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Relazioni

Il metacinema di Godard in “A Bout De Souffle”

di Titti Ferrante
9 Ottobre 2021

“Di vino, di poesia e di virtù: come ci pare. Ma ubriacatevi”

La nouvelle vague non si può definire. Era una sorta di contenitore dove ci stava dentro tutto e dove ciò che conta non è il messaggio, è lo sguardo”.
Queste le parole di un protagonista di quel periodo come Claude Chabrol.
“A Bout De Soufle” fu una rivoluzione in campo cinematografico: leggero, sferzante, che se sembra ispirarsi al noir americano, si allontana, però, da quel genere in quanto si perdono le ambientazioni buie, la tensione, la storia serrata, a favore di ambientazioni luminose, di una storia apparentemente leggera per niente interessata ai grandi fatti contemporanei (era il tempo della guerra in Algeria).
Il furto d’auto e l’uccisione del poliziotto sembrano essere elementi secondari della trama, mentre la macchina da presa indugia sul viaggio di Michel attraverso le campagne francesi, e lo sguardo del protagonista dritto verso la cinepresa si rivolge al suo pubblico, dicendo:
“Si vous n’aimez pas la mer, si vous n’aimez pas la montagne, si vous n’aimez pas la ville, aller vous faire foutre!”
“A Bout De Soufle” è un’ubriacatura che avvolge i sensi, il cuore, la mente. È il trionfo dell’amore nella sua totalità, l’amore che non si risparmia, scherza, ma non gioca con il sentimento, fino all’ultimo respiro.
Questo è l’amore vissuto da Michel Poicard, uno che di donne ne ha avuto parecchie, ma non si è mai lasciato irretire, un picaro che guadagna la vita non sottraendosi ad espedienti fino a quando non commetterà un omicidio che non rivela neppure alla donna che lo travolge totalmente, Patrizia Franchini.
Più che azione esterna, più che una storia che si dipana ricca di movimento, come molto cinema francese, il film progredisce con il progredire interno del sentimento che diviene sempre più profondo con tutta una serie di implicazioni psicologiche da cui si può inferire il complesso mondo interiore dei personaggi.
Patrizia è un’americana trapiantata a Parigi, si arrangia vendendo giornali sul boulevard, e nel frattempo inizia a scrivere pezzi relativi a figure letterarie di spicco. Per questo motivo, perché vuole addentrarsi nel mondo letterario, ha un flirt col suo capo anche mentre frequenta Michael.
Questi è attratto dalla sua figura apparentemente mascolina, ha un taglio di capelli corto che si aggiusta da sola, ma con tratti squisitamente femminili quali il seno che spesso lascia libero senza l’imbrigliatura del reggiseno. Probabilmente una libertà che lei cerca abbandonando l’America ancora chiusa in schemi retrogradi e che non lascia molto spazio all’emancipazione femminile, e allontanandosi dal padre che giustifica la sua presenza a Parigi col fatto che sta seguendo corsi alla Sorbonne.
Patrizia è sveglia, cerca l’amore ma non vuole rinunciare alla carriera, ascolta musica moderna, ma ama anche Bach, questo miscuglio di donna emancipata e anche un po’ retrò, evoca probabilmente la figura della madre di Michel. Di lei non sappiamo nulla, mentre del padre Michael racconta che era un famoso violoncellista.
L’erotismo che lega i due innamorati è enfatizzato da scene che si svolgono a letto, dalle labbra carnose che Michel Belmondo si tocca con le dita quando vuole salutarla. Lei incarna l’innocenza della ragazza dell’affiche di Monet e la spregiudicatezza di una donna che vuole la sua indipendenza, e non è disposta a essere succube di un sentimento.
Per ricominciare una vita nuova, senza che la polizia lo perseguiti, Michel è alla ricerca spasmodica dell’amico Antonio Berruti, un fotografo che si guadagna da vivere vendendo il pettegolezzo, che gli deve del denaro. Con i soldi racimolati vuole portare Patrizia a Roma, redimersi dal suo passato, essere accettato per quello che davvero è, privo dei fronzoli delle sue magnifiche auto e splendidi alberghi dove usa alloggiare, per poter finalmente vivere il presente dell’amore.
Quando conosce la vera identità dell’uomo che ama, Patrizia sembra, all’inizio, non spaventarsi, la sua freddezza nell’apprendere la notizia quasi sconcerta. È sicura di amarlo, ma non vuole per amore rinunciare ai suoi progetti; commette perciò un gesto estremo: avverte la polizia. Il latte che acquisterà la mattina in cui diviene una delatrice contiene il fiele della sofferenza per aver dovuto scegliere tra le ragioni della logica e del cuore.
Michel non scapperà, neppure quando, con la polizia alle calcagna, Antonio Berruti gliene offrirà l’occasione, rifiuta persino la pistola procuratagli dall’amico. Sarà coerente fino alla fine col sentimento che lo ha avvinto e, prima di spirare l’ultimo respiro, dirà a Patrizia che è stata una vigliacca.
Lei non ha creduto nella forza del suo amore. Lui se ne è ubriacato.

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