Giuli Occhipinti festa Fatto Quotidiano

Partiti e politici

Il ministro Giuli alla prova del Fatto Quotidiano

Domenica 14, alla festa del Fatto Quotidiano si è tenuta un’iniziativa alla presenza del ministro della cultura di Fratelli d’Italia, Alessandro Giuli, unico momento di confronto con l’attuale maggioranza.

15 Settembre 2025

La festa del Fatto Quotidiano si è conclusa con l’intervento del direttore Marco Travaglio e, personalmente, mi stranisce. Come se le feste dell’Unità fossero chiuse dal direttore del quotidiano, anziché dal segretario del partito.

Golino Insolia festa Fatto Quotidiano

L’ultimo giorno della festa

Invece, la festa ha relegato il leader del partito di riferimento, Giuseppe Conte, al mattino. Alle 17, il Fatto Quotidiano ha organizzato un’iniziativa molto significativa, alla presenza del ministro della cultura di Fratelli d’Italia, Alessandro Giuli. Unico vero momento di confronto con l’attuale maggioranza.

Quando arriviamo, è in corso un dibattito sul film “L’Arte della Gioia”, alla presenza della regista Valeria Golino e l’attrice Tecla Insolia, cresciuta nella mia val di Cornia. Quando andiamo via, i giornalisti Selvaggia Lucarelli e Pino Corrias, insieme alla criminologa Roberta Bruzzone, occupano il palco. Insistono sulla riapertura del processo di Garlasco, vista come un’abile mossa della difesa di Alberto Stasi, ma basata su nessuna nuova prova. Esprimono giustamente il dubbio che tali processi mediatici finiscano solo per delegittimare la magistratura.

Travaglio Bellocchio Giuli festa Fatto

Cultura e cinema ai tempi della destra

L’intervento di Giuli è così atteso che Travaglio arriva sul palco per testimoniare di aver invitato il ministro di persona. Il ministro avrebbe risposto positivamente dopo due minuti, quindi il direttore chiede alla platea ostile di accoglierlo senza rumoreggiare. Giuli la prende con filosofia, chiedendo alla gente di contestarlo un pochino, altrimenti il suo partito lo accuserà di intellighenzia con il nemico.

All’incontro “Cultura e cinema ai tempi della destra” partecipano anche il regista Marco Bellocchio e Andrea Occhipinti, produttore cinematografico, fondatore della casa di produzione Lucky Red. La coppia di giornalisti del Fatto, Paola Zanca e Thomas Mackinson, anima il dibattito con domande sulla Palestina e l’imbarbarimento della politica. Come prevedibile, Bellocchio e Occhipinti si mostrano entusiasti della Global Sumud Flotilla, mentre Giuli è scettico, pur riconoscendo l’importanza del discorso pacifista nel dibattito pubblico.

Le parole di Giuli si fanno più interessanti quando parla dell’odio politico. Riconosce di aver militato in sezioni giovanili di estrema destra dove la violenza era ricorrente. Nelle sue parole, la destra conosce bene la violenza e creare allarmi esagerati (come ha fatto Giorgia Meloni) è meglio che fare i conti con i morti.

Ritiene che l’Italia abbia imparato molto anni di piombo e le Brigate Rosse non ritorneranno (al contrario di quanto sostiene il collega Luca Ciriani). Sobriamente, afferma che tra la classe politica c’è più dialogo di quanto la platea possa immaginare, per quanto nel teatro del dibattito pubblico i partiti debbano farsi la faccia cattiva.

Alessandro Giuli ministro festa Fatto

Finanziare l’industria

Andrea Occhipinti ammette che l’industria cinematografica spesso si trova in posizione scomoda a causa dei finanziamenti. Ad esempio, il film di Jim Jarmush “Father Mother Sister Brother”, vincitore al festival di Venezia, ha ricevuto finanziamenti israeliani, creando imbarazzi al regista. Spesso, appare complicato capire come comportarsi e si rischia di essere sommari. Ad esempio, il film di Franco Maresco “Un film fatto per Bene” è stato recentemente invitato sia al festival di Haifa che quello di San Pietroburgo. Il regista ha scelto di non andare a entrambi, malgrado potrebbero essere fucine di opposizione ai rispettivi governi.

Il dibattito tratta un tema molto pratico, il Tax credit, misura di finanziamento pubblico potenziata dal ministro PD Dario Franceschini. Come tanti altri crediti d’imposta attuati nell’ultimo decennio, il ministero eroga fondi sulla base della rendicontazione delle spese e non sulla qualità dei progetti. In questo caso, sono emersi scandali per cui sono stati finanziati film fantasma, tra cui quelli del millantatore autore degli omicidi di Villa Pamphilj.

Il ministro precedente, Gennaro Sangiuliano, ha ridimensionato il Tax Credit, ma Occhipinti ritiene che si sia creata una situazione di stallo da risolvere presto. Il produttore ammette gli abusi, ampiamente denunciati anche dall’industria cinematografica, ma abbiamo assistito anche a denunce pretestuose. Lo strumento è infatti essenziale per l’industria e ricorda che Paolo Sorrentino girò negli Stati Uniti “This Must be the Place”, scegliendo due stati americani che avevano un Tax Credit favorevole.

Marco Bellocchio regista festa Fatto

Lo stallo

Se continua lo stallo, i produttori esteri andranno dove la legge è chiara, come in Bulgaria e Ungheria, mentre investire in Italia allunga i tempi di rimborso. Chiaramente, manca personale al Ministero della cultura che non riesce a verificare la documentazione in una tempistica degna di questo nome. Questo è un problema perché il settore è vitale; l’Italia è in competizione con il mondo intero e veniamo da un periodo florido, con una piena occupazione, stimolata anche dagli investimenti delle piattaforme di streaming.

Le piattaforme sono importanti, anche se poco trasparenti. Da una parte, non conosciamo di preciso i dati di visualizzazione, ma una legge obbliga queste multinazionali a investire in Italia, dato che qui producono profitti. Donald Trump considera questa legge come una tassa. Invece, è una norma fondamentale che il governo deve mantenere.

Anche Giuli sottolinea che bisogna differenziare tra film fantasma, mai andati in sala, e flop commerciali. Inoltre, dichiara di aver rafforzato il protocollo con la Guardia di Finanza e aver avviato accertamenti seri, lodando Il Fatto Quotidiano per aver fatto le pulci al Ministero, visto che i soldi dei contribuenti sono sacri.  Ovviamente, ogni accertamento causa un rallentamento, ma il rigore su certificazione e rendicontazione deve essere implacabile per verificare l’utilizzo dei conti pubblici. Ritiene che questa sia cosa di destra.

Bellocchio Giuli Occhippinti festa Fatto

L’amichettismo

Giuli difende il suo lavoro nella semplificazione del Tax Credit, con il quale è venuto incontro alle esigenze dei produttori. Afferma che il settore è vivo e lotta insieme a noi, oltre a garantire che il centrodestra ama il cinema e che ha intenzione di eliminare la concorrenza sleale dei film fantasma.

In questo dibattito molto tecnico Bellocchio resta sullo sfondo. Si limita a incoraggiare il governo a fare presto ed esprime la propria soddisfazione per il clima sereno con cui si svolge la discussione. Bolla come sciocchezza della stampa lo stato moribondo del cinema italiano. Infine, difende l’importanza di fare film che parlano del passato, come il suo “Rapito”.

I due giornalisti chiedono a Giuli un parere sull’amichettismo e sul rapporto tra potere e cultura (altra cosa che non sembra appassionare Bellocchio). Il ministro rivendica di non essere interessato a occupare caselle, per cui se una personalità è competente, non ha intenzione di cacciarla. Al tempo stesso, ammette che la classe dirigente della destra deve essere messa alla prova. In particolare, la nuova “generazione Atreju” negli enti locali esprime ottimi assessori alla cultura. Questa deve essere la classe da testare, più che i padri nobili come Franco Cardini e Marcello Veneziani.

Bruzzone Lucarelli Corrias festa Fatto

La conclusione

Malgrado i toni pacati, insiste a criticare il passato in maniera pesante. Parla di una precedente stagnazione culturale e rivendica di aver liberato Cinecittà dall’Unione Sovietica, nel senso di ambiente decadente e in decomposizione dove giravano film sempre i soliti amici. Il governo deve quindi aprire quest’ambiente grazie al consenso popolare. Si spinge a dire che, dopo venti anni, consenso e potere si sono allineati. Come se il governo di Giorgia Meloni sia il primo dopo tanti anni a godere di consenso popolare. Affermazione avventata, che porta tanti fischi.

Malgrado qualche fischio, la presenza del ministro su un palco ostile è andata abbastanza bene, distinguendosi come occasione di confronto sereno. In generale i toni sono stata pacati e il ministro, per quanto fumoso, si è distinto per poca ipocrisia. Servirebbero più iniziative di questo genere, da una parte e dall’altra. Peccato solo che il maestro Bellocchio abbia avuto un ruolo da comprimario che non si addice alla sua carriera.

Festa Fatto Quotidiano Circo Massimo

Foto di Hua WANG

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