Sassuolo e la torta della discordia: perché dobbiamo essere tutti femministi

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10 Aprile 2021

La cosa migliore è partire dall’inizio. Nel pomeriggio di ieri, sui social appare una foto del consigliere comunale di Sassuolo, per la lista Sassuolo Futura, Barbieri che, sorridente, si fa ritrarre davanti a una torta rappresentante le ragazze con cui ha avuto dei rapporti intimi, o con cui si suppone che abbia avuto rapporti intimi. Sotto, scritto con il cacao, la domanda “chi sarà la prossima?”.

Credo che sia importante, nel mio piccolo, contribuire a denunciare questi atteggiamenti misogini, discriminatori e diffamatori. Per questo nel tardo pomeriggio di ieri, ho scritto su Twitter, nel modo più anonimo possibile, quello che pensavo sulla questione:

Stamani in un articolo su un quotidiano locale, il diretto interessato afferma che le critiche nascono dall’intenzione di screditare una sua proposta riguardante la pedonalizzazione della Piazza di Sassuolo. Quando la toppa è peggio del buco, si direbbe.

Credo che il consigliere, soprattutto in virtù della sua carica pubblica, avrebbe dovuto fare una cosa tanto semplice quanto fondamentale. Noi tutti, persone adulte, sbagliamo. Tanto nella nostra vita pubblica quanto in quella privata (a me capita spesso). Quando ci si accorge di ciò, si chiede scusa, si ammette l’errore e si cerca di migliorarsi.

Da parte mia, non c’era nessun intento di strumentalizzazione, non essendo io interessato alle dinamiche politiche sassolesi in alcun modo.

Penso, invece, che la giusta reazione di indignazione portata avanti da me e altri nasca da un netto rifiuto di questa logica: la donna come conquista sessuale da esporre, il maschio come cacciatore insaziabile.

Non solo: credo che quando la vergona non perviene, sia necessario far subentrare la colpa. Se il consigliere Barbieri non è in grado di capire la gravità del suo gesto, è necessario che le sue azioni siano giudicate.

Questa è una parte della storia. Quella, se volete, meno grave.

Perché successivamente la questione è andata diffondendosi e, dopo una grande ondata di indignazione, sono arrivate alcune prese di posizione quantomeno inappropriate. Giustificazioni strampalate, strawman argument e una buona dose di accuse di “politicamente corretto“, “cancel culture“, “attivismo da social”.

Non è mancata, ovviamente, l’accusa di conformismo. Non voglio complicare troppo una questione così banale, ma sono alquanto sicuro che queste persone non siano a conoscenza dei modelli di diffusioni delle opinioni che si basano, appunto, sull’effetto cascata e sull’omofilia.

La maggior parte dei commenti e dei tweet che cercavano, in qualche modo, di posizionarsi dalla parte opposta, minimizzando il gesto o addirittura screditando coloro che invece manifestavano la loro indignazione erano, ça va sans dire, maschi bianchi etero cisgender, incapaci di provare un briciolo di empatia per tutte quelle ragazze che, da ieri, vivono un momento di estrema fragilità

Ma ovviamente non è stato un Sausage Party. Presto anche ragazze, che dovrebbero capire la gravità di quanto successo, hanno supportato questi evidenti squilibrati, affermando che, fossero state loro a esser ritratte sulla torta, si sarebbero fatte una risata.

Permettetemi di fare qualche riflessione su quanto successo.

In primo luogo, che l’indignazione venga derubricata ad attivismo da social da chi in vita sua non ha mai fatto nulla, nemmeno nel suo piccolo, per cercare di rendere il suo mondo- la sua quotidianità, quindi- un luogo più aperto, rispettoso, eguale dimostra quanto poco valga la critica. Nessuno qui pretende di cambiare il mondo. Ma cerca, nel suo piccolo, da una parte di criticare ciò che ritiene ingiusto e discriminatorio e dall’altra di trattare con affetto e gentilezza, con apprensione ed empatia, le persone che gli stanno accanto. Di sicuro sbagliando, incappando in errori e comportamenti errati.

In secondo luogo, siamo di fronte a un tema che sarà di centrale importanza nei prossimi anni: quello della parità di genere non solo intesa come salario, ma come liberazione dalla violenza simbolica di cui parlavabourdieu . E già si manifestano, anche in Italia, i germi di culture della destra reazionaria americana, che manifesta contro la dittatura del politicamente corretto, della cancel culture.

Trovo che questa posizione sia alquanto ridicola. Quello che certe persone chiamano politicamente corretto, spesso e volentieri, è solo una forma minima di rispetto.

Queste posizioni nascono dall’incapacità di liberarsi dal privilegio conferito loro dal patriarcato eteronormativo, che genera un netto rifiuto dell’empatia come sfera intima e personale e quindi legata, esclusivamente, al genere femminile.

 

Ovviamente se questo è ben presente negli uomini, anche le donne che subiscono il fascino del patriarcato non possono che inserirsi in una narrazione del genere, di fatto ridotte a mera stampella dell’uomo.

Il femminismo, e concludo, non riguarda solo le donne. Riguarda una cosa, semplice e potente: liberare le capacità dell’essere umano nel rispetto delle sensibilità altrui. Significa uguaglianza, significa libertà dagli stereotipi e dalla discriminazione. Dopo quanto successo ieri, credo che tutti dovremmo definirci femministi.

TAG:
CAT: Questioni di genere, relazioni

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