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Enti locali

Campania infelix

di Oscar Nicodemo

Approfittando dell’assenza di un controllo di natura intellettuale, idoneo a stimolare un autentico nucleo di opposizione, anche solo ideale e non necessariamente movimentistico, la classe di turno dei politicanti abusa oltremodo della sua presunzione.

11 Novembre 2025

La Campania, il 23 e il 24 novembre 2025, voterà per eleggere presidente e Consiglio regionale. I contendenti della competizione sono Roberto Fico (Campo largo centrosinistra-M5S) ed Edmondo Cirielli (centrodestra unito). Il quadro che emerge dai sondaggi si presenta grossomodo omogeneo: Fico è davanti, ma l’entità del vantaggio risulta variabile. Credo, tuttavia, ed è ragionevolmente prevedibile, anche se mi auguro di sbagliare, che la metà dell’elettorato campano non andrà a votare, finendo per ridefinire i margini del risultato finale. La politica, dappertutto, ormai, rischia di essere comunemente intesa come qualcosa di urticante e nauseabondo. Le percentuali sintomatiche che riguardano l’astensionismo denotano l’insofferenza popolare nei riguardi di una disciplina che appare svuotata dei suoi nobili contenuti per aprirsi a impostori di successo, escludendo ogni tentativo di confutazione e qualsiasi interpretazione che rifiuti di prestarsi alle stucchevolezze della speculazione propagandistica, del giornalismo posticcio, delle chiacchiere frou-frou. Il fatto che la politica, oggi, venga praticata e analizzata, a ogni livello, da persone senza autorevolezza giustifica in qualche modo la disaffezione dell’elettorato e la conseguente assenza dalle urne. Va da sé che un simile assenteismo, prima ancora di essere considerato una minaccia per la democrazia, o una sua rappresentazione difettosa, andrebbe inquadrato nell’ottica della disistima verso una classe politica non più in grado di rappresentare interessi collettivi e avvertita come inadeguata. In pratica, il luogo comune che vuole i politici tutti uguali, e quindi inabili, si sta facendo largo nella percezione dell’elettorato, che come pronta reazione abdica al più sacrosanto dei suoi diritti. Si aggiunga che non vi è persona semplice, umile, onesta, che non pensi di avere della politica una concezione infinitamente più congeniale e utile di qualsiasi opinionista che va per la maggiore. Molte volte, il realismo e l’immediatezza di un giovane con speranze ridotte, di un disoccupato in cerca di uno spiraglio, di una donna che si divide faticosamente tra lavoro e famiglia, di un anziano senza difese, superano di gran lunga, in arguzia e pertinenza, i manierismi sconclusionati di chi divulga ordinarie scemenze in serie, che vanno a occupare impropriamente spazi d’informazione.

In Campania, più che altrove, si ha come l’impressione che l’attività delle forze antagoniste non assuma alcuna valenza politica, presa com’è ad allestire un falso teatro dove l’autenticità degli stessi protagonisti appare simulata. Certo, Max Weber ha avvertito i popoli di tutto il mondo circa gli inconvenienti contemplati dalla politica moderna, sottolineando come essa sia il monopolio legittimo dell’uso delle strategie, anche di quelle più improbabili, e diventi in ogni caso aspirazione al potere. Il suo monito, però, non implica nessuna sorta di rassegnazione al peggio! Anzi, invita alla (re)azione più razionale. Ecco perché, oggi, più che mai, conviene pescare nel fondo pulito e non contaminato dell’antichità, fino ad arrivare ad Aristotele, rilanciandone la convinzione candida e agevolissima, secondo cui la politica debba essere niente altro che l’arte di governare le società, ovvero l’abilità di organizzare e spendersi per il benessere e la felicità della collettività. Approfittando dell’assenza di un controllo di natura intellettuale, idoneo a stimolare un autentico nucleo di opposizione, anche solo ideale e non necessariamente movimentistico, la classe di turno dei politicanti abusa oltremodo della sua presunzione. La regione Campania, che vede intere aree economicamente depresse, con una popolazione psicologicamente provata, si ritrova un quadro politico generale espresso da uno schieramento partitico in cui vi è di tutto e niente: dai residui di un berlusconismo all’ultimo mozzone agli eredi diretti di un ideologismo mummificante, dai moderati di indole ingorda ai populisti rampanti in stato di esaltazione. Uno stato rovinoso e decadente che fa rimpiangere la vecchia e più colta retorica di maniera, quella demitiana, per intenderci, sostituita da un verve d’accatto, buona per le battutine dopo i pranzi a sbafo e a spese della gente, non certo per trasmettere contenuti e programmi di soluzione. Più che destra e sinistra, in Campania concorre una politica priva di connotazioni idealistiche, generando una disputa tra rozzi contendenti. Mio adorato Parmenide, faro del pensiero occidentale e di questa terra, chest’è!

"politica" campania elezioni regionali
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