Giustizia
Motivare un’altra giustizia
È in libreria una raccolta di scritti, discorsi e omelie di don Primo Mazzolari (1890-1959) dedicate al tema del carcere e della giustizia: OLTRE LE SBARRE IL FRATELLO, il carcere e la giustizia, EDB.
«Il carcere l’ha inventato qualcuno che non c’era mai stato»
Raf Vallone (sergente Marco Galli), in Riso amaro di Giuseppe De Santis, 1949
Il libro di don Mazzolari si può leggerlo alla luce di una domanda: è lui un profeta, un visionario o siamo noi che siamo così regrediti da poter intendere che cose scritte e dette settant’anni fa hanno un’attualità bruciante?
Don Primo è stato un comunicatore di prim’ordine per i suoi tempi. Predicatore capace di parole convincenti e trascinanti, direttore di un giornale, ADESSO, che ebbe non pochi problemi per la sua schiettezza e la sua audacia con le gerarchie vaticane.
Quelli dedicati alla giustizia sono pensieri di don Primo dettati dalla sua esperienza diretta del carcere. Arrestato più volte durante il fascismo per la sua fiera opposizione al regime, nel suo ministero pastorale non mancò di avere parole e gesti di prossimità nei confronti dei detenuti delle carceri di Cremona e Mantova, in particolare, ma anche di altre città. Fino a visitare nel carcere di Bozzolo i fascisti arrestati con la fine del regime, disposti fino a qualche settimana prima ad arrestarlo e ucciderlo. Fino a recarsi al campo anglo americano di Coltano presso Pisa per visitare e confortare i fascisti là detenuti e raccontare che quello era «un capolavoro di tanta insipienza politica e tanta inspiegabile durezza», elencando le criticità che lo rendevano invivibile.
Di questi pensieri possiamo apprezzare la lucidità spirituale cristallina fondata su una convinzione decisiva: «La gente troppo per bene si domanda se sono guaribili o inguaribili gli uomini dietro le sbarre. Sono saggi e non amano rischiare. Curabili o incurabili? Non vi sono malattie incurabili. Il medico dice: “Attualmente non è ancora stata trovata la medicina per questo morbo”. Anche l’uomo misericordioso non ammette l’incurabilità. Guarire le malattie curabili è un mestiere piacevole, ma non è un mestiere pietoso. Davanti a ciò che viene dichiarato inguaribile si dimostra la fede dell’uomo di scienza e dell’uomo di pietà…Chi non crede alla redimibilità di una creatura umana non è cristiano».
Sulla sicurezza, tanto desiderata ai nostri giorni, don Mazzolari è lapidario: «la sicurezza non è il massimo dei beni né per un uomo né per un prete».
E così argomenta per chi pensa che si possa barattare la libertà per avere sicurezza: «c’è qualcheduno, o miei cari fratelli, che crede che le ingiustizie degli uomini si possano spegnere con la forza. E andate adagio nella vostra esigenza di giustizia e di ordine, perché vi potrebbe capitare che, a un certo momento, di un mondo di uomini ne facciate un mondo di schiavi e, invece di avere degli uomini liberi, avrete un gregge, che non porta più neanche più il diritto di parola umana, perché, dove manca la libertà, manca la possibilità dell’uomo e le sue espressioni di adorazione e di rapporto filiale».
La situazione disastrosa delle carceri italiane è nota. E non c’è all’orizzonte nessuna volontà di cambiamento. Un piccolo libro come questo può motivare chi cerca di cambiare una filosofia dello stato, del potere e della società che porta all’implementazione sempre più convinta di un sistema di segregazione utile al controllo delle ingiustizie sociali, visto che non è per nulla vero che sia una risposta alla criminalità (qui).
Don Mazzolari è in grado di parlare a tutti gli uomini in cerca di una spiritualità della resistenza al virus della violenza, della vendetta, del rancore, del castigo che dilaga oggi in ogni dove. Ma che è solo in grado mimeticamente di replicare sé stesso e di rendere il mondo sempre peggiore.
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