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Quirinale

Roma come simbolo universale di fratellanza: il Presidente Mattarella nel giorno anniversario di Porta Pia

20 Settembre 2025

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha preso parte alla celebrazione del 130° anniversario dell’inaugurazione del Tempio della Chiesa metodista di Roma, in via XX Settembre. Una presenza che non è soltanto istituzionale ma che assume, nel giorno del 20 settembre, un valore fortemente simbolico: la ricorrenza della Breccia di Porta Pia, con cui Roma fu unita all’Italia e il potere temporale dei papi si concluse, aprendo un nuovo capitolo nella storia della Chiesa e dello Stato.

La celebrazione è stata aperta dai saluti istituzionali di Alessandra Trotta, Moderatora della Tavola valdese, di Luca Anziani, Presidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia, e di Mirella Manocchio, pastora della comunità locale.

Paolo Naso, già docente di Scienza politica alla Sapienza di Roma, ha introdotto i lavori, seguiti dall’intervento di Massimo Di Gioacchino, direttore dell’Iniziativa di ricerca sulle reti religiose italiane globali e docente di storia religiosa americana alla New York University. La storica Silvia Omenetto, assegnista di ricerca presso la Sapienza, ha poi tracciato un affresco sulla nascita e lo sviluppo del Tempio metodista, intrecciando vicende religiose e civili della capitale.

L’appuntamento, carico di significati, ha dunque coniugato storia e attualità, identità e pluralismo, in una Roma che continua a essere crocevia di fedi, culture e visioni del mondo.

La presenza del Capo dello Stato – cattolico rigoroso, uomo delle istituzioni, custode della Costituzione – si colloca dentro una tradizione di rispetto reciproco tra lo Stato italiano e le confessioni religiose, a partire da quelle minoritarie che hanno spesso contribuito in modo decisivo alla crescita civile del Paese.

La scelta del 20 settembre non passa inosservata. Se per la storia politica fu la data della fine del potere temporale dei papi, per la Chiesa cattolica ha significato un’opportunità: liberarsi dall’ingombro di una sovranità territoriale e aprirsi al mondo intero come comunità spirituale, universale, non più legata ai vincoli di una monarchia politica.

Un’intuizione colta con lungimiranza da Paolo VI, il quale nel 1978, rivolgendosi al popolo romano e al nuovo Presidente della Repubblica, ricordava che Roma, pur essendo sede della Chiesa cattolica, è soprattutto città dell’unità, “non solo della gente italiana, ma erede dell’ideale tipico della civiltà in quanto tale e come centro tuttora della Chiesa Cattolica, cioè universale”.

Le parole di Montini trovano un’eco significativa nell’evento odierno. Roma è città di confini abbattuti e ponti costruiti. È città che parla al mondo di fratellanza, concordia e pace. È erede di una storia che la rende, al tempo stesso, capitale d’Italia e centro di una Chiesa che si definisce cattolica, cioè universale.

Il Tempio metodista, con la sua architettura sobria e insieme solenne, sorge proprio su via XX Settembre, la strada che ricorda la presa di Roma. È quindi luogo che custodisce in sé un paradosso fecondo: da un lato memoria di una frattura storica tra Stato e Chiesa, dall’altro spazio di incontro tra fedi e tradizioni diverse, oggi animate dallo spirito ecumenico e dal dialogo interreligioso.

Il Presidente Mattarella, con la sua discrezione e la sua fermezza, ha dato ancora una volta testimonianza di essere un Presidente “pontiere”: colui che non divide ma unisce, che riconosce le differenze e le valorizza, che fa del dialogo un metodo e della memoria una responsabilità.

Il suo gesto non è soltanto omaggio a una comunità religiosa minoritaria ma riconoscimento del contributo che le chiese evangeliche hanno offerto e continuano a offrire alla società italiana, in campo educativo, sociale e culturale. È un invito alla convivenza civile, al pluralismo democratico, alla libertà di coscienza come pilastro della Repubblica.

La storia iniziata il 20 settembre 1870 non si conclude con la breccia nelle mura di Roma. Essa prosegue ogni volta che la libertà religiosa è difesa, che il dialogo supera i muri dell’incomprensione, che la dignità di ogni persona è posta al centro.

Il cattolicesimo stesso, liberatosi dal peso del potere temporale, ha potuto riscoprire la sua vocazione universale. Paolo VI lo disse con chiarezza: “Roma parla al mondo di fratellanza, di concordia e di pace”.

Ecco perché la presenza del Capo dello Stato in una chiesa metodista, nel giorno che ricorda la fine del potere temporale dei papi, non è contraddizione ma coerenza: testimonianza di un’Italia che sa onorare le proprie radici senza rinunciare all’apertura, che custodisce la memoria senza trasformarla in muro, che celebra l’unità come valore inclusivo e mai esclusivo.

Il discorso di Paolo VI all’Angelus del 9 luglio 1978 si chiudeva con un invito a pregare: “Sì, pregare, Fratelli, per Roma, per l’Italia, per il mondo”. Un’esortazione che oggi suona ancora più attuale, mentre guerre e divisioni insanguinano interi popoli, e la tentazione di chiudersi nei particolarismi minaccia la convivenza globale.

Il 130° anniversario del Tempio metodista, alla presenza del Presidente della Repubblica, diventa allora occasione per rinnovare una vocazione: fare di Roma, dell’Italia e dell’Europa non terre di scontro ma luoghi di incontro; non spazi di contrapposizione ma laboratori di pace.

Sergio Mattarella, entrando nel Tempio metodista  nella data del  XX Settembre, ha scritto una pagina che parla al cuore della nostra Repubblica: quella laicità inclusiva che non si oppone alla religione ma la rispetta; quella memoria storica che non si esaurisce nella commemorazione ma diventa impegno per il presente; quella speranza che guarda a Roma come città dell’unità, non solo degli italiani ma dell’umanità intera.

Un gesto che, nella sua sobrietà, diventa profezia civile: Roma capitale non solo d’Italia, ma del dialogo universale.

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