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Partiti e politici

Dove vanno gli 11 milioni di votanti M5s del 2018

di Paolo Natale
26 Luglio 2022

Aveva raggiunto quasi il 33% dei voti validi, il Movimento 5 stelle, solo quattro anni fa, nelle ultime elezioni politiche del 2018. È cosa nota. Quasi 11 milioni di elettori, che avevano scelto la creatura di Grillo e Casaleggio: 10 milioni e 945mila voti, per l’esattezza. Un patrimonio raramente raggiunto da qualsiasi altra forza politica nel nostro paese in occasione di consultazioni legislative, giusto la Democrazia Cristiana nella prima repubblica e l’accoppiata PdL-Pd nel 2008, l’epoca del grande scontro tra Berlusconi e Veltroni.
Ma certo in nessun caso erano coinvolti partiti (o movimenti) appena nati, con soltanto pochi anni di storia alle loro spalle. L’ho scritto più volte: era una forza politica che racchiudeva tutte le paure, le incertezze, le alterità e il disgusto verso un mondo che pareva allontanarsi sempre di più dai reali bisogni dei cittadini, chiuso in sé stesso e incapace di riformarsi dal di dentro. E i 5 stelle parevano la speranza per un futuro nuovo, migliore, più vicino all’elettorato.
Sappiamo che non è stato così: la loro permanenza in tutti i governi di questa legislatura l’hanno di certo snaturato, gli hanno fatto perdere tutto l’appeal originario. E l’elettorato, il vecchio elettorato del 2018, così come i suoi eletti, poco alla volta se n’è andato verso altri lidi. Dal 33% sono passati al 17% delle Europee dell’anno successivo, perdendo in soli quindici mesi ben 6 milioni di consensi e oggi, se dovessero essere confermate le ultime stime di voto, che lo vedono attorno al 10%, sarebbero ridotti a poco più di 3 milioni, meno di un terzo del suo precedente elettorato.
Ma chi ha beneficiato, e chi beneficerà di questo diaspora pentastellata? La quota più consistente sarà destinata all’astensione, il 20% degli antichi votanti M5s. Coloro che allora erano usciti dal torpore partecipativo, riavvicinandosi al voto per “dare una lezione a quella infame classe politica” torneranno nella quiete casalinga, consolandosi con il campionato di calcio.
Una seconda quota, il 13% circa, è già approdata prima alla destra salviniana e oggi a quella di Giorgia Meloni, svuotando di fatto tutto il bacino potenziale che si dichiarava di destra anche all’interno dei 5 stelle. Un 13% che arriva al 20% considerando tutta la coalizione di centro-destra, comprese Lega e Forza Italia. Una terza quota significativa approderà infine nella sinistra: al Partito Democratico andrà in particolare l’8% e il resto ad altre forze politiche di quell’area.
Resiste poi un piccolo gruppo di elettori incerti, il restante 10%, che probabilmente non voterà più il Movimento 5 stelle ma ancora non sa da che parte rivolgersi, sempre che non rimanga a casa anche lui. Elettori su cui potrebbe incentrarsi la campagna di avvicinamento al voto, essendo ancora contendibili.
Certo, è comunque impressionante leggere questi numeri, domandandosi tristemente come sia stato possibile passare dalle stelle alla polvere in così pochi mesi. Una meteora senza guida.

Università degli Studi di Milano

movimento 5 stelle
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