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Religione

Cercatori dell’alfabeto di Dio 1

di Gabriele Arosio
23 Luglio 2016

Ora vorrei tuttavia interrogarmi soprattutto sulla povertà del processo [di Gesù prima della morte] così come è presentato dal racconto dell’evangelista Giovanni….nel IV vangelo è una vera farsa, una caricatura.
Mi pare che Giovanni intenda probabilmente sottolineare un indice di decadenza religiosa e giuridica: Gesù viene portato davanti a chi non è autorizzato a interrogarlo nè a condannarlo e tocca a lui spiegare come andrebbe condotto il processo. Ci troviamo davvero di fronte al crollo di un’istituzione -notiamo- che avrebbe avuto il compito primario di riconoscere il Messia, verificandone le prove. Sarebbe stato questo l’atto giuridico più alto della sua storia. Invece fallisce proprio lo scopo fondamentale.
…Giovanni ci mette di fronte ad un’istituzione che ha perso l’occasione provvidenziale in vista della quale era sorta.
Si pone qui un problema gravissimo. Quello della possibilità che un’istituzione religiosa decada: si leggono ancora i testi sacri, però non sono più compresi, non hanno più forza, accecano invece di illuminare.
Molte volte ho insistito sulla necessità di giungere a superare le tradizioni religiose quando non sono più autentiche. Solo la parola di Dio, rappresentata qui da Gesù è normativa e capace di dare chiarezza.
E ho pure affermato, a proposito della necessità di imparare a convivere tra diversi – la sfida più urgente della nostra civiltà -, che non dobbiamo tanto insistere sull’ortodossia delle singole parti auspicando che ciascuno sia religioso al meglio secondo la sua tradizione.
Le tradizioni, comprese le nostre, possono conoscere infatti delle forme di decadenza. Occorre piuttosto fermentarci e vivificarci a vicenda, al di là dell’appartenenza religiosa, così che ciascuno sia aiutato a rispondere di fronte a Dio. Personalmente non sono favorevole al dialogo religioso quando considera le religioni come monoliti, realtà che devono dialogare restando immutabili. L’uomo è fatto per superare sè stesso, come diceva Pascal: “l’uomo supera infinitamente l’uomo”.
Occorre dunque lasciarci fermentare a vicenda da parole vere e autentiche.
Parole vere e autentiche, non collegate a una tradizione religiosa precisa le troviamo soprattutto nel discorso della montagna (Mt 5-7). Parole che toccano ciò che di più sensibile c’è nell’esistenza umana: la fedeltà, la lealtà, l’umanità – non sappia la destra ciò che fa la sinistra (cfr 6,3)-, il perdono, il preoccuparsi delle cose di questo mondo, non accumulare tesori, non giudicare per non essere giudicati, fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi.
Questo è un insegnamento sicuro per tutti che tocca nell’intimo il nostro cuore e ha la forza di rinnovare un ebreo, un cristiano, un musulmano, un indù, un buddista, proprio in quanto attinge le profondità dello spirito.
Dunque, rimanendo necessario un dialogo a livello delle grandi religioni, pur se spesso un po’ formale, il nostro cammino interreligioso deve consistere soprattutto nel convertirci radicalmente alle parole di Gesù e, partire da esse aiutare gli altri a compiere lo stesso percorso.

(Carlo Maria Martini, Le tenebre e la luce, PIEMME 2007 p.16-18)

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