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Governo

Gli Stati Generali, crisi e giornalismo

di Mattia Granata
29 Ottobre 2014

In un articolo recente ripreso dalla stampa italiana P. Krugman, giustamente, prosegue nel processo di estrazione dai sassi dalla scarpa, e lo fa a nome di molti che, così, vedono risarcito almeno l’amor proprio.
Di fronte alla Grandissima Crisi, non tutte le culture, le idee, le analisi hanno fallito. Non tutti gli intellettuali, e fra questi gli economisti, hanno fallito. Alcuni hanno avuto ragione ma non sono stati ascoltati. Il pensiero unico non nasce unico, viene reso unico, per esempio dagli esecutori delle politiche economiche, dai policy makers che hanno scelto quel che gli conveniva, interessava, volevano, fra le analisi e le soluzioni. E così facendo hanno peggiorato la situazione.
A un anno e mezzo dal palese fallimento (anche scientifico) delle politiche di austerità, che altri avevano già interpretato correttamente in precedenza, fenomeni alla Katainen o alla Scheauble persistono nello strologare di medicine, medici e cure non assunte dai pazienti, con ciò manifestando palesemente il loro disturbo che attiene alla scienza psichiatrica, non economica. E fin qui ci siamo.
Manca un imputato fondamentale, però, nell’individuare i motivi per cui un pensiero diventa pensiero unico, e per cui chi ha torto, di fronte all’opinione pubblica, diventa chi ha ragione.
Questo imputato sono i mezzi di comunicazione, la stampa, i giornalisti. Perchè essi per primi, forse anche prima dei politici, hanno sposato le idee che vedevano far brillare gli occhi dei potenti. Essi, davvero, citando, commentando, vellicando quelle idee e amplificandole facendole diventare luogo comune, le hanno imposte come pensiero dominante, l’unico pensiero possibile.
Essi, rendendo quelle idee simbolo – il loden del vecchio austero, le palle d’acciaio del giovane austero, il piglio germanico della “leader” austera – le hanno elevate annullando ogni possibilità di contraddittorio, anche di fronte all’evidenza dei fatti.
L’editoriale di prima pagina degli AlesinaGiavazzi, il profluvio domenicale degli Scalfari, chi li ha mai contraddetti, chi mai ha avuto la possibilità di farlo? Gli ospiti televisivi, gli opinionisti sempre quelli, chi li ha invitati? Le prime dieci pagine di annunci di riforma, veline ministeriali riproposte dai quotidiani ogni mattina per anni e mai divenute realtà, chi li ha pubblicati?
Il pensiero unico non nasce unico ma ammazzandone tutti i fratelli, diventa tale. Da anni, prima pochissimi, poi pochi, poi molti hanno messo in discussione l’andazzo. E non l’hanno fatto per ideologia, lo hanno fatto constatando lo scarto, per esempio, tra il pil atteso e il pil reale, segno inequivocabile che le “medicine” erano somministrate per un’errata diagnosi. Ma di fronte al muro eretto per prima dall’informazione ogni voce alternativa era una voce non credibile. Abbiamo fatto fatica persino a convincere i parenti, perchè lo diceva il giornale, e la verità del “giornale” era più vera della nostra.
Che tutto ciò sia avvenuto per fragilità culturale (quanti professori da sempre progressisti sbandati come ubriachi di fronte alla crisi e alla voce del potere) o per opportunismo, poco importa.
Per questo è utile che un progetto come GliStatiGenerali veda la luce. Il rischio, altrimenti, è che a fare il processo al pensiero unico degli anni passati siano sempre gli stessi, nel loro editoriale di prima pagina e nella trasmissione di prima serata. Gli stessi, con le coscienze lorde del 13% di disoccupati.

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