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Salute mentale

psichicità: il linguaggio comune come difesa dalle ansie

di Giorgio Majorino
5 Giugno 2019

Noi non ne siamo ben consapevoli (o almeno è meglio non esserlo…)che le parole, le frasi, i discorsi che facciamo fuori di noi o dentro di noi, sono “falsi” e non nel senso che realisticamente non siano adeguati (per lo più), ma perché sono funzionali a mantenere un livello elevato di difesa psichica interna. Quando Freud indicò nella libera associazione delle parole, lo strumento per arrivare all’inconscio, diede inizio ad un cammino sdrucciolevole verso qualcosa che smontando il discorso quotidiano, si riferiva ad altri discorsi, ad altre parole, ad altri dialoghi non del tutto raccomandabili. Estese poi questa ipotesi scrivendo sugli “incidenti” del discorso,i lapsus, le dimenticanze, le battute di spirito e simili. Lacan che è poi un simpatico e bizzarro “predatore” di Freud, utilizzò questo paradigma di base per la sua cosiddetta parola “vuota”, contrapposta alla parola “piena” che risuona di echi evangelici. Ovviamente qualsiasi persona, ben munita di titolo di studio, può dire che tutto ciò è ben noto e,addirittura, si possono rilevare, come divertimento, i cosiddetti lapsus freudiani, fatti da qualcuno. Il problema nasce quando le medesime persone, continuano ad usare il proprio linguaggio abituale senza riflettere che quello che dicono non solo è ovviamente utile, ma, sia nella forma che nel contenuto, serve a dissimulare qualcosa d’altro.E non c’è neppure bisogno di lapsus e simili. Cioè i “buoni” pensieri o meglio i buoni discorsi, servono per tenere a bada i “cattivi”discorsi cioè i cattivi pensieri. Ma non c’è solo chi parla ma anche chi ascolta, entrando così nel campo minato delle relazioni interpersonali. Relazioni che ad onta delle buone aspettative socializzanti sono densi di prodromi di conflitti, prepotenze, dissimulazioni ecc…

Che ci fosse qualcosa nel linguaggio comune che non andava però è sempre stato percepito. Da qui la cura del discorso, la retorica, la letteratura, i linguaggi cosiddetti specialistici, per arrivare ai tentativi di stravolgimento del discorso tramite i cosiddetti metalinguaggi, visivi,sonori, motori, che canti, danze, performances teatrali, arti visive e acustiche e simili hanno invaso il mondo umano. In genere, la giustificazione o meglio la necessità di superare i limiti del linguaggio comune, è data dalla inadeguatezza espressiva del discorso quotidiano. Quindi i poemi,i gorgheggi, le performances corporeo-motorie, i manufatti cromaticamente ricchi . Coloro che creano tutto questo, appaiono come più liberi dai vincoli impoveriti del linguaggio comune, ma qualche volta, anzi spesso, si crogiolano nell’affermazione che tutto questo finalmente ha toccato il limite dell'”essere” o altre entità para-metafisiche o metafisiche tout court.
Noi che invece siamo stati indirizzati sulla cattiva strada da quel pantoclastico di Freud, con i paraocchi del nostro vedere medico-clinico, riteniamo che tutto questo faccia parte di una densa struttura difensiva del nostro noi stessi. Magari con l’aggiunta premiante di un poco di piacere: Eros sembra che voglia essere sempre presente.

Ma il problema, molto più importante, riguarda il fatto che “qualsiasi” discorso comune (ma anche i vari discorsi linguisticamente innovativi e i vari metalinguaggi), sono, aldilà della loro utilizzazione comunicativa, anche tentativi di mantenere un certo assetto difensivo, uno status quo che magari anche doloroso, si è solidificato nella struttura caratteriale di ognuno. Aggravato dall’ipoteca sociale della relazione con gli altri. Basta che ognuno, ben dentro di sé, si diverta a chiedersi come mai nei suoi dialoghi esterni e in quelli interni (che possono essere anche molto più auto-persecutori), assuma certe posizioni, usi certe forme retoriche, si appropri di qualche nuovo vocabolo pregiato. E potrebbe anche divertirsi ulteriormente, identificando gli apporti ideologici che la comunicazione sociale del momento gli propina quotidianamente. Ma non c’è bisogno neppure dello psicoanalista, è un lavoro “fai da te”. Senza bisogno di dirlo a nessuno. Ma c’è un limite ed è la profondità alla quale si può scendere: alla vista dei demoni che vigilano alle porte del nostro inferno privato, il nostro sistema difensivo ci riporterà immediatamente in superficie. La cosiddetta omeostasi
caratteriale basata sul mantenimento di un equilibrio, sia pure precario, interno, protegge la nostra beata(si fa per dire) vita quotidiana.

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