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Governo

I custodi giudiziari sono i nuovi aguzzini: urgente modifica dell’art. 560 c.p.c

di Biagio Riccio
23 Giugno 2018

L’aguzzino, secondo quanto insegna la ricostruzione etimologica della parola (dal catalano algozir), è colui che, incaricato del vitale compito di coordinare il movimento dei rematori (spesso persone condannate come criminali a svolgere questo lavoro), infliggeva severe punizioni a chi si sottraeva allo sforzo di vogare, con velocità e disinvoltura, anche quando il mare annunciava tempesta.
Secondo una attenta rilettura semantica, l’aguzzino è il carceriere troppo zelante, incline ai maltrattamenti, prende ovviamente il suo nome dall’oggetto aguzzo con cui pungola chi è in sua balìa.
L’aguzzino è tenuto a mantenere l’ordine anche con metodi spietati e senza guardare in faccia nessuno.
Come spesso avveniva sulle navi, i rematori venivano frustrati, percossi, non si potevano distrarre e inermi ascoltavano le grida assordanti di chi impartiva l’ordine di continuare a remare con forza per scansare le onde alte.
Chi esegue un ordine, senza che possa essere discusso da chi lo subisce inesorabilmente ed inevitabilmente, è paragonato all’aguzzino.
Aguzzini furono coloro che una grigia mattina si recarono nell’abitazione del personaggio principale del romanzo di Kafka “Il Processo” e lo arrestarono senza neppure illustrargli il capo di imputazione e nemmeno raccontargli di che colpa fosse accusato.
Aguzzini furono coloro che compirono il crimine giudiziario contro Enzo Tortora, prima le manette poi le prove.
Aguzzini erano quelli che popolavano i campi di concentramento e dovevano nella “banalità del male”, come disse Hannah Arendt, eseguire gli ordini, anche se questi consistevano di buttare nei forni crematori bimbi per farne della loro pelle un sapone da lavabo.
L’aguzzino è un mediocre, obbedisce supino, acquiescente, non ragiona e non riflette: esegue, anche quando l’ordine sa di barbarie.
Ecco la descrizione: ben si attaglia ai custodi che, più degli ufficiali giudiziari, hanno il potere annunciato con un dispaccio di una raccomandata, di recarsi nella casa degli esecutati e scaraventarli via, anche se nell’abitazione vi sono vecchi, bambini o portatori di handicap.
La norma -la scellerata riforma dell’art. 560 cpc, voluta dagli spietati creditori, le banche, e votata da deputati incartapecoriti, soprattutto del Partito Democratico erede di Gramsci e Berlinguer- consente che il custode giudiziario sia come un moderno aguzzino.
Esegue gli ordini e basta e si avvale della forza pubblica, se vi è un conato di flebile ribellione invitante alla ragionevolezza.
No, si esegue e basta: ed anche con velocità repentina.
Bisogna liberare la casa dal suo proprietario, anche se avesse ragione, anche se il suo debito fosse discutibile, di possibile riduzione.
L’aguzzino deve apparecchiare la res, la casa, perché deve essere visitata da speculatori crudeli, squali, da sciacalli, che devono fiutare l’affare ed acquistare, con somme esigue, come se fosse materiale di risulta.

Gli avvoltoi volano basso.
Roba pignorata roba dannata: cadrà su compratori senza scrupolo e agghiacciati dalla loro povertà morale e dalla coscienza piatta, avulsa da ogni valore, la vendetta di Dio, se non si dimentica dei poveri.
Questo è capitato a Bramini il 18 maggio, il giorno della vergogna e sta avvenendo nel silenzio spettrale per altre 500 mila famiglie, alla mercé di spietati creditori- spesso banche usuraie-senza che si muova un dito a loro difesa.
Si invoca una decretazione d’urgenza almeno per modificare l’art.560 cpc e consentire che la casa sia liberata dal proprietario debitore,solo quando ci sarà l’aggiudicazione.
Togliete la preda allo squalo che sente odore di sangue sempre e fermate gli aguzzini.
A tutela della povera gente.

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