto la strategia “all inclusive” in vista di queste amministrative.

Ma chi fa parte della società civile pro-Fassino, così sbrigativamente indicata dal sindaco? Partiamo dalla lista Cantiere Civico, messa in piedi dal consigliere regionale Mario Giaccone, presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Torino. L’operazione è di quelle ambiziose e guarda direttamente a destra. Perché, secondo le malelingue, è proprio in questa lista che transiteranno Ghigo e Vietti – condotti per mano dal cuneese Enrico Costa, viceministro della Giustizia nel governo Renzi ed ex Forza Italia, oggi Ncd – e altri transfughi ex berlusconiani.

Non è tutto, in Cantiere Civico dovrebbero trovare spazio (secondo i ben informati de Lo Spiffero) alcuni alti esponenti della lobby dei farmacisti torinesi, tra i quali Clara Cairola Truffelli e Marco Cossolo. Tra gli altri presenti al debutto di Cantiere Civico si sono visti Alberto Tazzetti (ex capo degli industriali torinesi), Pietro Terna (presidente del Collegio Carlo Alberto) e il direttore generale delle Molinette Giampaolo Zanetta.

Così, mentre Cantiere Civico imbarca qualche transfugo e coinvolge il mondo dei professionisti della Torino bene, il vicepresidente del consiglio comunale Silvio Magliano (Ncd, considerato dal giornale Formiche come “l’erede politico di Giampiero Leo”, storico discepolo di Don Giussani) si starebbe occupando di trasportare nei Moderati di Portas una parte importante di Comunione e Liberazione.

Fantapolitica? Mica tanto, visto che anche un assessore comunale della minoranza Pd come Ilda Curti non sembra del tutto serena: “Un po’ mi preoccupa che altre liste possano mettersi a imbarcare chiunque”, dice a Gli Stati Generali. “Noi, come minoranza Pd, stiamo dicendo in tutte le sedi di fare attenzione, ci sembra che anche il sindaco stia lanciando dei segnali chiari e stia mettendo degli argini”.

Più che per mettere argini, sembrerebbe che Fassino stia lavorando per allungare il più possibile la coperta e non scoprire il fianco a sinistra, dove la rottura con Sel potrebbe causare qualche grattacapo di troppo.

Per questa ragione sorgerà anche una lista civica di “sinistra-sinistra”, guidata dall’assessore al Bilancio (ed ex capogruppo dei Comunisti Italiani) Gianguido Passoni. Con lui, pare certo, ci sarà l’assessore regionale Monica Cerutti, l’assessore comunale Maria Grazia Pellegrino e il presidente di circoscrizione a Mirafiori Marco Novello.

Dagli ex comunisti agli ex Forza Italia; con una spruzzata di Cl e di lobby farmaceutica. Non sarà il Partito della Nazione, ma ce n’è abbastanza da far venire qualche brivido (e non di piacere) a molti militanti storici della sinistra ancora oggi nel Partito Democratico. Ma perché si è resa necessaria un’operazione così complicata e che causerà ovvi malumori? Considerando la situazione semi-disperata in cui naviga il centrodestra, la risposta è una sola: Movimento 5 Stelle.

La paura a 5 Stelle

Se a Milano si parla poco o niente della “candidata invisibile” Patrizia Bedori, se a Roma ancora non si è capito che combinerà il M5S, a Torino le cose sono ben diverse e tutti parlano bene della 31enne Chiara Appendino, candidata sindaco pentastellata. Bocconiana, figlia di imprenditori noti e inseriti nella locale Confindustria, soprattutto un’agguerrita consigliera comunale che ha saputo conquistare il rispetto e la simpatia anche in ambienti non soliti a votare M5S. Insomma, questa volta i grillini hanno indovinato il candidato. Facendo venire qualche preoccupazione di troppo a chi forse pensava di non avere niente da temere: “Qualche rischio lo avvertiamo”, conferma Ilda Curti. “Chiara Appendino è un candidato forte, molto polemica ma ragionevole, che sta conducendo una campagna chiaramente di sinistra, come già fatto da Nogarin a Livorno”. Il che, peraltro, significa che il candidato della sinistra Airaudo se la dovrà vedere anche con i grillini.

In tutto questo, il grande assente è solo uno: il centrodestra, che prova comunque a fare la voce grossa e ostentare sicurezza con il coordinatore regionale di Forza Italia, Gilberto Pichetto: “La ricandidatura di Fassino è perfetta per la vittoria del centrodestra, i torinesi ormai lo conoscono e non ci cascheranno più”.

Chissà quanto lui stesso crede alle sue parole, vista la difficoltà estrema in cui naviga il centrodestra e viste le tante complicazioni nel trovare un candidato disposto a fare da agnello sacrificale nelle amministrative di primavera. Tanto che, pur tra i malumori, a recitare il ruolo potrebbe essere l’inossidabile e sempre abbronzato Osvaldo Napoli. 72 anni, esponente di Forza Italia della primissima ora, si è dimostrato ben contento di accettare la proposta recapitata dal Cavaliere in persona. Per il momento, l’indicazione ufficiale del centrodestra è su di lui, ma alcuni ripensamenti leghisti inducono un po’ di cautela.

Forse non vale nemmeno la pena che il centrodestra si spacchi la testa più di tanto nel tentativo di trovare il miglior candidato possibile. Perché il fuggi fuggi dai loro territori verso Fassino e la forza della candidatura del M5S fanno pensare che, per Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, questa sia una di quelle elezioni in cui si partecipa con la sola speranza di dimenticare in fretta la brutta esperienza.

I sondaggi parlano chiaro: al primo turno Piero Fassino sfiora la vittoria (la forbice va dal 46 al 49%), segue a distanza la Appendino (25-27) e poi il candidato del centrodestra (non ancora noto ai tempi della rilevazione) che dovrebbe aggiudicarsi tra il 21 e il 22% dei consensi. Il candidato di Sinistra Italiana Giorgio Airaudo sarebbe tra il 4 e il 6%.

Quelli del centrosinistra sembrano numeri imponenti, e invece non riescono proprio a far dormire sonni tranquilli a Piero Fassino; che ha bisogno di vincere subito, al primo turno, per evitare un ballottaggio con la candidata pentastellata che potrebbe trasformarsi in un incubo. Lo stesso sondaggio, infatti, prevede che al secondo turno Chiara Appendino conquisterebbe tra il 52 e il 54% dei voti, mentre Fassino si fermerebbe tra il 46 e il 48%. Un esito sorprendente che potrebbe avverarsi per l’avvicinamento al M5S di una parte degli elettori di centrodestra e anche di una parte di elettori di Sinistra Italiana.

Che il Movimento 5 Stelle possa attirare a sé mondi così lontani è tutto da vedere, ma una cosa è certa: il M5S, a Torino, fa paura. Ed è proprio questa paura che rischia di trasformare il “partito unico della Mole” in realtà.

 

(Foto di coportina di Gianfranco Goria, tratta da Flickr, licenza creative commons)

TAG: elezioni 2016, partito della nazione, Torino
CAT: Partiti e politici, Torino

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