Giustizia
Il Vaticano ha indagato e consegnato tutto a un magistrato
“Punto primo. Contrariamente a quanto molti sostengono, non è vero che il Vaticano se n’è lavato le mani e non ha mai indagato sulla scomparsa di Emanuela perché avvenuta in territorio italiano. Punto secondo. Preferisco tacere sulla pretesa dell’onorevole Carlo Calenda che, suggestionato dall’aver visto in tv l’incommentabile Vatican Girl prodotta da Netflix, ha chiesto ”che lo Stato italiano pretenda[1] dal Vaticano la verità sul caso di Emanuela Orlandi”. Preferisco tacere perché altrimenti andrei sul pesante. Mi limito a dire che anche lui confonde l’intrattenimento televisivo, cioè lo spettacolo, con l’informazione e le inchieste giornalistiche. Confusione grave. Molto grave. Specie per un politico. Povera Italia!”.
A sfogarsi è una mia fonte vaticana. Trascinato dallo sfogarsi mi ha permesso di ricopiare l’allegato di una relazione dei carabinieri che parla delle “confidenze[2] del fidanzato Andrea Mario Ferraris di Natalina Orlandi su un fatto accaduto cinque anni fa tra Natalina e suo zio Mario Meneguzzi”: allegato che non riuscivo a trovare e che riproduco qui più in basso. Ma andiamo per ordine.
La fonte prosegue:
“La Segreteria di Stato nel suo piccolo ha indagato, anche rivolgendosi a metà agosto, a quasi due mesi dalla scomparsa, al sacerdote José Luis Serna Alzate, che a suo tempo era stato confessore e consigliere spirituale dell’intera famiglia Orlandi prima di essere inviato nel 1985 come vescovo nella natia Colombia”.
Come è ormai ampiamente noto[3], da Bogotà l’ex confessore e consigliere spirituale degli Orlandi ha risposto:
“Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima”.
Di questa risposta il Segretario di Stato Agostino Casaroli ha informato in un colloquio avvenuto in Vaticano il magistrato Domenico Sica, al quale la procura della Repubblica aveva affidato l’inchiesta Orlandi dopo averla sottratta al sostituto procuratore Margherita Gerunda. Gerunda non credeva alla pista del rapimento, tanto meno del rapimento politico per lo scambio col turco Alì Agca, condannato all’ergastolo per avere attentato alla vita di papa Wojtyla nell’81 sparandogli in piazza S. Pietro. La magistrata voleva vederci chiaro nell’ambiente amical parentale, dato che di solito i minorenni spariscono per mano di qualche parente o amico di famiglia.
E il magistrato Domenico Sica si rivolge ai carabinieri

Dopo il colloquio in Vaticano, Sica ha chiesto ai carabinieri di informarsi. E così il capitano Mauro Obinu la mattina del 29 agosto ha un incontro con Andrea Mario Ferraris, fidanzato di Natalina Orlandi. Il contenuto del colloquio Obinu lo riassume in una relazione di servizio, il cui testo, allegato alla relazione a Sica del maggiore Ragusa, è il seguente:
“FOGLIO 1095
Oggetto: Sequestro di Emanuela Orlandi
Relazione di servizio
Nella mattinata odierna ho avuto un colloquio con il signor Andrea Ferraris, fidanzato di Natalina Orlandi, sorella maggiore di Emanuela.
Il Ferraris durante il colloquio, in cui ha fornito notizie generiche sulla vita di Emanuela, sulle sue abitudini e sulle sue amicizie, ha confidato che circa 5 anni or sono il Meneguzzi tentò di irretire la nipote Natalina facendole delle esplicite proposte per instaurare una relazione affettiva giustificando tale comportamento con il fatto che la ragazza avrebbe dovuto sdebitarsi con lui per l’assunzione alla Camera dei deputati di cui il Meneguzzi è dipendente.
La ragazza che rifiutò categoricamente tale proposta, non ne fece cenno alcuno finché il Ferraris, meravigliato di alcuni comportamenti della fidanzata in presenza dello zio (diffidenza, freddezza, etc.?) non riuscì a farsi confidare l’accaduto.
I genitori di Natalina, a detta del Ferraris non seppero mai nulla anche perché i due fidanzati preferirono rappresentare la situazione a un prelato del Vaticano con cui spesso si confidavano.
Dopo tale episodio pare che il Meneguzzi non abbia mai tentato di ripetere l’approccio con la nipote.
Si evidenzia che la proposta fatta dal Meneguzzi non fu mai preceduta, pare, da corteggiamenti di sorta e nell’occasione egli tentò di tranquillizzare la nipote affermando che la parentela non avrebbe comportato intralci alla loro relazione.
FOGLIO 1096
Il Ferraris assicura che attualmente la situazione è del tutto normale a suo avviso, per ciò che inerisce ai normali rapporti tra i componenti della famiglia.
Roma, 29 agosto 1983
Il Capitano
Mauro Obinu
FIRMA”.
Perché Sica ha evitato le rogatorie

Come è ben noto, Sica il 30 agosto interrogò Natalina che, pur minimizzando, confermò: lo zio le aveva detto di essere innamorato di lei e le aveva proposto una relazione, promettendole in tal caso di cambiarle la vita in meglio. Dopodiché, come è pure ben noto, il magistrato fece pedinare Mario Meneguzzi sia perché – dato il precedente con Natalina – sospettava che potesse avere avuto a che fare con la scomparsa di Emanuela e sia perché, essendo sempre lui che rispondeva al telefono in casa Orlandi sperando in eventuali segnalazioni utili, avrebbe potuto essere contattato dai “rapitori” intenzionati a chiedere un riscatto. Meneguzzi però si accorse di essere seguito da un’auto con due persone a bordo, ne prese la targa e la comunicò a Giulio Gangi, amico di famiglia, giovane poliziotto appena entrato nei servizi segreti civili e spasimante di Monica Meneguzzi, bellissima figlia di Mario. Gangi si informò, scoprì che quella targa era “coperta”, cioè in uso a polizia o carabinieri o servizi segreti, e lo comunicò al Meneguzzi. Mandando così all’aria la possibilità di indagini di Sica.
Il motivo per il quale Sica non ha fatto ricorso alle rogatorie e ha invece preferito la prassi, molto scorretta, dei colloqui diretti con la Segreteria di Stato del Vaticano è dovuto forse al desiderio di risparmiare tempo. O forse per evitare che restassero tracce di eventuali notizie troppo “pesanti”. Ma più probabilmente è invece dovuto al fatto che Natalina Orlandi nel parlamento italiano era nella segreteria dell’avvocato Gianluigi Marrone, contemporaneamente responsabile dell’Ufficio legale della Camera e contemporaneamente, su permesso di Nilde Iotti presidente della Camera, anche Giudice Unico del Vaticano. Le rogatorie sarebbero quindi necessariamente passate per le mani di Marrone, che probabilmente ne avrebbe riferito a Natalina le domande dei magistrati italiani e le risposte della Segreteria di Stato del Vaticano.
E così che Casaroli tutto quello che aveva lo ha comunicato e dato a Sica. Che, a quanto pare, non lo ha mai messo agli atti. Questo spiegherebbe perché il magistrato Adele Rando, che nel ’90 eredita il fascicolo Orlandi, abbia lamentato scarsa o nulla collaborazione vaticana.
Il Vaticano, come si suol dire, “aveva già dato”. A Sica.
[1] https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2022/11/03/calenda-litalia-pretenda-dal-vaticano-la-verita-su-emanuela-orlandi_ffa130d4-694a-4839-8065-9d43de0300c6.html
[2] https://www.glistatigenerali.com/politica/giustizia/mistero-orlandi-salvate-il-soldato-zio-mario/
[3] https://www.rainews.it/articoli/2023/07/emanuela-orlandi-spuntano-le-lettere-che-chiamano-in-causa-lo-zio-scomparso-583d9454-657b-408f-a276-3869641b94e5.html
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