Partiti e politici

Il ritorno dell’ombra nera: quando il nazismo rinasce nelle strade d’Europa

10 Settembre 2025

Le immagini che arrivano dal Regno Unito in queste settimane sono inquietanti. Non si tratta soltanto di episodi isolati di violenza urbana, ma di un fenomeno che richiama alla memoria i fantasmi più oscuri del Novecento. Nelle città inglesi e nell’Irlanda del Nord stanno scoppiando rivolte di estrema destra alimentate da teorie del complotto, disinformazione online e immagini manipolate dall’intelligenza artificiale. Al centro del bersaglio, ancora una volta, gli immigrati.

Il pretesto scatenante è stato il più atroce: omicidi e violenze sui minori. Alcuni casi di cronaca nera, nei quali cittadini stranieri o figli di migranti erano coinvolti come sospettati, sono stati immediatamente trasformati in munizioni ideologiche. I social media hanno fatto il resto: video manipolati, montaggi falsi, storie senza fondamento hanno innescato una spirale di odio.

A Ballymena, nell’Irlanda del Nord, le notti di fuoco hanno lasciato dietro di sé immagini che ricordano un conflitto civile. Giovani mascherati hanno incendiato un centro ricreativo che aveva ospitato famiglie migranti. Le forze di polizia hanno faticato a contenere la rabbia collettiva, alimentata da slogan razzisti e cori nazionalisti.

Non è stato un episodio isolato: la miccia si era accesa mesi fa, quando due ragazzi di 14 anni di origine romena erano stati arrestati per una grave violenza sessuale. La notizia che le accuse erano state lette in tribunale attraverso un interprete rumeno ha bastato a trasformare il processo in un simbolo. Sulle case degli immigrati hanno cominciato a comparire cartelli minacciosi: “Qui vivono abitanti locali”. Parole che evocano la Germania degli anni Trenta, quando i negozi ebrei venivano marchiati con scritte simili.

Parallelamente, nelle città inglesi si diffonde una campagna chiamata Operation Raise the Colours. Nata a Birmingham e a East London, si è poi allargata a Manchester, Bradford, Newcastle, Norwich, Worcester, Redditch, York, Teignmouth e persino all’Isola di Wight. L’obiettivo dichiarato è quello di rivestire le strade con simboli patriottici: Union Jack e Croci di San Giorgio.

Gli organizzatori parlano di orgoglio nazionale e identità culturale. Tuttavia, dietro la facciata di una festa popolare, molti osservatori vedono un chiaro progetto politico: lanciare un messaggio anti-immigrazione e anti-multiculturalismo. La dinamica è semplice e inquietante: si innalza una bandiera per dire chi appartiene e chi no, chi è dentro e chi è fuori.

Non sorprende che i social media siano diventati il centro nevralgico della campagna. Gruppi su Telegram, WhatsApp e Facebook coordinano le azioni: scale, fascette, automobili trasformate in “armi” simboliche per occupare lo spazio pubblico. Un linguaggio che richiama non solo la militanza politica, ma anche la logica paramilitare.

Il cuore della questione non è soltanto nelle piazze, ma nei meandri della rete. Video falsificati, immagini AI che mostrano immigrati colpevoli di crimini mai commessi, notizie costruite ad arte. È il vecchio metodo del ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels: ripetere una menzogna fino a farla diventare verità.

Oggi però la cassa di risonanza è infinitamente più potente. All’epoca servivano radio e cinegiornali; oggi bastano uno smartphone e un algoritmo che amplifica i contenuti più divisivi. Il risultato è un’onda di odio che si diffonde senza filtri e senza possibilità di essere fermata in tempo.

Ciò che colpisce è la normalizzazione di queste dinamiche. Nel Regno Unito, in Francia, ma anche negli Stati Uniti e in altre democrazie occidentali, lo spettro del nazismo sembra tornare sotto nuove forme. Non con divise marroni e svastiche, ma con bandiere nazionali, slogan patriottici e una narrazione che punta a spaccare la società in “noi” e “loro”.

È un paradosso storico: le stesse nazioni che hanno combattuto e sconfitto Hitler nel 1945 stanno diventando terreno fertile per un nuovo nazionalismo radicale. Non c’è bisogno di carri armati: bastano le paure quotidiane, i timori per l’immigrazione, la crisi economica e la disillusione politica.

La sinistra, che un tempo avrebbe rappresentato il fronte più deciso contro queste derive, sembra oggi paralizzata. Per paura di perdere consenso elettorale, molti leader tacciono o scelgono di non affrontare di petto l’ondata xenofoba se non di assecondarla. Lo stesso i partiti consevatori , baluardo della liberl democrazia, tacciono o peggio inseguono l’estrama destra. Ma come sempre accade, gli elettori, messi davanti ai fatti, preferiscono l’ “originale” alla copia.

Il risultato è un vuoto che l’estrema destra occupa con abilità, sfruttando la rabbia diffusa e la sfiducia nelle istituzioni.

La storia insegna che il silenzio può essere complice. Negli anni Trenta, in Germania, milioni di cittadini si convinsero che il nazismo fosse solo una fase passeggera, un eccesso destinato a esaurirsi, o peggio ancora il “Centrum” era convinto di poter controllare il Nazismo. In realtà, il consenso tacito rese possibile l’ascesa di un regime che avrebbe devastato il mondo intero.

Oggi rischiamo di ripetere lo stesso errore. Quando nelle città europee si accettano cartelli che distinguono “abitanti locali” da immigrati, quando si tollerano violenze contro i centri che ospitano migranti, quando si minimizzano campagne come Raise the Colours, si contribuisce a spianare la strada a un nuovo totalitarismo.

La domanda, dunque, non riguarda solo la politica. Dove si colloca la società civile? Dove sono le associazioni, le scuole, le comunità religiose, i sindacati? Ogni volta che un atto di odio viene ignorato, la fiamma dell’estremismo diventa più difficile da spegnere.

È necessario un impegno collettivo per contrastare la propaganda e smontare le bugie. Serve un’educazione digitale che renda le persone consapevoli dei pericoli delle fake news e delle manipolazioni online. Occorre un rinnovato coraggio politico per dire apertamente che il nazionalismo escludente non è patriottismo, ma la sua caricatura violenta.

Ottant’anni fa il nazismo fu sconfitto militarmente, ma non culturalmente. Le sue tecniche di manipolazione, i suoi slogan e la sua capacità di sfruttare la paura sono rimasti impressi nella memoria collettiva come un manuale del potere. Oggi, nell’era digitale, quel manuale viene riscritto e diffuso su scala globale.

Se le democrazie occidentali non reagiranno, il rischio è che il progetto di Hitler si compia postumo: la conquista del mondo non attraverso le armi, ma attraverso le menti. Non è fantascienza, ma cronaca quotidiana. E l’indifferenza è il terreno più fertile per questa nuova ombra nera.

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